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Suprema Corte di Cassazione 

sezione VI

sentenza n. 17439 del 17 luglio 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 28/9/08, depositata il 26/5/08, la CTR del Veneto, in riforma della decisione della CTP di Vicenza, rigettava a il ricorso proposto da G. F. e da A. F. avverso l’avviso di liquidazione con il quale erano state recuperate a tassazione le ordinarie imposte di registro, ipotecarie e catastali, sul presupposto che l’immobile acquistato, registrato con i benefici “prima casa”, aveva caratteristiche “di lusso”, ex DM 2.8.1969, perché di superficie superiore a 240 metri quadrati.
Per la cassazione di tale sentenza, hanno proposto ricorso i contribuenti. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia del Territorio, e l’Agenzia delle Entrate non hanno depositato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col proposto ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del DM 2 agosto 1969, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 cpc, i ricorrenti lamentano che l’Ufficio, prima, e la CTR, poi, abbiano erroneamente ritenuto che nella superficie complessiva utile andasse computata anche la superficie del vano denominato come “ripostiglio”. I ricorrenti, che affermano come la distinzione tra locale “ripostiglio” e locale “deposito” è arbitraria, tenuto conto che i locali hanno dimensioni pressoché identiche e medesime caratteristiche strutturali, e sono, inoltre, privi dell’abitabilità, sottopongono, in conclusione, il seguente quesito di diritto: “se l’art. 6 DM 2/8/1969 comporti che nel computo della superficie utile ai fini della determinazione degli immobili definiti di lusso, e pertanto esclusi dall’applicabi1ità delle agevolazioni prima casa, debbano escludersi tutti i locali qualificabili come “soffitta”, indipendentemente dalla denominazione catastale, e facendo riferimento alle caratteristiche che ne escludono l’abitabilità.
2. Il motivo è infondato. A norma del dPR n. 131 del 1986, tariffa I, art. 1, nota 11 bis, l’invocato beneficio fiscale è connesso all’acquisto di case di abitazione prive delle caratteristiche di lusso, indicate dal decreto ministeriale 2 agosto 1969, in “Gazzetta Ufficiale” 218 del 27/08/1969. Secondo l’art. 6 del citato DM, costituiscono abitazioni di lusso, tra altre tipologie, le unità immobiliari “aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine).
3. La disposizione riconnette, dunque, al dato quantitativo della superficie dell’immobile la caratteristica di immobile di lusso, escludendo dal computo, solo, i predetti ambienti: questa Corte ha, condivisibilmente, affermato (cfr. Cass. n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011) che: a) nel calcolo della superficie utile per stabilire se un’abitazione sia di lusso deve computarsi quella relativa ai vani interni all’abitazione, ancorché privi dell’abitabilità, in quanto requisito non richiamato dal DM 2 agosto 1969; b) non è possibile alcuna interpretazione che ne amplii la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (cfr. Cass. n. 10807 del 2012).
4. Resta da aggiungere che l’asserita identità di caratteristiche dimensionali e strutturali del vano “ripostig1io” rispetto al vano “soffitta” costituisce un’indagine di fatto, priva in sé di autosufficienza, e, comunque, preclusa in questa sede di legittimità.
5. Il ricorso va, in conclusione, respinto, non dovendo provvedersi sulle spese, in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2013

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