Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 15 dicembre 2017, n. 30221. La condotta della Pubblica Amministrazione relativa all’istruttoria di un procedimento sulla domanda di erogazione di aiuti finanziari – nel caso relativi alla prov. Trento – integra una condotta tipica amministrativa e pertanto la domanda di risarcimento del danno è attribuita alla cognizione del giudice amministrativo

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che:
la assai complessa – se non prolissa ed involuta, comunque di dubbia conformita’ ai canoni di chiarezza e sinteticita’ degli atti processuali di cui a Cass. 21297/16 – esposizione di una congerie di fatti relativi alle trattative intraprese dagli odierni ricorrenti per conseguire le provvidenze previste dalla L.P. Trento 13 dicembre 1999, n. 6, articolo 6 (recante “Interventi della Provincia per il sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialita’ locale, femminile e giovanile. Aiuti per i servizi alle imprese, alle reti d’impresa, all’innovazione e all’internazionalizzazione. Modificazioni della legge sulla programmazione provinciale”), puo’ riassumersi nella prospettazione di un iter della relativa pratica impostato come deliberatamente ostruzionistico e tale da recare pregiudizio all’impresa richiedente;
giova, ai fini della decisione, la previa considerazione del tenore testuale di tale norma: a mente della quale “l’adeguata patrimonializzazione delle piccole e medie imprese e’ perseguita mediante la concessione di contributi in conto capitale finalizzati all’abbattimento del costo dei finanziamenti assunti dall’impresa a fronte di processi di incremento dei mezzi propri…”;
si tratta, con ogni evidenza, di benefici latamente discrezionali, visto che la normativa provinciale istitutiva non ne ha fissato o previsto alcun presupposto cogente, sicche’ quelli sono collegati in modo indissolubile alla discrezionalita’ dell’ente pubblico e, quindi, evidentemente all’esito di una valutazione complessiva della meritevolezza dell’imprenditrice richiedente, in nome di elementari esigenze di buon andamento dell’attivita’ amministrativa e di quella di evitare lo sperpero o la rovinosa gestione del pubblico Erario;
ora, poiche’ la richiedente era afflitta – come pare ricavarsi dal non sintetico atto introduttivo – da una serissima e complessa situazione di crisi aziendale, come prospettata alla spa (OMISSIS) quale organo operativo della Provincia, caratterizzata dalla sospensione dell’attivita’ di impresa per carenza di risorse finanziarie e sfavorevoli condizioni di mercato, la sua domanda andava obiettivamente valutata con adeguata oculatezza in vista del richiesto impegno di ingenti risorse pubbliche, per il rischio che l’invocata fideiussione – per il non esiguo importo di circa Euro 3 milioni – potesse rivelarsi una perdita certa in caso di concretizzazione delle aspettative negative per l’imprenditrice richiedente;
il principio, richiamato dagli stessi ricorrenti, di cui a Cass. Sez. U. 02/07/2015, n. 13568, per cui “alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si pongano in rapporto di causalita’ diretta con l’illegittimo esercizio del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della p.a. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere”, va correttamente inteso, visto che si e’ pure ribadito come (tra le piu’ recenti, Cass. Sez. U. ord. 16/12/2016, n. 25978, gia’ richiamata dal P.G. nella sua requisitoria scritta) il danno provocato dalla mancata o illegittima adozione di provvedimenti amministrativi discrezionali rientri nell’ambito della giurisdizione amministrativa;
il medesimo principio e’ pertanto risolutivo, si’, ma in senso opposto a quello ipotizzato dai ricorrenti e sol che sia attentamente applicato alla fattispecie: nella quale la condotta – da parte degli organi della convenuta P.A. – nell’istruttoria di una delicata pratica di erogazione di aiuti finanziari, latamente discrezionali, non e’ affatto una congerie o sequenza di singoli comportamenti – tra loro scollegati o scoordinati – dei funzionari investiti del potere e rispetto ai quali vi sia un diritto alla tutela del proprio patrimonio in capo al privato che ha avanzato l’istanza, ma appunto una condotta tipica amministrativa di istruttoria, articolata sull’impostazione di contatti ed interlocuzioni con la richiedente a loro volta finalizzati, anche con provvedimenti formali quali una delibera di Giunta (il c.d. conchiuso), a conseguire le condizioni migliori per ritenere, se non vantaggioso, quanto meno non destinato ad una prognosi sicuramente sfavorevole od infausta l’impegno, per cifra rilevante, delle risorse pubbliche;
pertanto, la posizione soggettiva di cui i ricorrenti pretendono la tutela non e’, nemmeno in astratto, qualificabile in termini di diritto soggettivo all’integrita’ del proprio patrimonio, ma, semmai, di interesse legittimo in relazione alle modalita’ di conduzione della trattativa volta all’erogazione di elargizioni tutt’altro che dovute o vincolate, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, visto che l’articolo 7, comma 4 cod. proc. amm., attribuisce appunto alla giurisdizione generale di legittimita’ di detto giudice le controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma;
diversamente opinando, si prospetterebbe comunque un diritto soggettivo perfetto alla conformazione della discrezionalita’ della Pubblica Amministrazione alle attese del titolare di un mero interesse legittimo pretensivo alla corretta valutazione dei presupposti per l’erogazione della prestazione in suo favore: ma e’ intuitivo come l’esercizio della discrezionalita’ amministrativa non possa giammai fondare un diritto di tal fatto, se non a prezzo dello stravolgimento dei principi generali del diritto amministrativo medesimo;
va allora applicato alla fattispecie il seguente principio di diritto: “una complessiva condotta della Pubblica Amministrazione, di gestione dell’istruttoria di un procedimento sulla domanda di erogazione di aiuti finanziari latamente discrezionali (quali quelli previsti dalla L.P. Trento 13 dicembre 1999, n. 6, articolo 6 che non fissa presupposti cogenti e pertanto implicitamente li collega alle valutazioni di opportunita’ e convenienza da parte dell’Ente all’esito della valutazione della meritevolezza dell’imprenditrice richiedente ed al fine di garantire un’adeguata oculatezza in vista dell’impegno di ingenti risorse pubbliche, per scongiurare il rischio che l’invocata agevolazione si riveli una perdita certa per l’erario pubblico a seguito della concretizzazione delle aspettative negative per l’imprenditrice richiedente) non si risolve in una congerie o sequenza di singoli comportamenti dei funzionari investiti del relativo potere, ma integra appunto una condotta tipica amministrativa (di impostazione di contatti ed interlocuzioni con la richiedente volti, anche con provvedimenti formali quali una delibera di Giunta, a conseguire le condizioni migliori affinche’ l’impegno, per cifra rilevante, delle risorse pubbliche possa valutarsi, se non vantaggioso, quanto meno non destinato ad una prognosi sicuramente sfavorevole); pertanto, e’ attribuita alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – la domanda di risarcimento del danno prospettato come derivante da quella condotta, siccome in rapporto di causalita’ diretta con l’illegittimo esercizio del potere pubblico”;
tanto impone la declaratoria, in dispositivo, della giurisdizione del giudice amministrativo; ed a tanto consegue la condanna alle spese nei confronti dei ricorrenti – cioe’ della societa’ e del suo legale rappresentante in proprio, avendo quest’ultimo dichiarato di agire anche in tale qualita’ – e tra loro in solido per l’evidente comunanza di posizione processuale, in relazione al valore della causa quale determinato dall’ingentissimo importo da quelli richiesto a titolo di risarcimento del danno.
P.Q.M.
dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle spese, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

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