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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 23 luglio 2013, n. 31965

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza in data 27 giugno 2000 del Tribunale di Nocera Inferiore, appellata dall’imputato S.G. , riduceva la pena irrogata ad anni uno e mesi sei di reclusione, confermando la responsabilità del medesimo in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990, accertato il 22 settembre 1996.
Non avendo il consigliere-relatore Dott. B.G. provveduto alla stesura della motivazione, al pari di quanto avvenuto per numerose sentenze da lui introitate quale estensore a partire dall’anno 2009, il Presidente della Corte di appello, con provvedimento in data 19 settembre 2011, ritenuta l’impossibilità di sostituire quale estensore il Dott. B. con altro componente del collegio che aveva emesso la sentenza, sul rilievo che nessuno di essi era ancora in forza presso la medesima sezione penale, disponeva il deposito della predetta sentenza (unitamente a molte altre per le quali anche non era stato provveduto alla stesura della motivazione da parte del Dott. B. ), con redazione da parte della Cancelleria di un documento in cui erano contenuti la intestazione della sentenza, le generalità degli imputati, l’imputazione, l’indicazione delle conclusioni delle parti e il dispositivo.
Come risulta dagli atti, senza che il Dott. B. avesse neppure successivamente provveduto alla redazione della sentenza, questa veniva depositata in cancelleria, con le modalità indicate nel provvedimento presidenziale, in data 19 settembre 2012, a distanza di un anno da esso.
2. Avverso la predetta sentenza, come sopra indicato formata, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv. Giovanni Longobardo, il quale denuncia la nullità della sentenza per assoluta mancanza formale della motivazione, precisando che nell’atto di appello l’imputato aveva motivatamente confutato le conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado.
3. Va preliminarmente precisato che il reato non è prescritto.
Al compimento del termine di prescrizione di quindici anni dalla data di consumazione del reato, cadente il 22 settembre 2011 (termine previsto, in considerazione della pena edittale e in ragione della data della pronuncia di primo grado, anteriore alle modifiche apportate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, dal previgente testo degli artt. 157 e 160 cod. pen.) vanno infatti aggiunti complessivi due 2 anni, 5 mesi e 25 giorni di sospensione del corso della prescrizione: nel giudizio di primo grado, dall’11 giugno 1999 al 26 novembre 1999 per impedimenti di natura familiare del difensore; in quello di secondo grado, dal 15 novembre 2006 al 25 settembre 2008 per astensioni dalle udienze del difensore in virtù di delibere di categoria.
4. Il ricorso è fondato.
Come più volte affermato dalla Corte di cassazione, la mancata redazione della motivazione della sentenza, a causa di un qualsiasi impedimento del giudice che abbia adottato la relativa decisione e pubblicato il dispositivo, è equiparabile alla omessa motivazione e non determina la inesistenza della pronuncia ma la sua nullità, rilevabile in quanto tale solo se dedotta, come avvenuto nella specie, a seguito di impugnazione (ex aliis, Sez. 6, n. 48431 del 20/11/2008, Contino, Rv. 242138; Sez. 2, n. 45255 del 22/11/2007, Terranova, Rv. 238514; cfr. inoltre, in motivazione, Sez. U, n. 3287 del 27/11/2008, dep. 2009, R., Rv. 244118).
Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, che dovrà prendere in considerazione l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza di primo grado e pervenire a una decisione motivata su ogni punto dedotto.
5. Il mancato assolvimento del dovere di stesura della sentenza da parte del magistrato designato per tale funzione, Dott. B.G. , che aveva introitato la decisione sin dal 29 marzo 2010, impone la segnalazione del caso ai titolari dell’azione disciplinare.
Gli stessi organi valuteranno inoltre se siano ravvisabili profili di responsabilità disciplinare sotto due altri aspetti:
1) l’eventuale mancata tempestiva segnalazione da parte del presidente del collegio giudicante dell’increscente ritardo nella stesura della sentenza affidata al Dott. B. , e l’omessa tempestiva sostituzione del medesimo, quale estensore della sentenza, con altri componenti del collegio, nulla rilevando l’eventuale loro trasferimento ad altra sezione;
2) il rilevantissimo ritardo nella definizione della causa nel grado di appello, pur tenendo conto delle accennate cause di rinvio del dibattimento per astensione dalle udienze del difensore, considerato che il giudizio impugnazione si è concluso all’udienza del 29 marzo 2010, a fronte di una sentenza di primo grado emessa in data 27 giugno 2000.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Ordina la trasmissione di copia degli atti e della presente sentenza al Procuratore generale presso questa Corte e al Ministro della giustizia.

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