Le massime

1. In tema di confisca facoltativa, l’espressione “cose che servirono a commettere il reato”, deve essere intesa con riferimento alle cose impiegate nella esplicazione dell’attività punibile, senza che siano richiesti requisiti di “indispensabilità”, ossia senza che debba sussistere un rapporto causale diretto e immediato tra la cosa e il reato nel senso che la prima debba apparire come indispensabile per l’esecuzione del secondo.

2. La confisca facoltativa di cui all’art. 240 c.p. implica un rapporto di “asservimento” tra cosa e reato, nel senso che la prima deve essere oggettivamente collegata al secondo da uno stretto nesso strumentale che riveli effettivamente la possibilità futura del ripetersi di un’attività punibile, non essendo invece sufficiente un rapporto di mera occasionalità. Con la conseguenza che la confisca di una autovettura  è legittima, in ipotesi di furto, laddove l’automezzo sia stato “indispensabile” per la consumazione del reato.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

SENTENZA 15 maggio 2012, n. 18531


RITENUTO IN FATTO

 

1. Con la sentenza sopra indicata il Giudice dell’ udienza preliminare del Tribunale di Trento disponeva , ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’applicazione della pena di anni uno di reclusione e di Euro 600,00 di multa ciascuno nei confronti di T.C. e A. V.C., in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 624 bis e art. 61 cod. pen., comma 1, n. 5, (capo a), artt. 110 e 648 cod. pen. (capo b), per essersi impossessati, in concorso tra loro – in (OMISSIS) – al fine di trame profitto, di vari attrezzi da lavoro, sottratti notte tempo all’interno di garage pertinente all’abitazione della persona offesa;

e per essersi altresì ricevuti, sempre al fine di trame profitto, di una serie di altri attrezzi di lavoro di provenienza furtiva, rinvenuti all’interno della vettura Ford Focus, di proprietà del primo dei prevenuti, lasciata dagli stessi parcheggiata nelle immediate vicinanze di quel garage.

Con la stessa sentenza , il Giudice disponeva la confisca della anzidetta autovettura, già sottoposta a sequestro, in applicazione dell’art. 240 cod. pen., comma 1, trattandosi di cosa che era servita a commettere il reato, in quanto “solo utilizzando l’autovettura i due imputati poterono raggiungere la frazione di Casez … altrimenti irraggiungibile in tempi brevi e con mezzi pubblici … e solo tramite la stessa poteva (o meglio avrebbero potuto) portare via con loro la refurtiva. E dunque non può negarsi in concreto il nesso di necessaria strumentalità, che impone la misura di sicurezza patrimoniale”.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso T.C., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Antonio Caimi, con il quale – formalmente con un unico motivo – ha dedotto la violazione di legge sostanziale in relazione all’art. 240 cod. pen. ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per mancanza o contraddittorietà, con riferimento ai presupposti applicativi del predetto articolo.

Il ricorrente si è doluto del fatto che il Giudice dell’ udienza preliminare avesse motivato la decisione di disporre la confisca di quella vettura ritenendola bene strumentale rispetto al compimento del furto, laddove l’uso di quel mezzo da parte degli imputati era risultato, invece, del tutto occasionale, essendosi gli stessi recati in un comune vicino a quello di loro residenza. Inoltre, il Giudice oltre a non considerare che quell’auto non aveva caratteristiche tali da renderla pericolosa intrinsecamente, aveva omesso di motivare in ordine alla pericolosità sociale dell’imputato, così trascurando ogni verifica in ordine alla necessaria relazione che deve esistere tra l’attività criminale e la pericolosità dell’agente (dunque, il rischio di recidiva) ed il bene eventualmente da confiscare.

3. Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, non avendo il Tribunale spiegato in maniera esauriente le ragioni della scelta di confiscare la vettura e perchè il suo uso dovesse considerarsi necessario per l’esecuzione del reato accertato.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Ritiene la Corte che i motivi del ricorso siano infondati.

2. Nella giurisprudenza di questa Corte sono riconoscibili linee interpretative non sempre uniformi circa l’esatta individuazione dei presupposti applicativi dell’art. 240 cod. pen., comma 1, che, come noto, disciplina l’ipotesi della ed. confisca facoltativa, stabilendo che “il giudice può ordinare la confisca”, oltre che del prodotto o del profitto del reato”, anche “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato”.

Il problema di definire la portata applicativa di tale norma si è posto molto spesso in quei casi nei quali lo “strumento del reato”, cioè la cosa che servì alla commissione del reato, sia stato un autoveicolo e lo stesso sia stato impiegato per il trasporto dell’oggetto del reato.

