Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 25 luglio 2016, n. 15283

La competenza della Corte d’Appello in unico grado è la regola generale prevista dall’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità dovute, nell’ambito di un procedimento espropriativo, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato; tale regola si applica, perciò, anche alla determinazione dell’indennità per la c.d. occupazione sanante

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civili

sentenza 25 luglio 2016, n. 15283

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente di Sez.
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. GRECO Antonio – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19585/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nella qualita’ di erede di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, unitamente all’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER IL LAZIO, ABRUZZO E SARDEGNA, in persona del Provveditore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELL’INTERNO DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEI SOCCORSO PUBBLICO E DELLA DIFESA CIVILE – CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO;
– intimati –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 17/06/2014 (r.g. n. 16204/2013);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/03/2016 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sig.ri (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ comproprietari di un suolo nel territorio del Comune di Roma acquisito ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giungo 2001, n. 327, articolo 42 bis dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, hanno contestato davanti al Tribunale della stessa citta’, con ricorso ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c., l’ammontare delle somme liquidata in loro favore dall’amministrazione ai sensi dei commi 1 e 3 del richiamato articolo 42 bis per la perdita della proprieta’ del bene e per il periodo di occupazione senza titolo.
L’amministrazione ha resistito in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’a.g.o. e, comunque, l’incompetenza del Tribunale sussistendo invece la competenza in unico grado della Corte d’appello.
Il Tribunale, respinta la prima eccezione, ha accolto la seconda pronunciando ordinanza dichiarativa della propria incompetenza in favore della Corte d’appello di Roma.
Gli attori hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, cui l’amministrazione intimata ha resistito con memoria.
Il ricorso e’ stato assegnato a queste Sezioni Unite a seguito di ordinanza interlocutoria della Sesta Sezione – cui il ricorso stesso era stato originariamente assegnato – la quale ha rilevato come esso ponga questioni di massima di particolare importanza sia sotto il profilo della giurisdizione, sia sotto il profilo della competenza, attesa la novita’ del richiamato articolo 42 bis, cit., che ha sostituito il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 43, dopo la declaratoria d’illegittimita’ costituzionale del medesimo con la sentenza n. 293 del 2010 della Corte costituzionale.
I ricorrenti hanno anche presentato memoria in vista dell’udienza odierna.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va premesso che questa Corte, pur essendo stata adita con regolamento di competenza, puo’ porsi d’ufficio anche la questione di giurisdizione, come osservato nell’ordinanza di rimessione.
Qualora, infatti, una sentenza di primo grado, recante l’espressa affermazione della giurisdizione dell’adito giudice ordinario e la successiva declinatoria della sua competenza, sia stata impugnata con regolamento di competenza, da qualificarsi come facoltativo, la Corte di cassazione, non essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione, giusta l’articolo 43 c.p.c., comma 3, primo periodo, puo’ rilevarne d’ufficio il difetto da parte di quel del giudice ai sensi dell’articolo 37 c.p.c., attesi i concorrenti principi di pregiudizialita’ della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza, di economia processuale, di ragionevole durata del processo e l’attribuzione costituzionalmente riservata a tale corte di tutte le predette questioni, nonche’ il rilievo che la sua statuizione sulla sola questione di competenza risulterebbe inutiliter data se l’impugnazione riguardante la questione di giurisdizione ne sancisse la carenza per quel giudice (Cass. Sez. Un. 29/2016).
2. – Conviene premettere, per maggiore chiarezza dell’esposizione, il testo dei commi 1, 3 e 4 del richiamato Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 42 bis, introdotto dal Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, articolo 34, conv., con modif., in L. 15 luglio 2011, n. 111:
“1. Valutati gli interessi in conflitto, l’autorita’ che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilita’, puo’ disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene. (…).
3. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 e’ determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilita’ e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo e’ computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entita’ del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma.
