Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 21898 del 28 maggio 2014

Fatto e diritto

1. T.S. e C.R. , tramite il medesimo fiduciario e con un unico atto, propongono ricorso per Cassazione avverso il decreto con il quale la Corte di Appello di Roma ha confermato il decreto reso dal Tribunale di Roma ai danni del T. , quanto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale allo stesso comminata, e parzialmente riformato la misura di prevenzione patrimoniale disposta, con il medesimo decreto, ai danni di entrambi i ricorrenti, avuto riguardo a diverse utilità (somme in denaro, rapporti di conto corrente bancario, strumenti finanziari, quote di società di capitali, un immobile) immediatamente ascrivibili alla titolarità anche formale del T. o solo formalmente intestati alla C. , ordinando, in parziale accoglimento dell’appello, la restituzione agli aventi diritto di due rapporti di conto corrente bancario in precedenza sottoposti a sequestro e confisca, meglio identificati nel citato provvedimento impugnato.
2. Nel ricorso viene prima contrastata, nell’interesse del T. , la misura di prevenzione personale applicata nei confronti dello stesso sotto il versante della stessa sussistenza e della attualità della pericolosità sociale ascritta al ricorrente. Si evidenzia al fine la inidoneità del riferimento a diversi procedimenti penali, molti dei quali definiti con l’archiviazione o con l’assoluzione nel merito, tanto da non potersi utilizzare nell’ottica sottesa al giudizio di pericolosità sociale. Dal 2003 in poi i dati posti a fondamento del decreto impugnato assumerebbero una pochezza indiziaria disarmante. Mancherebbero gli elementi sintomatici della attuale inserzione del proposto in contesti deviati, essendo comunque cessata da tempo la frequentazione con la famiglia N. presa dalla Corte territoriale quale spunto per confermare il giudizio di pericolosità. Nel procedimento nel quale il T. venne imputato di partecipazione associativa, il relativo portato accusatorio si è poi notevolmente ridotto alla più modesta, sul piano del disvalore, imputazione di concorso in mediazione usuraria mentre il tenore complessivo delle indagini sottese al procedimento per bancarotta fallimento della Dal re Delivering porta ad escludere che dallo stesso siano emersi elementi utili alla ritenuta pericolosità sociale del ricorrente.
3. Si lamenta poi la apoditticità e illogicità della motivazione legata alla confisca.
Si considerano partitamente le diverse utilità oggetto di ablazione (beni di trasporto; rapporti di conto corrente e titoli azionari; beni immobili, quote di società di capitali) e si segnala per ciascuna categoria o la appartenenza dei beni a soggetti diversi dal T. , anche per essere stati dismessi in precedenza al sequestro; la modestia dei valori di riferimento di molte delle utilità ablate, certamente compatibili con le disponibilità finanziarie del nucleo familiare composto dal proposto e dalla terza interessata; la ricavabilità delle provviste di riferimento per gli acquisti operati e per le iniziative imprenditoriali riferibili al T. nella vendita di beni immobili diversi da quello confiscato, in proprietà del T. o della C. , nella disponibilità finanziaria erogata da prestiti bancari, nel ricavato da canoni locativi.
4. La Procura Generale, con la requisitoria scritta in atti, ha concluso per la inammissibilità del ricorso; in particolare, guardando alla posizione della C. , terza interessata, anche in ragione della mancanza della necessaria procura speciale in capo al difensore che ha proposto il ricorso.
5. La difesa, con note in replica alla detta requisitoria, ha contrastato le ragioni di inammissibilità del gravame addotte dalla Procura, segnalando la presenza di una procura speciale legittimamente conferita al difensore e ribadendo i profili di fondatezza del gravame in precedenza segnalati nel ricorso.

Considerato in diritto

6. Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate da poco.
7. In punto di rito, va preliminarmente esaminata e superata la questione sollevata dalla Procura generale afferente l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse della C. per essere il difensore privo di procura speciale.
