Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 23 ottobre 2017, n. 24963. Per quanto riguarda il trattamento da riconoscere a coloro che sono stati assunti dalle Universita’ come lettori di lingua straniera

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b) cio’ in armonia con quanto stabilito della Corte costituzionale nelle ordinanze n. 38 del 2012 e n. 99 del 2013, nelle quali nel dichiarare la manifesta inammissibilita’ della questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 26, comma 3, ultimo periodo, cit., i Giudici delle leggi hanno rilevato come fosse essenziale che i remittenti chiarissero quale fosse il rapporto sussistente tra l’eventuale estinzione del giudizio e le pretese sostanziali vantate dai ricorrenti, aspetto considerato “tanto piu’ rilevante” per il fatto che nei giudizi di costituzionalita’ la difesa dello Stato aveva affermato che la disciplina sostanziale dettata dall’articolo 26, comma 3, “ha dato corretta esecuzione alle pronunce della Corte di giustizia in subiecta materia riconoscendo in modo pieno ed incondizionato agli ex lettori di lingua straniera le pretese da essi vantate” e ha, quindi, “disposto l’estinzione dei giudizi in corso solo a seguito, e in ragione, del pieno riconoscimento a favore degli ex lettori di madrelingua straniera del bene della vita al quale i medesimi aspirano con la proposizione del contenzioso”.
19, Del resto, come si e’ detto, proprio nella sentenza del 26 giugno 2001 della Corte di giustizia si afferma espressamente (punto 28) – in replica alle osservazioni del nostro Governo sulle differenze tra il regime previsto, rispettivamente, dalla L. n. 230 del 1960 e dalla L. 21 giugno 1995, n. 236 – “che e’ necessario considerare il contenuto e le finalita’ di questi due regimi giuridici piuttosto che i loro aspetti formali e le loro modalita’. Soltanto un’analisi focalizzata sul contenuto e non sull’aspetto formale di tali regimi giuridici consentira’ di stabilire se la loro applicazione effettiva a diverse categorie di lavoratori, che si trovano in situazioni giuridiche analoghe, porti a situazioni compatibili o, al contrario, incompatibili con il divieto fondamentale di discriminazione fondata sulla cittadinanza”.
20. Dalle anzidette considerazioni si desume l’erroneita’ della lettura soggettivamente restrittiva del Decreto Legge n. 2 cit., articolo 1, comma 1, operata dalla Corte d’appello e quindi anche dell’affermazione secondo cui la domanda azionata risulterebbe priva di titolo.
Tale affermazione, infatti, comporta che – in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia, della Corte costituzionale e di questa Corte – sia dato esclusivo rilievo alla mancata stipulazione di contratti di collaboratore esperto linguistico piuttosto che alle sentenze divenute cosa giudicata.
E, quanto al caso di specie, risulta effettuata senza considerare che: a) l’Universita’. di Catania, nel corso del giudizio, ha dato spontanea e ampia esecuzione alla sentenza n. 873/2006 del Tribunale di Catania passata in giudicato; b) la suddetta mancata stipulazione dagli atti processuali non risulta ascrivibile alla volonta’ dei lettori, sicche’ deve essere ascritta alla volonta’ dell’Universita’ di non avvalersi della relativa “facolta’” cosi configurata dalla Corte territoriale e quindi dare prevalenza a tale elemento, anche da questo punto di vista, risulta palesemente irragionevole (arg. ex Corte cost. sentenze n. 209 e n. 483 del 1995; n. n. 327 del 1999; n. 35 del 2004).
21. Peraltro, cio’ che si oppone allo stato della legislazione – non essendo ancora stato definitivamente approvato dai due rami del Parlamento l’articolo 11 Legge europea 2017, che contiene una disciplina volta a chiudere la procedura EU Pilot 2079/11/EMPL e quindi a superare il cospicuo contenzioso in atto e a prevenire l’instaurazione di nuovo contenzioso nei confronti delle Universita’ statali italiane da parte degli ex lettori di lingua straniera, gia’ destinatari di contratti stipulati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, articolo 28 stanziando un apposito fondo in favore delle Universita’ – al totale accoglimento delle censure e’ che tale accoglimento presuppone il superamento del giudicato in assenza di una specifica normativa che lo consenta, quale e’ quella in itinere (vedi, sul punto: Cass. 20 ottobre 2015, n. 21234; Cass. 16 settembre 2011, n. 18923; Cass. 28 settembre 2016, n. 19190).
Del resto, non va dimenticato che anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE si desume che, l’accertamento della responsabilita’ dello Stato membro per mancato rispetto del diritto UE e’ inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione e per esso comporta un risarcimento, ma non impone la revisione delle decisioni giurisdizionale passate in giudicato che abbiano interpretato la normativa nazionale in senso non conforme al diritto dell’Unione, anche nell’ipotesi in cui proprio tali sentenze siano la causa dell’accertata violazione del diritto UE (vedi, per tutte: sentenza 9 settembre 2015, C-160/14, punti 54 e ss. e sentenza Kiibler, C 224/01, punto 39).
In sintesi, nel nostro ordinamento, il principio dell’autorita’ della cosa giudicata – finalizzato a tutelare il principio della certezza dei rapporti giuridici – (nella specie riguardante rapporti di durata) impedisce, allo stato, di determinare il trattamento retributivo dei lettori nel senso richiesto.
Infatti, in base a tale disciplina, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorita’ del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle gia’ risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, trovando tale regime trova un limite – unico nella sopravvenienza di un elemento di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (vedi, per tutte: Cass. 20 ottobre 2015, n. 21234; Cass. n. 16959/03; conformi Cass. n. 19426/03; Cass. n. 15931/04; Cass. n. 21012/07).
22. Come si e’ detto, nella parte finale del quarto motivo, i ricorrenti propongono, in subordine rispetto al mancato accoglimento delle censure relative all’interpretazione della normativa citata, di sollevare questione pregiudiziale alla CGUE in merito alla compatibilita’ con l’articolo 45 TFUE e con la sentenza CGUE del 26 giugno 2001, in causa C-212/99 del Decreto Legge n. 2 del 2004, articolo 1 conv. dalla L. n. 63 del 2004 e della L. n. 240 del 2010, articolo 26, comma 3, come interpretati dalla Corte territoriale.
23. Tale richiesta non va accolta.

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