In generale, allo scopo di evitare una eccessiva dilatazione applicativa della disposizione in esame, si è reputato di dover richiedere la verifica, da parte del giudice del merito, di una non episodica connessione strumentale tra il bene strumentale ed il reato. Così, si è reiteratamente sostenuto che il sequestro preventivo dì una cosa, di cui è consentita la confisca, implica l’esistenza di uno specifico, non occasionale e strutturale nesso strumentale tra “res” e reato, in quanto, nel perseguimento dei fini di difesa sociale, i diritti patrimoniali dei singoli non possono essere sacrificati in modo indiscriminato attraverso la sottrazione di cose la cui disponibilità è di per sè lecita, a meno che non siano oggetti va mente e specificamente predisposte, anche attraverso modificazioni, per l’attività criminosa. In applicazione di tale principio, ad esempio, questa Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza confermativa del provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro di un’autovettura che si era ritenuta utilizzata per la realizzazione dei reati di minaccia grave e di violenza privata (Sez. 5, n. 11949 del 14/01/2010, Margiotta, Rv. 246546); ha asserito che l’autovettura utilizzata per l’esercizio della caccia, con il supporto illecito di un faro alogeno montato su di essa, non è soggetta a confisca in quanto, privata del faro aggiuntivo, costituisce uno strumento destinato principalmente ad un uso diverso e in sè lecito (Sez. 3, n. 35705 del 09/06/2009, Martinelli, Rv. 244591); ed ha più volte puntualizzato che, nel caso di autovettura usata per il trasporto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio, non è sufficiente il semplice impiego di tale uso, ma è necessario un collegamento stabile con l’attività criminosa, che esprima con essa un rapporto funzionale (Sez. 6, n. 24756 del 01/03/2007, Muro Martinez Losa, Rv. 236973; Sez. 4, n. 43937 del 20/09/2005, Curraj, Rv. 232732), collegamento desumibile anche dall’impiego di manipolazioni, di particolari accorgimenti insidiosi o di modifiche strutturali ai mezzo, strumentali per l’occultamento o il trasporto di droga (Sez. 4, n. 13298 del 30/01/2004, Pani, Rv. 227886; Sez. 6, n. 34088 del 06/07/2003, Lomartire, Rv. 226687; Sez. 4, n. 9937 del 29/02/2000, Iliadis, Rv. 217376; Sez. 6, n. 3334 del 29/10/1996, Oliverio, Rv. 206885), non rilevando in tal caso – si è aggiunto – l’eventualità che tali oggetti conservino anche la funzionalità originaria e restino utilizzabili per finalità non delittuose (Sez. 6, n. 1158 del 08/07/2004, Sulika, Rv. 229983).

In antitesi a tale orientamento, oggi nettamente prevalente, vi è, invero, un indirizzo che appare minoritario per il quale, ai fini della confiscabilità facoltativa di un bene, senza pretendere necessariamente una verifica della presenza di eventuali modifiche oggettive del bene strumentale, si reputa sufficiente una prognosi negativa circa la commissione in futuro di altri reati servendosi della cosa in questione, nel senso che la stessa è ablabile laddove comunque potenzialmentee utile per la consumazione di altri delitti della stessa natura.

Seguendo tale impostazione, tesa a mettere in luce un concetto, per così dire, di strumentante astratta, l’attenzione è stata spostata dalla pericolosità obiettiva della cosa alla pericolosità soggettiva del reo, arrivando a sostenere che il giudice può disporre la confisca facoltativa ex art. 240 cod. pen.,, comma 1, delle cose che servirono a commettere il reato, allorchè ravvisi una pericolosità sociale dell’imputato, data dalla relazione tra l’attività criminosa e il bene confiscando, nel senso che quello specifico bene sia tale da agevolare o amplificare il pericolo di reiterazione del reato. Ne consegue che, eccettuata l’ipotesi del trasporto di quantità davvero minime di sostanze stupefacenti, e nell’ambito di un’attività del tutto occasionale e non organizzata, deve ritenersi che l’autovettura utilizzata per detto trasporto costituisca un bene strumentale indispensabile in qualsiasi attività di spaccio di sostanze stupefacenti, perfettamente compatibile, oltretutto, con il notevole valore economico dell’illecita attività esercitata, e pertanto il valore aggiunto di pericolosità sociale dato dalP autovettura dello spacciatore può considerarsi in re ipsa (Sez. 4, n. 34365 del 17/06/2004, Schoti, Rv. 229094; Sez. 2, n. 838 del 03/12/2003, Luyderer, Rv. 227864; Sez. 6, n. 11183 del 01/03/1989, Rivoli, Rv. 181947).