7.1 Giova ricordare come nella esperienza di questa Corte si suole costantemente affermare che per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico all’interno del giudizio penale, come è il caso della terza interessata odierna ricorrente, vale la regola, espressamente menzionata dall’art. 100 c.p.p. per la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, in forza alla quale essi “stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale”, al pari di quanto previsto nel processo civile dall’art. 83 c.p.c.. A differenza della parte assoggettata all’azione penale cui, nel caso, va equiparato il proposto rispetto alla chiesta misura di prevenzione patrimoniale, legittimati a stare in giudizio di persona, i soggetti portatori di ragioni di interesse esclusivamente civilistico, dunque, in conformità a quanto previsto per il processo civile (art. 83 c.p.c.), non possono stare personalmente in giudizio, ma hanno un onere di patrocinio che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore (così pedissequamente, tra i tanti arresti conformi, quello reso da questa sezione della Corte distinto dal nr 13798/11; ed in linea a siffatto orientamento si vedano le sentenze n. 23107 del 23/04/2013; IN. 21314 del 2010 Rv. 247440, N. 8942 del 2011 Rv. 252438, N. 25849 del 2012 Rv. 253081, N. 10972 del 2013 Rv. 25518).
7.2 Ne conseguono due immediati corollari. La partecipazione al processo del soggetto sussumibile all’egida delle categorie disciplinate dall’art. 100 cpp è radicalmente inficiata sia nel caso in cui a tanto provveda lo stesso personalmente sia laddove siffatta partecipazione venga realizzata tramite un difensore non munito del mandato ex art. 100 citato. Non rileva, poi, al fine, che l’art. 100 cpp non preveda espressamente, tra le categorie di soggetti ivi indicati, anche il terzo interessato nelle misure di prevenzione, risultando quest’ultima posizione processuale, in ragione del carattere meramente civilistico degli interessi che ne giustificano la partecipazione al relativo procedimento, pienamente equiparata a quelle espressamente menzionate,non in termini di tassativa, dalla norma in esame (cfr da ultimo sul punto, per un arresto di questa sezione, la sentenza nr 47548/13).
7.3 Non occorre, peraltro, che la procura conferita dal terzo, laddove il tema venga in discussione nell’ambito di una impugnazione – nel caso quella di legittimità – abbia necessariamente e specificatamente ad oggetto il gravame da interporre. Non va intesa, infatti, la procura speciale in questione siccome immediatamente ed altrettanto esclusivamente funzionale alla impugnazione da proporre ed in ragione di ciò, dunque, per forza di cose, cronologicamente successiva alla decisione da contrastare con il gravame.
Al fine pare opportuno precisare (in linea con quanto da ultimo evidenziato da questa stessa sezione della Corte: cfr le sentenze nn 17938/14; 1286/2014 e 2889/14) cosa si intenda nell’art. 100 cod. proc. pen. per “procura speciale” anche per differenziare siffatta procura da quella considerata dall’art. 122 stesso codice.
Ragioni letterali e sistematiche rendono evidente che non si tratta di conferimento di procura in relazione a singoli atti del procedimento ma di procura “speciale alle liti”, limitata al dato procedimento di interesse quando per contro la disposizione che specificatamente disciplina la “procura speciale per determinati atti” è quella, ben diversa, di cui all’art. 122 cod. proc. pen. Va all’uopo considerato che l’art. 100 cod. proc. pen. per quanto già anticipato ricalca essenzialmente il modello di cui all’art. 83 cod. proc. civ. come confermato dalla pressoché sostanziale identità del testo delle due norme che in più punti coincidono integralmente (dalle modalità di conferimento al dato della perduranza del mandato sino ai poteri conferiti al difensore: commi II e III dell’art. 100 cpp da leggere in raffronto ai commi III e IV dell’art. 83 cpc nonché al tenore dell’art. 84 stesso codice). E cosa si intenda per procura speciale risulta chiaramente dal testo della norma di cui all’art. 83 cod. proc. civ.: secondo tale disposizione la procura alle liti “può essere generale o speciale”: con la procura generale “alle liti” è possibile conferire ad un difensore il potere di rappresentanza in tutte le cause civili che un soggetto ha o avrà in corso mentre la procura speciale è quella riferita solo ad un determinato procedimento.
