Il reato di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12 sexies e’ integrato dal mero inadempimento e prescinde dallo stato di bisogno dell’avente diritto, rilevante, invece, ai fini della sussistenza del reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, nella fattispecie escluso relativamente alla condotta posta in essere ai danni della moglie, ma sussistente per i figli minori, per i quali lo stato di bisogno non necessita di dimostrazione, atteso che la minore eta’ dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi detti mezzi di sussistenza.

Considerato che entrambi i genitori sono tenuti ad ovviare allo stato di bisogno del figlio che non sia in grado di procurarsi un proprio reddito e che l’imputato non aveva versato l’assegno di mantenimento ne’ mai contribuito alle spese straordinarie, la Corte ha ritenuto conseguentemente integrato l’elemento oggettivo del reato.

Dovendo intendersi l’incapacita’ assoluta, come incapacita’ economica non momentanea, ma estesa all’intero periodo dell’inadempimento, e tale da integrare una persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti con efficacia scriminante

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 3 novembre 2016, n. 46250

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovanni – Presidente
Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 28/04/2016 della Corte di appello di Campobasso;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere CRISCUOLO Anna;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio in relazione all’aumento per la continuazione.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In parziale riforma della sentenza emessa il 10 maggio 2013 dal Tribunale di Campobasso nei confronti di (OMISSIS), la Corte di appello di Campobasso lo ha assolto dal delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, limitatamente alla condotta commessa ai danni della moglie divorziata perche’ il fatto non sussiste, e per l’effetto ha rideterminato la pena in mesi uno e giorni quindici di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Il (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile dei reati di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12 sexies e articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, per aver omesso di versare dal (OMISSIS) la somma di 1.450 Euro mensili dovuta per il mantenimento della moglie divorziata e dei tre figli minori oltre alla meta’ delle spese straordinarie per i bisogni degli stessi, stabilita nella sentenza di divorzio del (OMISSIS), ma la Corte di appello ha escluso la sussistenza del reato di cui all’articolo 570 c.p., non risultando provato che in detto periodo il coniuge versasse in stato di bisogno.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore del (OMISSIS), che articola sei motivi:

2.1 violazione di legge: la Corte di appello ha rigettato la richiesta di acquisizione di prove decisive, sopravvenute rispetto all’istruttoria svolta in primo grado ed idonee a dimostrare l’assoluta incapacita’ economica del (OMISSIS) e la enorme capacita’ economica della moglie, ritenendo la produzione irrituale: in tal modo non sono stati acquisiti elementi che avrebbero condotto all’assoluzione dell’imputato;

2.2 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale: la Corte di appello non ha accertato l’effettiva capacita’ economica dell’imputato, che nel periodo in contestazione non aveva uno stipendio fisso, in quanto nel periodo la sua societa’, dichiarata fallita nel (OMISSIS), ha subito una grave truffa per 100 mila Euro con la conseguenza che il ritardato adempimento e’ giustificato da una situazione di incolpevole indisponibilita’ di mezzi: peraltro, il ritardo nella corresponsione dell’assegno integra solo un inadempimento civile, non trattandosi di inadempimento grave, diretto a far mancare il mantenimento ai minori;

2.3 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale: la Corte di appello ha ritenuto che il mero inadempimento integri il reato di cui alla L. n. 898 del 1970, ma non ha tenuto conto che il (OMISSIS) versava in una situazione di incapacita’ economica assoluta ed incolpevole;

2.4 contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione ed erronea individuazione della pena applicabile: la Corte di appello ha applicato le pene di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, ritenendo erroneamente che la L. n. 898 del 1970, articolo 12 sexies, rimandi alla pena fissata in detta norma e non a quella di cui al comma 1, tant’e’ che ha applicato la pena congiunta della reclusione e della multa in luogo della pena alternativa;

2.5 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per violazione dell’articolo 163 c.p.: la Corte di appello non ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, nonostante il beneficio fosse stato gia’ concesso con una precedente sentenza per un reato oggi estinto; peraltro, il comportamento dell’imputato, che ha corrisposto al coniuge tutte le mensilita’ arretrate, fonda una prognosi positiva;

2.6 le ragioni esposte giustificano la riforma delle statuizioni civili della sentenza.

