Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 4 luglio 2014, n. 29334


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo Mar – Presidente

Dott. BEVERE Antonio – Consigliere

Dott. OLDI Paolo – Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) n. (OMISSIS);

avverso la sentenza 3415/2011 del 9/3/2012 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DI STEFANO Pierluigi;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha concluso chiedendo annullamento senza rinvio delle sentenze di 1 e 2 grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte di Appello di Bologna con sentenza del 9 marzo 2012 confermava la condanna emessa dal Tribunale di Modena il 23 giugno 2009 nei confronti di (OMISSIS) per il reato di resistenza a pubblico ufficiale in relazione alle condotte violente e pericolose poste in essere dal predetto per sottrarsi ad un controllo da parte della polizia stradale.

La Corte innanzitutto rigettava l’eccezione di omessa notifica al ricorrente del decreto di citazione a giudizio per il processo di appello non tradotto in lingua araba o altra lingua nota all’imputato; cio’ in quanto, pur risultando che (OMISSIS) non conosceva la lingua italiana, riteneva irrilevante tale eventuale vizio ritenendo assorbente il dato che tutti gli atti dal procedimento furono notificati al difensore di ufficio ex articolo 161 c.p.p., comma 4, in quanto (OMISSIS) non aveva indicato alcun domicilio ai fini delle notificazioni; per tale ragione la traduzione del decreto di citazione per il giudizio di appello in lingua araba, notificato all’imputato presso lo stesso difensore, era atto non dovuto.

In risposta ai motivi di appello la Corte osservava:

– quanto alla pretesa nullita’ della citazione a giudizio in primo grado per incompletezza della traduzione in lingua araba e vizi formali quali la mancanza di sottoscrizione dell’interprete e di attestazione della data di deposito, riteneva irrilevante tali eventuali vizi ritenendo anche in questo caso assorbente il dato che la notifica del decreto fu effettuata al difensore di ufficio ex articolo 161 c.p.p., comma 4; quindi era irrilevante la traduzione solo parziale in quanto atto non dovuto e quindi superfluo;

– quanto ai profili di carenza della prova a carico e della non configurabilita’ del reato, confermava le valutazioni del giudice di primo grado.

(OMISSIS) propone ricorso con atto a firma del proprio difensore.

Con primo motivo deduce la violazione di legge processuale reiterando quanto gia’ eccepito in tema di nullita’ degli atti introduttivi dei giudizi di primo e secondo grado.

Rileva la erroneita’ dell’argomento della Corte di Appello che ritiene venuto meno l’interesse alla traduzione per essere stati notificati i decreti presso il difensore di ufficio.

Con secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 337 c.p., ritenendo che la relativa fattispecie non possa ritenersi integrata in un caso come quello in esame nel quale non e’ ravvisabile un comportamento violento o minatorio, come chiarisce facendo riferimento agli atti del processo.

Allega gli atti rilevanti.

E’ fondato il primo motivo relativo alla nullita’ della sentenza di appello non essendovi stata notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato in lingua a lui conosciuta.

La stessa eccezione, relativa al giudizio di primo grado, e’ invece inammissibile in quanto, non essendo contestato che la relativa citazione sia stata tradotta, la parte non ha dimostrato in forma idonea, limitandosi ad una generica dichiarazione, che il testo dell’atto tradotto e’ incompleto. A fronte della apparente regolarita’ dell’atto, il ricorrente non poteva limitarsi a chiedere la verifica di ufficio della completezza del testo in quanto redatto in lingua diversa da quella del processo.

L’argomento che, effettuata la notifica presso il difensore, la parte non avesse diritto alla notifica dell’atto e’ palesemente contrario alle disposizioni in materia di notifica.

l’articolo 161 c.p.p., comma 4, e’ testuale nel prevedere che, laddove sia impossibile la notificazione nel luogo determinato a norma del secondo comma, le “notificazioni” sono eseguite mediante consegna al difensore. Il difensore e’ quindi mero domiciliatario e l’atto resta comunque destinato all’imputato.

La Corte di Appello, invece, afferma un inesistente principio che in tale caso la notifica sia ricevuta dal difensore quale soggetto surrogato all’imputato e che per tale ragione l’atto non vada piu’ tradotto; in tale prospettiva, l’atto non sarebbe piu’ diretto all’imputato che non conosce la lingua italiana ma, appunto, al difensore che, invece, la conosce.

Ma, appunto, non vi e’ alcuna disposizione in tale senso e certo non lo e’ la norma citata che disciplina solo il “luogo” della notifica ma certamente non ne modifica il destinatario o vi surroga il domiciliatario.

Le altre questioni e motivi restano assorbiti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna per nuovo giudizio.

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