Ne viene che la disposizione di cui all’100 cpp, nel disciplinare la procura alle liti nell’ambito del processo penale per i soggetti che, come detto, debbono far valere interessi civilistici, ritiene necessaria la “procura speciale” per il determinato procedimento non consentendo che, invece, possa svolgere, senza specifico incarico, le proprie funzioni, ancorché per interessi civilistici, il difensore nominato con procura generale alle liti. E che la procura in questione riguardi il procedimento e non singoli atti è considerazione che trova più conferme nel testo dell’art. 100 citato: dal comma 3 che, come già detto, prevede che la procura speciale “si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo quando nell’atto non è espressa volontà diversa”, affermazione che non avrebbe senso se riferita ad una procura per singoli specifici atti e che per contro, proprio validando la possibilità che la procura possa essere espressamente ampliata agli altri gradi del giudizio dimostra che si tratta di una procura che vale per il procedimento e non per singoli atti; dal comma 2 che prevede che la “procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile; dal comma 4 che chiarisce che il difensore può compiere tutti gli atti del procedimento salvo quelli “espressamente riservati” alla parte ovvero gli atti di disposizione “del diritto in contesa” salvo la specifica attribuzione di potere; va da sé, anche in questo caso, che tale disposizione ha senso nel caso in cui il difensore abbia procura per il procedimento e non per i singoli atti.
Altra cosa è, invece, la “procura speciale per determinati atti” disciplinata dall’art. 122 cpp che prevede la procura per singoli determinati atti che, con riferimento alle “altre parti private”, sono appunto quelli “espressamente riservati” alla parte di cui all’art. 100 cod. proc. pen., comma 4.. La “procura speciale” di cui all’art. 122 c.p.p., per quanto riguarda i soggetti caratterizzati dal perseguimento di fini meramente civilistici all’interno del processo penale, è invece l’atto con il quale viene attribuita anche la capacità di essere il soggetto del rapporto processuale, non solo quindi (come è nel caso dell’art. 100 cpp) colui che assiste e svolge le difese del soggetto del rapporto processuale (che in questo caso rimane la parte privata). Essa, dunque, per quanto riguarda queste parti private, finisce per essere diversa dall’atto (la procura ex art. 100 cpp) con il quale viene attribuito al difensore lo ius postulandi; piuttosto, sempre se conferita al difensore, assume la funzione diversa di ascrivere allo stesso anche la capacità di essere il soggetto del rapporto processuale: più precisamente, per non allontanarsi dal tema delle impugnazioni che qui immediatamente interessa, in linea generale, il gravame potrà dirsi ritualmente proposto dal terzo interessato tramite il difensore in forza del mandato alle liti conferito ex art. 100 cpp, rilasciata nelle forme di cui ai commi primo e secondo della norma citata da ultimo, laddove un siffatto potere risulti ricompreso nel mandato stesso; quando, per contro, il gravame risulta direttamente proposto dal difensore in ragione del ruolo di diretto protagonista del rapporto processuale in luogo del terzo interessato, viene necessariamente in gioco la procura speciale ex art. 122 cpp, la quale non può che esplicitamente considerare l’atto da interporre (e non genericamente il procedimento di riferimento) e, altrettanto indefettibilmente, deve essere successiva alla decisione da contrastare.
