SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sentenza  11 settembre 2012, n. 34562

 

Ritenuto in fatto

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del 6 ottobre 2006 con cui la Sezione distaccata di Giarre aveva condannato S.G. alla pena di Euro 900,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 570 comma 1 c.p., per essersi sottratto agli obblighi di assistenza inerenti la potestà genitoriale e alla qualità di coniuge.

2. L’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione con cui ha dedotto i seguenti motivi:

– nullità della notifica dell’avviso di deposito dell’estratto contumaciale, eseguita presso il difensore anziché presso il domicilio eletto in Riposto;
– omessa motivazione in ordine al motivo dedotto in appello e riguardante la violazione dell’art. 465 c.p.p., per avere il giudice di primo grado ammesso i testimoni indicati dalla parte civile nella lista depositata prima della costituzione stessa;
– vizio di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 570 c.p., in quanto la Corte territoriale ha giustificato la colpevolezza dell’imputato in relazione alla condotta di abbandono del domicilio domestico, senza considerare, anche per una mera confutazione, i motivi addotti per giustificare un tale comportamento. Peraltro, si evidenzia come la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni ritenuto che l’abbandono del domicilio coniugale può integrare il reato di cui all’art. 570 c.p. solo In assenza di una giusta causa, che può essere integrata anche da ragioni di carattere interpersonale tra i coniugi che non consentano la prosecuzione della vita in comune;
– vizio di motivazione e violazione dell’art. 62-bis c.p., lamentando la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato con riferimento al terzo motivo proposto.

La Corte d’appello, con motivazione sintetica, ha ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 570 comma 1 c.p. per l’allontanamento dell’imputato dall’abitazione coniugale.

Si osserva che il primo comma dell’art. 570 c.p. riconduce, anche lessicalmente, l’abbandono del domicilio domestico a una delle possibili condotte contrarie all’ordine o alla morale delle famiglie, richiedendo che la condotta di allontanamento si connoti di disvalore etico sociale, sicché rende punibile non l’allontanamento in sé, ma quello privo di una giusta causa.

Ne consegue che il giudice non può esaurire il proprio compito nell’accertamento del fatto storico dell’abbandono, ma deve ricostruire la situazione in cui esso s’è verificato, onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza.

Una tale ricostruzione non risulta compiuta nella decisione impugnata, che dopo aver dato atto che l’imputato non ha fatto venire meno i mezzi di sussistenza ai figli minori, ritiene, apoditticamente, ingiustificato l’abbandono del domicilio domestico, senza prendere in alcuna considerazione la lettera lasciata alla moglie, in cui lo S. giustifica la sua scelta con riferimento ad una situazione di intenso disagio nei rapporti con il proprio coniuge. In presenza di questo elemento, che sembra deporre per l’esistenza di una situazione di intollerabilità della vita coniugale, la Corte territoriale avrebbe dovuto, a maggior ragione, accertare la presenza di una giusta causa.

A tanto dovrà dunque provvedere il giudice del rinvio.

Pertanto, la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania per nuovo giudizio, che tenga conto di quanto sopra indicato.

4. La altre doglianze devono intendersi assorbite dall’accoglimento del motivo esaminato.

 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Catania per nuovo giudizio.

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