4. Il provvedimento di acquisizione, recante l’indicazione delle circostante che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio, e’ specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione; nell’atto e’ liquidato l’indennizzo di cui al comma 1 e ne e’ disposto il pagamento entro il termine di trenta giorni. L’atto e’ notificato al proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprieta’ sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del comma 1, ovvero del loro deposito effettuato ai sensi dell’articolo 20, comma 14; e’ soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’amministrazione procedente ed e’ trasmesso in copia all’ufficio istituito ai sensi dell’articolo 14, comma 2”.
Partendo, quindi, dalla questione di giurisdizione, va detto che essa e’ stata gia’ risolta da queste Sezioni Unite in favore del giudice ordinario con l’ordinanza n. 22096 del 2015.
In tale ordinanza si afferma, anche sulla scorta di condivise considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 71 del 2015 (di rigetto della questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 42 bis, cit., sostitutivo dell’articolo 43 del medesimo d.P.R., annullato invece dalla gia’ richiamata sentenza n. 293 del 2010 del giudice delle leggi) che “nella fattispecie delineata del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 42 bis, l’illecita o l’illegittima utilizzazione di un bene immobile da parte dell’amministrazione per scopi di interesse pubblico costituisce soltanto il presupposto indispensabile, unitamente alle altre specifiche condizioni previste da tale articolo, per l’adozione – si noti: nell’ambito di un apposito procedimento espropriativo, del tutto autonomo rispetto alla precedente attivita’ della stessa amministrazione (…) – del peculiare provvedimento di acquisizione ivi previsto (…), con la conseguenza che, ove detto autonomo, speciale ed eccezionale procedimento espropriativo sia stato legittimamente promosso, attuato e concluso, l'”indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale”, in quanto previsto dal legislatore per la perdita della proprieta’ del predetto bene immobile, non puo’ che conferire all’indennizzo medesimo natura non gia’ risarcitoria ma indennitaria, con l’ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di “determinazione o di corresponsione delle indennita’ in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa” sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario” ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 53, comma 2 e dell’articolo 133, lettera g), u.p., c.p.a..
Tale precedente, tuttavia, riguarda una fattispecie in cui la pretesa degli espropriati era limitata alla liquidazione del valore venale del suolo, onde in esso si parla, come si e’ visto, di “indennizzo… per la perdita della proprieta’” dell’immobile; nel caso ora in esame, invece, la domanda e’ estesa anche all’interesse del 5 % sul valore venale, da corrispondere “a titolo di risarcimento”, come recita il comma 3, u.p., dell’articolo 42 bis. Sorge percio’ il dubbio se l’espressa indicazione di detto titolo nel testo della norma valga ad attribuire al corrispondente diritto dell’espropriato natura non piu’ indennitaria, bensi’ propriamente risarcitoria, con conseguente ribaltamento delle precedenti conclusioni in punto di giurisdizione e attribuzione, quindi, della relativa controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 133, lettera g), c.p.a., non operando piu’ la salvezza prevista per le “indennita’” dall’ultima parte di tale disposizione e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 53, comma 2.
Il dubbio va risolto in senso negativo.
Dalla lettura coordinata dei commi 1, 3 e 4 dell’articolo 42 bis, sopra trascritti, emerge infatti che l’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale dell’immobile, menzionato al comma 3, non e’ che una voce del complessivo “indennizzo per il pregiudizio patrimoniale” previsto dal comma 1 e da liquidarsi, appunto, ai sensi del comma 3; indennizzo il diritto al quale (nella sua integralita’, comprensiva delle voci valore venale, pregiudizio non patrimoniale e interesse del cinque per cento annuo per il periodo di occupazione) sorge solo a seguito dell’adozione del provvedimento di espropriazione c.d. sanante, che deve peraltro contenerne la liquidazione, e il versamento del quale all’espropriato condiziona sospensivamente lo stesso prodursi dell’effetto ablativo.
Deve quindi concludersi che l’uso dell’espressione “a titolo risarcitorio” nel comma 3 dell’articolo 42 bis, riferita all’interesse, sia una mera imprecisione lessicale, che non altera la natura della corrispondente voce dell’indennizzo, il quale essendo unitario non puo’ che avere natura unitaria.