Questo Collegio ritiene di dover privilegiare una soluzione intermedia che, senza spostare la focale della valutazione da aspetti oggettivi a quelli soggettivi, ai fini della confisca ex art. 240 cod. pen., comma 17 superi l’idea che sia sempre necessario un nesso di indispensabilità tra la cosa ed il reato, ritenendo, invece, sufficiente l’esito positivo del controllo sulla esistenza di una strumentante in concreto tra il bene ed il reato, in ragione delle specifiche caratteristiche del primo ovvero delle modalità e circostanza di commissione del secondo.

Si è, così, condivisibilmente affermato che, in tema di confisca, per “cose che servirono a commettere il reato”, ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod. pen., devono intendersi quelle impiegate nella esplicazione dell’attività punibile, senza che siano richiesti requisiti di “indispensabilità”, ossia senza che debba sussistere un rapporto causale diretto e immediato tra la cosa e il reato nel senso che la prima debba apparire come indispensabile per l’esecuzione del secondo (Sez. 5, n. 14307 del 07/03/2006, Guadagno, Rv. 234591; Sez. 5, n. 2158 del 04/06/1993, Raia, Rv. 194836).

Ed allora, il nesso di strumentante tra la cosa ed il reato – bastevole per legittimare l’adozione del provvedimento applicativo della misura di sicurezza reale – va ricercato in concreto, considerando quello che è il ruolo rivestito dada cosa nella realizzazione dell’illecito per il quale vi è sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta, cioè il modo di commissione dello stesso.

In tal senso, si è detto che la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato… integra una misura di sicurezza patrimoniale che tende a prevenire la consumazione di futuri reati mediante l’esproprio di cose che, per essere collegate all’esecuzione di illeciti penali, manterrebbero, se lasciate nella disponibilità del reo, viva l’idea e l’attrattiva del reato. Ne deriva che la confisca in esame implica un rapporto di “asservimento” tra cosa e reato, nel senso che la prima deve essere oggettivamente collegata al secondo da uno stretto nesso strumentale che riveli effettivamente la possibilità futura del ripetersi di un’attività punibile, non essendo invece sufficiente un rapporto di mera occasionante (Sez. 6, n. 444 del 10/02/1994, Rilande, Rv. 198483).

Con la conseguenza che la confisca di una autovettura è legittima, in ipotesi di detenzione illecita di stupefacente, laddove la sostanza trasportata sia di quantitativo tale da rendere “indispensabile” l’automezzo (Sez. 4, n. 1598 del 21/06/1996, Ricci, Rv. 206546); ovvero, in una ipotesi (analoga a quella portata all’odierna attenzione della Corte) di furto, se la mercè sottratta sia talmente voluminosa da renderne “impossibile il trasporto a braccia”.

Nel caso di specie, il Tribunale di Trento ha fatto buon governo di tale regula iuris avendo sostenuto, con una motivazione congrua e logicamente coerente, che l’autoveicolo di proprietà del ricorrente, nel cui interno già era stata nascosta, oltre ad altra merce ricettata, un gran numero di attrezzi di lavoro oggetto del furto contestato, dovesse essere qualificato come bene che era servito a commettere quel reato, dunque potesse essere confiscato a mente dell’art. 240 cod. pen.,, comma 1, essendo stato acclarato che “solo utilizzando la autovettura I due imputati poterono raggiungere la frazione di Casez … altrimenti irraggiungibile in tempi brevi e con mezzi pubblici … e solo tramite la stessa poteva (o meglio avrebbero potuto) portare via con loro la refurtiva”.

irrilevanti sono gli aspetti fattuali che, nel ricorso, si è sostenuto che avrebbero dovuto condurre ad una differente soluzione.

Di certo non i, fatto che gli imputati sarebbero residenti in un comune vicino a quello ove si erano recati per commettere il furto, poichè, anzi, tale circostanza finisce per rafforzare la convinzione del carattere di strumentante in concreto dell’autovettura rispetto alle modalità di commissione di quel delitto, altrimenti non realizzabile in quella maniera, con quei tempi e con quell’oggetto. E neppure il fatto che la valutazione del primo giudice non si sarebbe spinta ad appurare l’esistenza di una relazione tra il bene da confiscare e pericolosità soggettiva dell’agente, trattandosi di rapporto – per le motivazioni sopra esposte – la cui esistenza non deve essere necessariamente verificata ai fini dell’adozione della misura di sicurezza de qua.

7. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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