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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 14686  del 11 giugno 2013

ORDINANZA
sul ricorso n. 24031/011 E’ stata depositata la seguente relazione:
1) L’avv. A. D. ricorre per la cassazione del decreto 29.7.2011 con il quale il Tribunale di Crotone gli ha liquidato i compensi per l’attività professionale svolta dapprima quale commissario giudiziale del concordato preventivo della S. E. s.r.l. e successivamente quale curatore del fallimento della società.
2) Il ricorrente lamenta, con un primo motivo, violazione degli artt. 19, 20, 21 e 22 del d.lgs. n. 169/07 e degli artt. da 242 a 266 del R.D. n. 267/42, e, con un secondo motivo, vizio di motivazione per aver il Tribunale fatto errata applicazione della disciplina transitoria introdotta dal d.lgs. n. 169/07 ed avergli liquidato unitariamente i due compensi, senza tener conto dell’attivo effettivamente inventariato, senza rivalutare le somme ricavate dalla vendita dei beni e senza chiarire perché nella liquidazione si è attenuto ai minimi.
3) Il primo motivo appare inammissibile: il d.lgs. n. 169/07 non ha apportato alcuna modifica agli artt. 165 e 39 della l. fall. e non si comprende, pertanto, a quali diverse norme il Tribunale avrebbe dovuto far riferimento; in ogni caso, il ricorrente non deduce l’errata applicazione – ratione temporis – dei D.M. nn. 267/87 e 570/92, in base ai quali il giudice del merito gli ha, rispettivamente, liquidato il compenso per l’attività svolta come commissario giudiziale e per quella svolta come curatore.
4) Il secondo motivo appare manifestamente infondato: il Tribunale ha infatti liquidato separatamente i due compensi (anche se li ha poi sommati, per determinare l’importo ancora spettante al D. una volta detratti gli acconti ricevuti) e, per ciò che concerne quello dovuto al ricorrente per l’attività svolta come commissario giudiziale, ha tenuto conto di un attivo inventariato di € 569.112,28 ed ha applicato i valori medi; quanto poi, al compenso liquidato per l’attività svolta dal D. quale curatore, ha chiarito di aver applicato i minimi sia in ragione della mancata realizzazione della maggior parte dell’attivo inventariato, sia per la lunga durata della procedura; deve escludersi, infine, che nell’attivo “realizzato” dal curatore (cioè ricavato dalla liquidazione dei beni acquisiti all’attivo o dalla riscossione di crediti o dall’utile esperimento di azioni giudiziarie) possano essere compresi il valore di stima, di un immobile rimasto invenduto (cfr. Cass. nn. 3156/06, 18996/04,100/98) o somme maggiori di quelle effettivamente ricavate dalla vendita dei mobili e ripartite fra i creditori.
A parere di questo giudice ricorrono pertanto gli estremi per una pronuncia di rigetto del ricorso in sede camerale, ai sensi dell’art. 375 n. 1 e 5 c.p.c.
Il collegio rileva che l’avv. D. ha depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso, il quale deve pertanto essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 390 c.p.c.
Non v’è luogo alla liquidazione delle spese in favore dell’intimato, che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Roma, 16 aprile 2013.

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