Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 6847 del 7 maggio 2012

 

Svolgimento del processo
E’ stata depositata la seguente relazione:
1. – Con sentenza depositata il 17-4-2010 la Corte di Appello di Lecce, a modifica della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda per il pagamento di competenze professionali proposta dall’avv. R.E. nei confronti della Ditta Autosalierno di Salierno Giovanni e Pietro s.n.c. per l’attività di difesa svolta in un giudizio davanti al Giudice di pace di Ceglie Messapica.
La Corte di appello ha ritenuto che l’avv. R. aveva svolto nel predetto giudizio attività di codifensore insieme all’avvocato Loragno e non di semplice procuratore domiciliatario, come affermato dal giudice di primo grado, sul rilievo che con la procura a margine dell’atto di citazione era stata conferita la rappresentanza processuale ad entrambe gli avvocati e che l’avv. R. aveva partecipato direttamente a numerose udienze ed aveva sottoscritto, insieme all’avv. Loragno, la comparsa conclusionale e l’atto di precetto conseguente alla sentenza di condanna.
2. – Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione S.P. e S.G., quali liquidatori della Ditta Autosalierno di Salierno Giovanni e Pietro s.n.c., con un unico articolato motivo.
Resiste con controricorso l’avv. R.E..
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c.) e rigettato per manifesta infondatezza alla stregua delle seguenti considerazioni.

3. Con l’unico motivo viene denunziata nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 228 c.p.c., in relazione all’art. 2730 c.c., dell’art. 277 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. – omessa e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia e violazione dell’art.3 del Codice Deontologico Forense ed erronea applicazione del D.M. n. 540 del 1994, n. 5858, art. 7.
Sostengono i ricorrenti che la procura da essi sottoscritta a margine della citazione era stata solo apparentemente estesa anche all’avv. R. per un errore involontario della segretaria di studio e che l’avvocato R. non aveva mai redatto scritti difensivi; che i giudici di appello avevano dato rilievo a soli aspetti formali, senza tener conto del valore confessorio della citazione in primo grado,da cui risultava la modestissima attività svolta dall’avv. R.;
che la Corte di appello aveva erroneamente disatteso le risultanze della prova testimoniale,da cui si evinceva la prevalente attività difensiva svolta dall’avv. Loragno e veniva confermato che l’attività svolta dall’avv. R. era solo quella di procuratore domiciliatario; che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto assorbita dall’accoglimento della domanda le violazioni al codice deontologico compiute dall’avv. R. e che aveva dato ingresso a domande nuove relative all’applicazione di alcuni criteri della tariffa forense per la liquidazione delle competenze professionali.
4. Con il lungo ed articolato motivo i ricorrenti solo apparentemente denunziano violazione di legge, mentre in sostanza richiedono a questa Corte una valutazione del materiale probatorio diversa da quella motivatamente fatta propria dai giudici di appello al fine di ricondurre l’attività svolta dall’avvocato R. in loro favore ad attività di solo procuratore domiciliatario e non di difensore,con la corrispondente riduzione della competente professionali.
Il controllo di legittimità non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso favorevole quello preteso dalla parte, perchè la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
5.La Corte di appello ha ritenuto che l’attività svolta dall’avvocato R. in favore dei ricorrenti fosse attività di rappresentanza e difesa processuale, sul rilievo che la procura le era stata conferita unitamente all’avvocato Loragno, che ella aveva partecipato a numerose udienze e sottoscritto la comparsa conclusionale e l’atto di precetto.

Ha inoltre affermato che,se anche fosse stato dimostrato che l’avvocato Loragno aveva redatto gli atti processuali sottoscritti da entrambi, la sottoscrizione presuppone un’attività di controllo da parte dell’altro difensore e la prestazione professionale del difensore non si sostanzia solo nel compimento delle singole attività di evidenza processuale, ma anche e soprattutto nell’assunzione della responsabilità che tali attività, ed in generale dalla linea difensiva adottata nel processo deriva al difensore in termini di responsabilità professionale.
6. La motivazione è immune da vizi logici e giuridici e inquadra correttamente l’attività svolta dall’avvocato R. quale attività di difesa in base al contenuto della procura a margine della citazione,che i ricorrenti apoditticamente assumono frutto di in errore della segretaria di studio, alla partecipazione della stessa a numerose udienze, alla sottoscrizione della comparsa conclusionale e dell’atto di precetto.
7. Giustamente la Corte di appello ha ritenuto che l’accoglimento della domanda di pagamento dell’attività professionale era assorbente di ogni rilievo circa la responsabilità, anche dal punto di vista deontologico, della professionista.
Non può considerarsi domanda nuova la richiesta dell’avvocato R. dell’applicazione della tariffe professionali per la liquidazione delle sue competenze i, in quanto non vi è alcuna modifica della domanda che rimane quella di pagamento delle competenze professionali per l’attività di difesa.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti. Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Motivi della decisione
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Il ricorso deve essere rigettato essendo manifestamente infondato.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese processuali ed accessori come per legge.

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