7.4 In ragione di quanto sopra precisato, è di tutta evidenza, dunque:
– che il difensore del soggetto dotato di posizione processuale sussunta tra quelle catalogabili all’interno della norma in disamina, munito del mandato alle liti ex art. 100 cpp, in ragione del conferito ius postulandi sarà legittimato a compiere ogni atto del procedimento di interesse del patrocinato a questi non esclusivamente riservato senza che occorra alcuna specificazione in tal senso in seno al relativo mandato;
– che tale facoltà è destinata ad esondare anche gli argini del grado processuale di immediato riferimento rispetto all’epoca di conferimento del mandato purché il tenore dell’atto legittimi una siffatta volontà vincendo così la presunzione di cui al comma III dell’art. 100 cpp;
– che in linea con quanto sopra vanno letti gli arresti di questa Corte in forza ai quali (a far tempo da Sez. U, Sentenza n. 44712 del 27/10/2004 in poi: ex plurimis tra le più recenti, cfr N. 42660 del 2010 Rv. 249337, N. 14980 del 2012 Rv. 254861, N. 25849 del 2012 Rv. 253081; N. 35535 del 2013,Rv256368 ; 37720 del 2013, RV 256972) è legittimato a proporre appello il difensore munito di procura speciale ex art. 100 cpp e ciò anche quando il mandato non contiene espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura “per un solo grado del processo”, stabilita dall’art. 100 comma 3 cod. proc. pen, può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte – desumibile dalla interpretazione del mandato – di attribuire al difensore stesso anche un siffatto potere;
– a siffatta conclusione non si sottrae neppure il gravame di legittimità, considerando al fine che le né la normativa generale in materia di impugnazione (per quel che qui immediatamente interessa l’art. 573 cpp) né quella specifica in tema di ricorso per cassazione (l’art. 613 cpp) subordinano la rituale proposizione del ricorso alla presenza di uno specifico mandato difensivo espressamente in tal senso conferito successivamente alla sentenza da impugnare (alla stregua di quanto accade nel rito civile per quanto si dirà da qui a poco), dovendosi per contro rintracciare l’unico limite rinvenibile sul punto alla iscrizione del patrocinante nell’albo speciale della cassazione, esclusa per quanto già anticipato, la possibilità che il ricorso sia personalmente proposto dalla parte privata.
7.5 Ora, poiché nel caso in esame il ricorso risulta articolato dal difensore nell’interesse della terza interessata in forza in di un mandato alle liti conferito nel corso della fase di merito (si veda la documentazione allegata alle note del 22 gennaio 2014) che involgeva esplicitamente anche la possibilità di proporre impugnazioni, deve coerentemente concludersi sul punto in termini di infondatezza della questione pregiudiziale sollevata dalla Procura generale in ordine alla posizione della terza interessata.
8. Venendo al merito del gravame, va poi ribadito che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per Cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge; ciò secondo il disposto dell’art. 4, comma II, legge 27 dicembre 1956 n.1423 (a sua volta per le patrimoniali richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, legge n. 575/1965) applicabile al procedimento che occupa in ragione della disposizione transitoria dettata dall’art. 117 del Dlvo 159/11 (decreto che all’art. 10 comma III per le personali e all’art. 27 comma II per le patrimoniali, detta una regola identica) in considerazione della data di instaurazione della procedura in disamina, certamente anteriore all’ottobre 2011.
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, sono escluse dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lett. c) dello stesso articolo, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell’obbligo – imposto dall’art. 4, comma 10 legge n. 1423/1956, oggi dall’art. 7 del decreto 159/2011 – di provvedere con decreto motivato.
In sede di legittimità, non è dunque deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità; ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, oppure, ancora, allorché le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione della misura (ex plurimis, Sez. 6, n. 35044, del 8/03/2007, dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277).
La limitazione del ricorso alla sola “violazione di legge” è stata tra l’altro riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321 del 2004), data la peculiarità’ del procedimento di prevenzione sia sul piano processuale che su quello sostanziale.