Tale interpretazione, peraltro, e’ imposta anche dai principi di concentrazione ed effettivita’ della tutela giurisdizionale, coerenti con gli articoli 24 e 111 Cost., con cui mal si concilierebbe l’onere dell’espropriato di richiedere davanti al giudice ordinario l’indennizzo per la perdita della proprieta’ e davanti al giudice amministrativo il “risarcimento” per l’occupazione dell’immobile, la quale costituisce peraltro non un mera eventualita’, bensi’ un indefettibile presupposto della fattispecie espropriativa in questione.
3. – Dalla corretta individuazione della natura del diritto dell’espropriato occorre muovere anche in vista della soluzione della questione di competenza.
Una volta qualificato l’indennizzo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 42 bis, come “indennita’ in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”, ai sensi dell’articolo 133, lettera g), u.p., c.p.a., si pone la questione se sia applicabile il disposto di cui al Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, articolo 29, commi 1 e 2, per il quale sulle “controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 54… e’ competente la corte d’appello nel cui distretto si trova il bene espropriato”, ovvero se la relativa domanda sia soggetta alla disciplina ordinaria, che prevede la competenza del tribunale e il doppio grado di giurisdizione di merito: infatti nessuna norma espressa collega l’indennizzo di cui all’articolo 42 bis al giudizio di opposizione alla stima di cui all’articolo 54 (che ha riferimento all’ordinario procedimento espropriativo), oggetto di richiamo testuale nel Decreto Legislativo n. 150 del 2011, menzionato articolo 29.
Evidenti esigenze di coerenza del sistema depongono per la prima soluzione, alla quale tuttavia i ricorrenti oppongono il carattere eccezionale della previsione della competenza in unico grado della corte d’appello, che deroga alla regola generale della competenza del tribunale e del doppio grado di giurisdizione di merito e osterebbe, quindi, all’interpretazione analogica o estensiva della disposizione normativa, considerata anche la peculiarita’ dell’istituto della c.d. acquisizione sanante, di cui all’articolo 42 bis, che postula la mancanza di un legittimo ordinario procedimento espropriativo, alla quale e’ intesa appunto a porre rimedio.
Sennonche’, nello specifico settore delle espropriazioni per pubblica utilita’, e segnatamente della determinazione delle indennita’ in favore dell’espropriato, la legge espressamente prevede altre ipotesi di competenza in unico grado della corte d’appello, oltre a quella della opposizione alla stima ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 54. Si tratta della determinazione dell’indennita’ per la reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi, di cui all’articolo 39 Decreto del Presidente della Repubblica cit., e dell’indennita’ di occupazione, di cui all’articolo 50 del medesimo decreto.
Da tali espresse previsioni, che coprono l’intera gamma delle indennita’ collegate a provvedimenti espropriativi note all’epoca in cui sono entrate in vigore, e’ lecito trarre la conclusione – analoga a quella gia’ tratta dalla giurisprudenza di questa Corte nell’assetto normativo precedente al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 7191/1997) – che quella della competenza della corte d’appello in unico grado e’ in realta’ la regola generale prevista dall’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennita’ dovute, nell’ambito di un procedimento espropriativo, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato. L’applicazione della medesima regola anche alla determinazione dell’indennita’ per la c.d. occupazione sanante, di cui all’articolo 42 bis, cit., consegue, dunque, alla interpretazione estensiva del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 29, il quale non avrebbe potuto fare espresso riferimento a un istituto introdotto nell’ordinamento solo in epoca successiva.
Ne’ infine rileva in senso contrario la caratteristica della c.d. espropriazione sanante, sottolineata dai ricorrenti, di rimedio alla mancanza di un valido provvedimento di esproprio. Tale particolarita’, infatti, nulla toglie alla natura certamente espropriativa del relativo provvedimento e alla natura certamente indennitaria del diritto dell’espropriato.
4. – Il ricorso va pertanto rigettato e va dichiarata la competenza della Corte d’appello di Roma.
La novita’ della questione di competenza esaminata giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente regolamento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, dichiara la competenza della Corte d’appello di Roma e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *