Hashish

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza  9 maggio 2014, n. 19243

Considerato in fatto e Ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 11.4.2013 la Corte di appello di Palermo – a seguito di gravame interposto dal P.G. avverso la sentenza assolutoria emessa il 22.1.2010 nei confronti di B.M. dal Tribunale di Castelvetrano – ha riformato detta sentenza affermando la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 73 DPR n. 309/90 per detenzione di hashish, riconosciuta l’ipotesi lieve, condannandolo a pena di giustizia.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore deducendo con unico motivo contraddittorietà ed illogicità della motivazione e violazione di legge in ordine alla negata destinazione personale dello stupefacente desunta dalle sue modalità di detenzione e dalla illogica attribuzione di altri cinque grammi di stupefacente presso l’abitazione, occupata anche da altri familiari conviventi stante il suo ritrovamento in una stanza non occupata dall’imputato.
3. Il ricorso è infondato.
4. In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, viene effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive dei fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 44419 del 13/11/2008 Rv. 241604 Imputato: Perrone).
5. La Corte di merito, senza vizi logici, ha superato persuasivamente la precedente decisione assolutoria – che aveva ritenuto di non potere escludere la destinazione al consumo personale della droga rinvenuta e limitata a quella rinvenuta sulla persona del ricorrente – innanzitutto considerando che anche questa ( pari a complessivi gr. 1,58) , al momento del controllo nell’autovettura da lui occupata, si presentava in parte riposta in un calzino ed in parte in mano con dose spezzettata, circostanza che induce comunque una parziale destinazione a terzi; inoltre, attribuendo all’imputato anche quella di maggiore consistenza pari a gr. 5,80) rinvenuta nell’appartamento da lui abitato, ancorchè nascosta sotto l’armadio dei propri genitori; valorizzando – infine – il possesso della somma di 90,00 euro da parte del ricorrente, disoccupato impossidente e quindi privo di qualsiasi lecita giustificazione.
6. Deve darsi conto d’ufficio – da un lato – degli effetti conseguenti alla intervenuta sentenza costituzionale n. 32/2014, versandosi nel caso in esame nella applicazione di una fattispecie coinvolta da detta pronuncia, secondo la quale rivive l’ipotesi di cui all’art. 73 co. V DPR n. 309/90 prevista anteriormente alla riforma dichiarata costituzionalmente illegittima e che fissa per le sostanze «leggere» la più favorevole forbice edittale compresa tra i sei mesi ed i quattro anni di reclusione oltre la multa; – dall’altro – della modifica intervenuta con il d.l. n. 146/2013 conv. con l. n. 10 del 2014 che, in relazione alla fattispecie in esame, considerandola ipotesi autonoma e non più circostanziale, ha fissato i limiti edittali tra un anno e cinque anni di reclusione oltre la multa.
7. E’ compito del giudice comune – come non ha mancato di osservare la citata sentenza costituzionale – individuare, alla stregua dei criteri fissati dalla legge in ordine alla successione delle norme penali nel tempo determinatasi a seguito dei predetti interventi costituzionali e legislativi, quale sia la norma incriminatrice – ivi compreso il correlato trattamento sanzionatorio – da applicare nel caso concreto.
8. E l’individuazione della disposizione più favorevole al reo va operata con riferimento al caso concreto, confrontando i risultati che deriverebbero dalla applicazione delle due normative che si sono succedute (Sez. 1, Sentenza n. 2336 del 18/05/1994 Rv. 198187, Arata; Sez. 6, Sentenza n. 11549 del 02/10/1998 Rv. 213030, Arcidiacono; Sez. 6, Sentenza n. 3560 del 29/09/2000 Rv. 218056 , Grillo).
9. Non v’è dubbio che, nella specie, sia la rivivente formulazione dell’art. 73 co. V DPR n. 309/90 ad essere – ai sensi dell’art. 2 co. IV c.p. – concretamente più favorevole al ricorrente in ragione del ridotto limite edittale previsto per le droghe «leggere».
10. Nondimeno, essendosi determinato il trattamento sanzionatorio sulla base del minimo edittale previsto dalla norma nel frattempo dichiarata incostituzionale, la rideterminazione della pena in base alla predetta più favorevole ipotesi può essere compiuta – ai sensi dell’art. 620 lett. I) c.p.p. – da questa stessa Corte e fissata in mesi sei di reclusione ed euro 1.032 di multa.
11. La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente alla determinazione della pena e rideterminandosi questa nella misura finale appena detta. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena, che ridetermina in mesi sei di reclusione ed euro 1.032,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

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