9. In ragione di tanto, è evidente la eccentricità dei motivi di ricorso sottesi al presente gravame rispetto ai limiti sopra rassegnati quanto alle doglianze utili a giustificare il ricorso di legittimità in materia di misure di prevenzione.
Siffatta conclusione si staglia con evidenza guardando al tenore della motivazione sottesa al provvedimento impugnato.
10. Quanto alla misura personale, la decisione contrastata riposa sulle seguenti considerazioni.
Evidenzia la Corte territoriale che il T. è stato coinvolto in diversi procedimenti penali, alcuni dei quali sfociati in condanne poi annullate per la intervenuta estinzione per prescrizione dei relativi reati in un arco temporale continuativo che va dal 1993 ad epoche immediatamente poste a ridosso del giudizio reso sulla pericolosità sociale. Le diverse contestazioni mosse al ricorrente nel tempo hanno matrici comuni/Sostanzialmente riferibili a diverse ipotesi di falso, truffa, ricettazione e riciclaggio, usura e, dato ulteriormente rilevante, corrono sistematicamente in parallelo alla diverse attività imprenditoriali esercitate dal proposto nel corso degli anni, dando corpo ad una continuativa e incontrovertibile commistione tra iniziative lecite e contegni illeciti.
Sono due gli snodi argomentativi essenziali del giudizio reso sulla pericolosità del T. da parte della Corte territoriale:
il primo individuato nel riferimento al coinvolgimento del ricorrente in una associazione criminale semplice (cessata quanto alla partecipazione del ricorrente nel 2003) finalizzata ad usura, estorsione, riciclaggio, abusivo esercizio di attività finanziaria, tutti momenti delittuosi che danno altresì corpo alla rilevata estrema contiguità del proposto con la famiglia N. (e dunque con gli ambienti criminale contigui alla banda della Magliana), peraltro già emersa in precedenza (nell’ambito del procedimento nel nr 12487/99 che, per quanto archiviato, come segnalato dalla Corte, lasciava traccia del fatto che l’autosalone del T. e del suo socio Co.Pa. , costituiva un punto di interesse per la citata famiglia tanto da portare il ricorrente a costituire la Nuvolari Elite Cars nel 2001, con un soggetto vicino ad N.E. ); il secondo, la imputazione per bancarotta fraudolenta relativa al fallimento della Dal re Delivering, con condotte (dismissione e incameramento di somme legate ad attivo della società in decozione commesse sino all’ottobre 2010) che la difesa tende a sminuire quanto all’importo oggetto dell’indebito storno (assertivamente diverso da quello portato nella richiesta di rinvio a giudizio, avendo incamerato il T. la minor somma di Euro 100000 peraltro assertivamente utilizzata in parte per pagare l’esposizione societaria).
Tra questi due riferimenti viene rimarcata la presenza, nel mezzo, di numerosi procedimenti, tutti archiviati in fase di indagini, evidenziati al fine precipuo non tanto di ricavare dagli stessi immediati elementi indiziari a sostegno della pericolosità, ritenuta adeguatamente confortata dai due poli di osservazione sopra rappresentati, quanto per segnalare la scia di continua contiguità al mondo dell’illecito che lega i contegni del ricorrente occorsi tra i due procedimenti penali che essenzialmente hanno interessato il T. .
10.1 In questo quadro di riferimento argomentativo è certa l’assenza di vizi utili a giustificare il ricorso di legittimità.
