Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 3 settembre 2015, n. 17550
In fatto
Con ricorso del 28.6.2010 gli odierni ricorrenti indicati in epigrafe, adivano, insieme con altri, la Corte d’appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi dell’art.2 della legge 24 marzo 2001, n.89, a causa della durata irragionevole di un processo amministrativo instaurato innanzi al TAR Campania il 27.5.1993.
Con decreto del 23.12.2013 la Corte d’appello provvedeva sul ricorso, accogliendolo limitatamente agli altri soggetti agenti, mentre nulla statuiva quanto agli odierni ricorrenti, non indicati neppure nell’epigrafe del provvedimento, e alla loro domanda.
Pertanto, contro tale decreto questi ultimi propongono ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Motivi delle decisioni
- Con l’unico motivo d’impugnazione i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia sul loro ricorso, ai sensi degli arti. 2 legge n. 89/01 e 112 c.p.c., in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
Deducono al riguardo che la Corte territoriale ha completamente omesso di provvedere nei loro confronti e che tale omissione non è emendabile col procedimento di correzione di errore materiale, atteso che i loro nominativi non risultano né nell’epigrafe né nella motivazione e né nel dispositivo del decreto impugnato.
- Con l’unico motivo d’impugnazione i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia sul loro ricorso, ai sensi degli arti. 2 legge n. 89/01 e 112 c.p.c., in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
- Il motivo è fondato.
Nel giudizio di legittimità, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell’articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. nn. 7932/12, 15603/06, 16596/05 e 12259/02).
Inoltre, l’omessa indicazione, nell’intestazione della sentenza, del nome di una delle parti determina la nullità della sentenza stessa solo in quanto riveli che il contraddittorio non si è regolarmente costituito a norma dell’art. 101 c.p.c., o generi incertezza circa i soggetti ai quali la decisione si riferisce, e non anche se dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza la loro identificazione, dovendosi, in tal caso, considerare l’omissione come un mero errore materiale, che può essere corretto con la procedura prevista dagli artt. 287 e 288 c.p.c. (v. ex pluribus, Cass. nn. 5660/15, 4796106, 16438/03 e 5850102).
2.1. – Atteso che nella fattispecie ricorre chiaramente un caso di omessa pronuncia e non di errore materiale correggibile, tant’è che nel decreto impugnato non v’è traccia né degli odierni ricorrenti né della loro,domanda; e rilevato che, invece, quest’ultima era stata debitamente proposta, come si ricava dall’esame diretto degli atti; tutto ciò posto, deve ritenersi che la Corte territoriale sia incorsa nella denunciata violazione processuale.
- Il motivo è fondato.
- S’impone, pertanto, la cassazione del decreto impugnato in parte qua con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che esaminerà la domanda nel merito e provvederà, altresì, sulle spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 7.5.2015.
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