serratura

Suprema Corte di Cassazione 

sezione VI

sentenza n. 4137 del  29 gennaio 2014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SERPICO   Francesco      –  Presidente   –
Dott. VILLONI   Orlando        –  Consigliere  –
Dott. CAPOZZI   Angelo    –  rel. Consigliere  –
Dott. APRILE    Ercole         –  Consigliere  –
Dott. DE AMICIS Gaetano        –  Consigliere  –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.M.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1644/2008 CORTE APPELLO di CATANIA, del
12/07/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 22/01/2014 la  relazione  fatta  dal
Consigliere Dott. CAPOZZI ANGELO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FODARONI Maria G.,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. D’ACO Luigi che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

  CONSIDERATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 12.7.2012 la Corte di appello di Catania – a seguito di gravame interposto dall’imputato D.M.G. avverso la sentenza emessa il 25.10.2007 dal Tribunale di Catania – ha confermato detta sentenza con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 392 c.p., per aver sostituito la serratura della porta di ingresso della casa familiare impedendo l’accesso alla moglie, condannandolo a pena di giustizia.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore deducendo:

2.1.violazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 392 c.p., in assenza del presupposto della contesa intorno alla titolarità o all’esercizio del preteso diritto al momento della sostituzione della serratura dell’abitazione, posto che era stata la stessa P. a lasciarla e presentare ricorso per separazione e, l’imputato,inoltre, abitava l’appartamento al momento del fatto.

Ancora, difetta la sussistenza del dolo risultando provata la sostituzione della serratura in ragione del suo malfunzionamento e risultando un breve lasso temporale tra la sostituzione ed il successivo tentativo di accesso della moglie dell’imputato.

2.2. Violazione dell’art. 533 c.p.p., comma 1, in ragione dei rilievi mossi in precedenza che non consentivano il superamento dell’oltre ogni ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato.

2.3. Mancanza di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità che si è limitata a considerare come elemento sintomatico della contesa la separazione in atto tra i coniugi senza considerare la volontà del D.M. di riavere in casa la moglie e le effettive ragioni della sostituzione per malfunzionamento.

2.4. mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, censurando di erroneità il giudizio fondato sulla reiterazione della condotta, considerando l’unicità dell’episodio.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Il primi tre motivi sono genericamente ripropositivi di questioni di fatto precluse in questa sede di legittimità, laddove la Corte territoriale ha correttamente giustificato l’affermazione di responsabilità considerando la sostituzione della serratura della casa familiare, della quale era comproprietaria la moglie dell’imputato, volta ad impedire alla donna l’accesso alla abitazione medesima. Accesso che non fu consentito neanche dopo l’intervento delle forze dell’ordine chiamate dalla stessa donna. Del tutto logicamente la sentenza ha escluso la rilevanza dell’assunto difensivo secondo il quale la sostituzione fu operata dall’imputato per un malfunzionamento, osservando che della sostituzione non era stata data comunicazione alla moglie alla quale neanche erano state fornite le nuove chiavi. Quanto al presupposto della contesa esistente sull’abitazione, la Corte di merito ha correttamente osservato – con ricostruzione in fatto incensurabile in questa sede – che la donna ben tre mesi prima dei fatti, all’atto della sua decisione di separarsi dal marito, gli aveva chiesto di lasciarle l’uso della casa coniugale, ma l’uomo aveva negato accesso alla richiesta .costringendola ad abitare a casa dei propri genitori.

Inconferente è la deduzione relativa al possesso dell’abitazione da parte dell’imputato, posto che lo stesso potere di fatto spettava alla donna comproprietaria, che in alcun modo vi aveva rinunciato.

5. Il quarto motivo è inammissibilmente volto a censurare l’esercizio del potere discrezionale demandato al giudice di merito, nella specie esercitato senza vizi logici e giuridici sulla base della pervicace condotta dell’imputato nella volontà di escludere la donna dalla casa coniugale.

6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2014.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2014

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