Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza  4 dicembre 2014, n. 50965

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 6 giugno 2014 il Tribunale di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame proposta da N.D. avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Salerno il 5 maggio 2014, che applicava nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato associativo di cui all’art. 74, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 309/90 (capo sub A), commesso in qualità di grossista nel territorio di Salerno, Fisciano e Mercato San Severino nell’ano 2012, nonché per il concorso, assieme ad altri coindagati, nell’attività di illecita detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti dei tipo hashish (capi sub BB), CC), DD), EE), UU).
2. Avverso la su indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del D., deducendo due motivi doglianza.
2.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali, per mancanza e illogicità, con riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo di cui al capo sub A), difettando qualsiasi elemento rivelatore della consapevolezza di partecipazione al contestato sodalizio criminale.
Il Tribunale ha limitato il suo giudizio ad un rinvio all’ordinanza cautelare genetica, omettendo di considerare che il ricorrente, come risulta dalle conversazioni intercettate, è persona ignorata dagli appartenenti all’associazione. In particolare, era stata chiesta in sede di riesame una diversa valutazione del contenuto “neutro” delle comunicazioni intercettate, con un’attenta analisi dei confine territoriale entro cui operava prevalentemente l’associazione, che non comprendeva Potenza, luogo di residenza dell’imputato. Il contatto esclusivo con uno solo degli indagati e l’inconsistenza del contributo associativo, che non si è tradotto nella disponibilità personale o di mezzi propri, danno conto della sua estraneità al reato ipotizzato.
2.2. Mancanza assoluta di motivazione in ordine ai singoli episodi di detenzione di cui ai capi sub BB), CC), DD), EE), UU), avendo il Tribunale omesso di rispondere alle censure difensive al riguardo formulate sul contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.
2. Secondo una pacifica linea interpretativa tracciata da questa Suprema Corte con riguardo all’identificazione del vincolo associativo, la condotta partecipativa si perfeziona con la conclusione di un accordo tra il singolo ed il gruppo, in forza del quale il primo si pone «a disposizione» dei secondo, per una serie non predeterminata (nel numero) di contributi all’attività dell’associazione criminale, ed il secondo, attraverso la volontà e l’atteggiamento dei componenti o del ceto dirigente, riconosce il primo come risorsa strutturalmente acquisita (da ultimo, v. Sez. 6, 16 aprile 2014, n. 37646).
La fisionomia del reato non richiede che sia indeterminato l’oggetto delle prestazioni promesse, né che sia indeterminata la durata del rapporto, bastando che il contributo concordato non consista in una serie specifica e predefinita di singole condotte. Di contro, la reiterazione, anche serrata, di condotte illecite, che non dipenda da una pattuizione preliminare, e richieda dunque di volta in volta una deliberazione concorsuale tra l’agente ed i componenti del gruppo, resta priva di rilievo sul piano associativo (Sez. 6, n. 7387/14 del 03/12/2013, Rv. 258796).
Naturalmente, la conclusione di un patto con le caratteristiche sopra indicate segna la consumazione del reato associativo ed avvia la permanenza della condotta punibile. L’eventuale interruzione della medesima, per scelta di risoluzione dell’accordo da parte di uno o di tutti i contraenti, o per effetto di altre circostanze, non incide sulla rilevanza del delitto ormai consumato. Non esiste quindi, neppure dal punto di vista delle prove logiche desumibili dalle comuni regole di esperienza, una durata minima della condotta associativa: ciò che conta non è la protrazione nel tempo dei suoi effetti, ma la qualità dei vincolo instaurato, con una risoluzione contestuale, ovvero attraverso comportamenti informali e progressivamente consolidati.
Da questa ricostruzione del modello associativo derivano ulteriori, pacifiche, indicazioni della giurisprudenza, secondo le quali, ad esempio, per la consumazione del reato non è necessaria la realizzazione effettiva dei contributi promessi, anche se, il più delle volte, la stabilità del vincolo viene desunta proprio ed anche dalle condotte attuative (da ultimo, tra le molte, Sez. 4, n. 8092 del 28/01/2014, Rv. 259129). Per altro verso, non è affatto necessaria la prova della conoscenza, da parte dei singoli associati, di ogni aspetto dell’organizzazione criminale, o di un numero minimo dei suoi componenti, poiché – ferma restando ovviamente la necessità dell’interlocuzione con colui o coloro che possono esprimere la volontà del gruppo – è sufficiente la consapevolezza di avere prestato la propria adesione ad un patto criminale cui è sottesa una struttura organizzata (ex multis, Sez. 6, n. 11733 del 16/02/2012, Rv. 252232).
3. Nel caso in esame, il requisito della gravità indiziaria in ordine alla configurabilità dell’ipotizzata partecipazione al sodalizio criminale è stato apoditticamente desunto dal coinvolgimento, pur reiterato, dell’indagato nell’acquisto – in cinque occasioni – di quantitativi di stupefacenti del tipo “hashish” sempre dalla stessa persona – ossia, dal coindagato in posizione apicale Hanchi Adel – in un arco temporale ricompreso fra i mesi di maggio e di settembre del 2012, senza specificare se e come l’instaurazione di tale rapporto possa inscriversi nel quadro delle su indicate circostanze indicative, sul piano sintomatico, dell’esistenza di una vera e propria, consapevole, relazione di tipo associativo.
Al riguardo, invero, deve osservarsi che se è un dato pacifico che l’elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente provveduto allo spaccio, per cui anche il coinvolgimento in un solo episodio di cessione di droga non è incompatibile con l’affermata partecipazione dell’agente all’organizzazione (Sez. 4, n. 45128 del 11/11/2008, dep. 04/12/2008, Rv. 241927), è pur vero che occorre un’adeguata motivazione sulla condotta di partecipazione dell’imputato al reato associativo e sul ruolo da lui stabilmente svolto all’interno dell’organizzazione (Sez. 6, n. 6867 del 14/01/2008, dep. 13/02/2008, Rv. 239670; Sez. 5, n. 9457 del 24/09/1997, dep. 22/10/1997, Rv. 209073), tenendo conto del fatto che la partecipazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti va desunta da una serie di condotte significative che, complessivamente valutate, denotino l’organico inserimento in una struttura criminosa (v., altresì, in motivazione, Sez. 6, n. 32803 del 11/05/2012, dep. 21/08/2012).
Il vincolo associativo, infatti, può essere ravvisato quando l’attività del cd. “grossista” sia realizzata avvalendosi consapevolmente delle risorse dell’organizzazione, e con la coscienza di farne parte, ma deve escludersi che possa essere desunto automaticamente da una serie di operazioni, anche frequenti, di compravendita delle sostanze illecite concluse tra le stesse persone, in quanto è necessario che gli acquirenti agiscano con la volontà e consapevolezza di operare in qualità di aderenti ad una organizzazione criminale e nell’interesse della stessa (Sez. 6, n. 23798 del 07/04/2003, dep. 29/05/2003, Rv. 225682; Sez. 6, n. 44102 del 21/10/2008, dep. 26/11/2008, Rv. 242397), dovendo siffatte condotte, per le loro connotazioni, essere in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale (Sez. 6, n. 44102 dei 21/10/2008, dep. 26/11/2008, Rv. 242397).
4. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Salerno, affinchè provveda ad eliminare i vizi sopra indicati, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede statuiti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Salerno.

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