Escluso radicalmente il difetto di motivazione, la valutazione resa in punto di pericolosità sociale e attualità della stessa appare perfettamente conforme a norma essendo di fatto indifferente che, quanto al procedimento nel quale è stata mossa la contestazione associativa,, questo si sia chiuso con la prescrizione della relativa imputazione, fattore di estinzione del reato tutt’altro che ostativo al giudizio di responsabilità comunque sotteso alla relativa declaratoria ed ai profili indiziari che se ne possono trarre nell’ottica del giudizio sulla pericolosità. Pericolosità che trova un appoggio per vero non essenziale nel riferimento ai diversi procedimenti nei quali il ricorrente è stato coinvolto negli anni successivi al 2003 che tuttavia, seppur archiviati, rassegnano la linea di continuità della stratta contiguità tra l’area della illiceità e l’agire imprenditoriale del ricorrente; e la cui attualità ha trovato essenziale linfa motiva nel coinvolgimento nel procedimento per bancarotta fraudolenta sopra citato i cui fatti si pongono ad immediato ridosso della odierna iniziativa in prevenzione.
Coinvolgimento, quest’ultimo, sfociato, per quanto emerge dal provvedimento impugnato e dal ricorso, nel rinvio a giudizio del T. , che la difesa contesta inadeguatamente sul piano del relativo portato indiziario perché, lungi dal negare i profili di responsabilità ascrivibili al ricorrente, tende a sminuirne il rilievo peraltro introducendo temi valutativi in fatto, immediatamente correlati a quel processo, palesemente distonici rispetto al vaglio di legittimità.
Da qui la inammissibilità delle doglianze legate alla misura personale.
11. Quanto alla misura patrimoniale, tutto muove, nel provvedimento impugnato, da una considerazione di fondo : negli anni presi in considerazione per gli acquisti e gli investimenti oggetto di ablazione, sia il ricorrente che la C. denunziavano redditi ai limiti della indigenza, di certo non consoni alle iniziative acquisite perché funzionali al più al mero sostentamento del relativo nucleo familiare.
Piuttosto si rimarca la riscontrata movimentazione di somme in contanti veicolate dalla C. in favore del proposto in termini di assoluta consistenza ponderale ed a ridosso, sul piano cronologico, della partecipazione associativa sopra indicata, movimentazione non altrimenti motivata nella relativa causale di riferimento.
Da qui il giudizio sulla sproporzione tra disponibilità finanziarie e reddituali documentate e utilità acquistate e riscontrate, non adeguatamente giustificate dalla erogazione di mutui per l’assenza di comprovati flussi in entrata in grado di supportare il pagamento dei relativi pesi rateali né dalla dismissione di beni legittimamente acquistati in precedenza mancando, a fronte della assoluta rilevanza dei rispettivi investimenti, qualsivoglia traccia documentale utile a supportare le indicazioni difensive.
Innanzi a tale cornice argomentativa emerge in tutta evidenza la inconferenza delle doglianze sottese al gravame, tutte apertamente inidonee a destrutturare il portato essenziale della decisione in parte qua quanto alla assenza di comprovate disponibilità reddituali e finanziarie utili a giustificare le acquisizioni oggetto di confisca.
Assumono un tale connotato le questioni legate ai mezzi di trasporto che riguardano o beni dei quali è stata disposta la restituzione dopo il sequestro o beni che sarebbero di terzi con conseguente carenza di interesse al rilievo; le questioni sollevate in ordine ai conti correnti ed ai titoli azionari, che non evidenziano alcun elemento utile a contrastare l’obiettività della assenza di fondi utili a giustificare le rispettive disponibilità riscontrate; quelle involgenti l’immobile in Tarquinia (prima acquistato dal T. e poi da questo venduto alla C. ) laddove è la stessa difesa a rendere dubbia la propria prospettazione, confusamente e contestualmente ancorata ad una comunque non documentata dismissione di precedenti immobili nonché alla stipula di un mutuo all’uopo contratto, la cui rata mensile è stata espressamente ritenuta incompatibile con le capacità del relativo nucleo familiare, nonché a proventi da canoni locativi puntualmente considerati nei redditi riferiti alla coppia ; agli investimenti sottesi alle diverse partecipazioni societarie, senza che mai sia stato fornito un elemento logico utile a giustificare la provvista all’uopo veicolata.
12. Ne viene la inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende liquidata in via equitativa come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

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