Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 23 ottobre 2017, n. 24963. Per quanto riguarda il trattamento da riconoscere a coloro che sono stati assunti dalle Universita’ come lettori di lingua straniera

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9. In questa situazione, non solo non e’ configurabile alcuna omessa pronuncia in merito alla proposta eccezione di inammissibilita’ per genericita’ dell’appello dell’Universita’ (per quanto si e’ detto sopra), ma neppure puo’ ipotizzarsi una violazione e falsa applicazione dell’articolo 434 c.p.c., per avere la Corte d’appello, omettendo di esaminare la non necessaria eccezione dei lettori sul punto, non rilevato che l’atto di appello dell’Universita’ non rispettava le prescrizioni di cui al nuovo testo dell’articolo 434 c.p.c..
Tanto piu’ che, dal punto di vista della formulazione della censura, va ribadito che l’eventuale mancato rispetto dell’articolo 434 c.p.c. configura un vizio ricompreso nella previsione dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, non sotto il profilo della omessa pronuncia dell’eccezione della parte, per le suindicate ragioni, quanto piuttosto sotto il profilo della corretta applicazione delle norme da cui e’ disciplinato il processo che ha condotto alla decisione dei giudici di merito.
10. Ne consegue l’inammissibilita’ dei primi due motivi di ricorso.
11. Il terzo e il quarto motivo di ricorso devono essere, invece, accolti, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.
12. Con entrambi i motivi si censura il rigetto della domanda “residua” dei lettori (descritta al precedente punto 8) cui la Corte territoriale e’ pervenuta sulla premessa dell’illogicita’ del percorso argomentativo del primo giudice per avere questi da un lato ritenuto superato il precedente giudicato intervenuto tra i ricorrenti e l’Universita’ (costituito dalla citata sentenza n. 873 del 2006) per effetto del Decreto Legge n. 2 del 2004 cit., articolo 1, comma 1, e, nel contempo, escluso l’applicabilita’ della L. n. 240 del 2010, articolo 26, comma 3, che di tale articolo 1 ha fornito l’interpretazione autentica, disponendo altresi’ l’estinzione dei giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della suddetta legge (29 gennaio 2011).
13. Deve essere, in primo luogo, rammentato che questa Corte, facendo leva sulla efficacia erga omnes delle sentenze della Corte di giustizia UE – ripetutamente affermata anche dalla Corte Costituzionale (vedi, per tutte: le sentenze n. 168 del 1991, n. 389 del 1989 e n. 113 del 1985) – ha escluso che l’applicabilita’ del citato Decreto Legge n. 2 del 2004, articolo 1, comma 1, potesse essere circoscritta ai soli lettori assunti dalle Universita’ nei cui confronti e’ stata emessa la sentenza di condanna C-212/99 del 26 giugno 2001, cui fa espresso riferimento il testo normativo (si rinvia a Cass. 26 marzo 2008 n. 7864 ed alla giurisprudenza ivi richiamata).
Sicche’ non vi sono dubbi sulla riferibilita’ della disciplina anche all’Universita’ degli Studi di Catania, la quale del resto con la sua condotta processuale non ha contestato tale principio.
14. Neppure e’ in contestazione l’impegno orario effettivamente assolto dai ricorrenti, tenendo conto che l’impegno a tempo pieno corrisponde a 500 ore, visto che con sentenze del Pretore di Catania divenute cosa giudicata i loro rapporti sono stati qualificati come rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
15. Con tali sentenze e’ stato anche attribuito ai ricorrenti il diritto al trattamento retributivo pari all’85% di quello corrisposto al ricercatore universitario a tempo definito e con la successiva sentenza – anch’essa definitiva – del Tribunale di Catania, sulla base del suddetto trattamento retributivo, e’ stato riconosciuto altresi’ il diritto a percepire le classi e gli scatti biennali di anzianita’ maturata dalla prima assunzione fino al 31 dicembre 2002.
E va sottolineato che, nel corso del giudizio di primo grado, l’Universita’ di Catania, nel dare esecuzione alla sentenza definitiva n. 873/2006 cit., ha corrisposto ai ricorrenti tutte le differenze retributive dovute in base al giudicato, anche oltre il periodo di tempo (e precisamente fino al 31 dicembre 2002) coperto dal giudicato stesso e, a regime, ha pure attribuito loro il trattamento retributivo pari all’85% di quello corrisposto al ricercatore universitario a tempo definito, adeguato nel tempo Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, ex articolo 38.
16. La Corte territoriale ha respinto la domanda volta ad ottenere il residuo 15 % del suddetto trattamento retributivo, con il relativo adeguamento nel tempo, sostenendo che l’interpretazione logica della normativa e’ quella secondo cui Decreto Legge n. 2 del 2004, articolo 1, comma 1, come autenticamente interpretato dal citato articolo 26, comma 3, e’ applicabile soltanto ai collaboratori esperti linguistici di cui al Decreto Legge n. 120 del 1995, articolo 4 convertito dalla L. n. 236 del 1995, gia’ assunti quali lettori di madre lingua straniera in base al Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, articolo 28.
Di conseguenza la Corte d’appello e’ pervenuta alla conclusione secondo cui la domanda azionata, risultando priva di titolo, dovesse essere respinta perche’ diretta ad ottenere un trattamento retributivo maggiore di quello in godimento, facendo riferimento allo jus superveniens di cui al Decreto Legge n. 2 del 2004, che non e’ applicabile nei confronti dei ricorrenti.
Infatti, nessuno dei ricorrenti ha mai stipulato un nuovo contratto a tempo indeterminato quale “collaboratore esperto linguistico” ai sensi del menzionato Decreto Legge n. 120 del 1995, avendo tutti continuato a prestare servizio nell’Universita’ di Catania sulla base degli originari rapporti, quali lettori di madre lingua straniera, riqualificati come rapporti (di docenza) a tempo indeterminato dalle precedenti sentenze di merito passate in giudicato.

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