Revocabili gli arresti domiciliari per il dipendente delle entrate che abbia estorto del denaro per evitare accertamenti fiscali qualora in forza del licenziamento non sia in grado di reiterare il comportamento
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 30 novembre 2016, n. 50809
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovanni – Presidente
Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere
Dott. COSTANZO Angelo – rel. Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI BOLOGNA;
nei confronti di:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/05/2016 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO;
sentite le conclusioni del PG Dott. MARINELLI Felicetta che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 531/16 R.I.M.C.P. del 19/05/2916 il Tribunale di Bologna, riformando il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, ha qualificato il fatto ex articoli 56 e 319-quater c.p. e ha revocato la misura degli arresti domiciliari applicata a (OMISSIS) perche’, quale funzionario dell’Agenzia delle Entrate, aveva chiesto denaro a Marco Senni per evitare accertamenti fiscali sulla sua societa’.
2. Nel ricorso del Procuratore della Repubblica di Rimini si chiede l’annullamento dell’ordinanza deducendo: violazione dell’articolo 317 c.p. in relazione all’articolo 319-quater c.p. perche’ il fatto va qualificato ex articolo 317 c.p., avendo (OMISSIS) minacciato un indebito accertamento sull’impresa di (OMISSIS), che era intimorito dall’avere gia’ subito un controllo e non poteva ottenere vantaggi illeciti perche’ (OMISSIS) non aveva il potere di procurarglieli: b) violazione dell’articolo 56 c.p. e correlato vizio di motivazione perche’ (OMISSIS) promise la dazione gia’ prima di essere sentito dai carabinieri, c) vizio di motivazione sulla revoca della misura cautelare, che fa cessare la sospensione dal servizio, mentre permane l’indebitamento che gia’ spinse (OMISSIS) a delinquere e modesta risulta l’efficacia deterrente della avvenuta pubblicizzazione del fatto.
3. Nella memoria difensiva depositata il 7/09/2016 nell’interesse di (OMISSIS) si chiede il rigetto del ricorso assumendosi corrette la qualificazione giudica del fatto e la revoca della misura cautelare, anche in considerazione dell’avvenuto licenziamento senza preavviso di (OMISSIS) da parte della Direzione dell’Agenzia delle entrate notificato il 25/07/2216 (atto allegato alla memoria).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente rilevato che il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall’articolo 611, c.p.p. per i procedimenti in camera di consiglio, si applica pure ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime questa Corte dall’esaminare la suindicata memoria (Sez. 3, n. 50200 del 28/04/2015, Rv. 265935), ma – in assenza di espliciti divieti non vale per i documenti, sempre ammissibili se processualmente rilevanti (Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Rv. 259618), come il suindicato atto allegato alla memoria difensiva.
2. Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente e risultano infondati. La concussione (articolo 317 c.p.) e’ costituita da un abuso costrittivo del pubblico agente – attuato mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius – con una grave limitazione della liberta’ di determinazione del destinatario, che – senza vantaggio indebito per se’ – deve scegliere se subire un danno o evitarlo dando o promettendo un’utilita’ indebita e si distingue dalla induzione indebita, (articolo 319-quater c.p.), configurantesi come persuasione, suggestione, inganno o induzione in errore, pressione morale che conduce il destinatario a prestareo’ acquiescenza alla richiesta, mosso dalla prospettiva di conseguire un vantaggio (Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258470). Nella fattispecie, Il Tribunale ha correttamente riqualificato il fatto ex articolo 319-quater c.p., perche’ la prospettazione di (OMISSIS) mirava a procrastinare accertamenti fiscali comunque inevitabili per la tipologia dell’azienda di (OMISSIS), e ravvisato un tentativo, perche’ (OMISSIS) e il commercialista (OMISSIS) (soltanto con lui (OMISSIS) ebbe rapporti diretti) chiesero l’intervento dei carabinieri prima di effettuare la dazione (pag. 9): il 18/04/2016 (OMISSIS) si reco’ dai Carabinieri denunciando quanto andava accadendo e informandoli che (OMISSIS) intendeva collaborare e fu (OMISSIS) a intrattenere i rapporti con (OMISSIS) e a incontrarlo il 22/04/2016 con videoregistrazione dell’incontro con apparecchiatura fornita dai Carabinieri, secondo il programma concordato. In realta’, (OMISSIS) non riusci’ a indurre (OMISSIS) a dare o a promettere qualcosa ma a rivolgersi ai Carabinieri e a consentire che (OMISSIS) si accordasse apparentemente con (OMISSIS) sotto osservazione della polizia giudiziaria
Le condotte di colui che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente e la prima si configura solo come tentativo se l’evento non si verifica per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni, tanto piu’ se espressa con una denuncia (Sez. 6, n. 6846 del 12/01/2016, Rv. 265901; Sez. 6, n. 46071 del 22/07/2015, Rv. 265351). Nel caso in esame la denuncia anteriore alla promessa (fittizia) ha impedito il perfezionarsi della sequenza che nel reato ex articolo 319-quater c.p. salda l’induzione da parte dell’ufficiale o incaricato di pubblico servizio con la indebita promessa o dazione da parte del privato (analogamente, mutatis mutandis, in tema di concussione: Sez. 6, n. 10355 del 07/06/2007, dep. 2008, Rv. 238912; Sez. 6, n. 11384 del 21/01/2003, Rv. 22719601).
3. Poiche’ nel nostro ordinamento non esiste un interesse meramente teorico all’esattezza della decisione, difetta di interesse il ricorso del pubblico ministero contro l’ordinanza del Tribunale del riesame, mirante a una diversa qualificazione giuridica del fatto, se questa non influisce sulla revoca della misura cautelare in corso o sulla riduzione dei suoi termini di durata massima 01/2014, Rv. 258049; Sez. 6, n. 10309 del 22/01/2014, Rv. 259506) o su altri punti che possano interessare il pubblico ministero (Sez. 5, n. 46151 del 15/10/2003, Rv. 227860). Nel caso in esame la qualificazione del fatto ex articolo 317 c.p. oppure ex articoli 56 e 319-quater c.p. non comporta differenze per la durata o per altro profilo del regime cautelare (entrambi i reati rientrano nella fascia dei reati con pena massima superiore ai 6 anni). Tuttavia, l’interpretazione degli elementi indiziari puo’ influire sulla valutazione delle esigenze cautelari con particolare riferimento al rischio di inquinamento probatorio e al rischio di reiterazione delle condotte.
Relativamente alle esigenze cautelari, il Tribunale ha escluso il rischio di inquinamento delle prova considerandola consolidata sulla base delle fonoregistrazioni dei colloqui e dell’accertamento del reato in flagranza e ha ridimensionato il rischio di reiterazione della condotta per la sua occasionalita’, escludendone l’attualita’ in considerazione della sospensione dal servizio e del clamore prodotto dalla vicenda, svoltasi in un ambito territoriale circoscritto e pubblicizzata dai giornali locali. La motivazione del Tribunale non presenta vizi logici e, per quel che concerne il venir meno della sospensione dal servizio con la revoca della misura, deve registrarsi che l’indagato e’ stato licenziato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
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