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Il testo integrale [1]

Puntualizzano gli ermellini che nel vigente sistema processuale, dunque, la sospensione del processo penale è un mezzo eccezionale, cui il giudice deve fare ricorso solo quando la legge espressamente lo imponga in modo automatico ovvero lo consenta nei soli casi in cui la decisione dipenda dalla risoluzione di una questione pregiudiziale costituzionale o civile o amministrativa (art. 3 c.p.p.).

E’ allora da escludere che la casistica prevista dal n. 2) dell’art. 159 co. 1 c.p., secondo quanto ex adverso si sostiene in ricorso, riguardi ipotesi atipiche di deferimento di questioni penali (con coeva sospensione della prescrizione nel processo in cui si è posta la questione) di mancato o impedito esercizio dell’azione penale per ragioni di opportunità. Al contrario deve ritenersi che anche tale disposizione faccia riferimento alle sospensioni del processo tipizzate dal legislatore.

 Per la Corte “il collegio decidente non disconosce che il caso in esame mostri il possibile verificarsi di concrete incongruenze in punto di efficace perseguibiità degli autori di un reato di calunnia, ove – come nella specie è accaduto per la ricorrente persona offesa costituita parte civile –  si procrastini l’esercizio dell’azione penale al proscioglimento irrevocabile del calunniato”.

Nè può sottacersi che simile possibilità è senz’altro favorita dall’intervenuta riduzione normativa dei termini di prescrizione di tale specifico reato, passati (nel computo massimo o c,d. prorogato) da quindici anni a sette anni e mezzo.

Nondimeno simili incongruenze non rendono costituzionalmente illegittima la disciplina legislativa della sospensione, in quanto la stessa – come detto – si muove nel rispetto del principio di stretta legalità.

 

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