3. Il ricorso e’ infondato e va, pertanto, rigettato.

3.1 E’ infondato il primo motivo, in quanto secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede di appello, il giudice, ove trattasi di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, deve disporre la detta rinnovazione osservando i soli limiti previsti dall’articolo 495 c.p.p., comma 1, che richiama la regola generale stabilita dall’articolo 190 c.p.p., comma 1, secondo cui il giudice ammette le prove, escludendo quelle vietate dalla legge o quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti: ne consegue che l’assunzione di prove nuove deve sempre essere vagliata dal giudice di appello sotto il profilo dell’utilita’ processuale, non invece sotto il profilo della loro indispensabilita’ o assoluta necessita’ (Sez. 3, n. 42965 del 10/06/2015, Rv. 265200).

Nel caso di specie gia’ la sentenza di primo grado dava atto della produzione del decreto di citazione a giudizio relativo ad un procedimento per truffa in cui il (OMISSIS) e’ persona offesa, ma rilevava che si trattava di fatti avvenuti anni prima rispetto al periodo in contestazione; dava anche atto del deposito di vari vaglia e copie di assegni, prodotti dalla difesa a dimostrazione dell’avvenuta corresponsione del dovuto, ma, evidenziava che dall’analisi puntuale di detti titoli, imputabili a periodi diversi, era emerso il mancato versamento delle mensilita’ dovute nel periodo di cui all’imputazione e della meta’ delle spese straordinarie – v. pagina 2 della sentenza di primo grado.

Pertanto, la richiesta di produrre documentazione di data successiva ai fatti oggetto del procedimento e’ stata correttamente ritenuta ininfluente, non potendo incidere retroattivamente fatti successivi (le vicende societarie, sfociate nel fallimento del (OMISSIS) sono del (OMISSIS) e la stessa transazione con il coniuge e’ di tale anno) sulle condotte contestate, risalenti al periodo (OMISSIS).

3.2 Infondati sono anche il secondo ed il terzo motivo ai quali la Corte di appello ha fornito motivata e corretta risposta, in linea con i principi affermati da questa Corte, secondo i quali il reato di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12 sexies e’ integrato dal mero inadempimento e prescinde dallo stato di bisogno dell’avente diritto (Sez. 6, n. 44086 del 14/10/2014, Rv. 260717; Sez. 6, n. 3426 del 05/11/2008, dep. 2009, Rv. 242680), rilevante, invece, ai fini della sussistenza del reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, nella fattispecie escluso relativamente alla condotta posta in essere ai danni della moglie, ma sussistente per i figli minori, per i quali lo stato di bisogno non necessita di dimostrazione, atteso che la minore eta’ dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi detti mezzi di sussistenza (Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014 Rv. 261871 e Sez. 6, n. 20636 del 02/05/2007 Rv. 236619).

Considerato che entrambi i genitori sono tenuti ad ovviare allo stato di bisogno del figlio che non sia in grado di procurarsi un proprio reddito e che l’imputato non aveva versato l’assegno di mantenimento ne’ mai contribuito alle spese straordinarie, la Corte ha ritenuto conseguentemente integrato l’elemento oggettivo del reato.

Dovendo intendersi l’incapacita’ assoluta, come incapacita’ economica non momentanea, ma estesa all’intero periodo dell’inadempimento, e tale da integrare una persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti con efficacia scriminante (Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, Rv. 264667; Sez. 6, n. 41362 del 21/10/2010, Rv. 248955), correttamente i giudici di merito hanno escluso che l’imputato versasse in condizione di assoluta incapacita’ economica, non risultando la circostanza rigorosamente documentata.

3.3 Parimenti infondato e’ il quarto motivo, atteso che la pena base e’ stata correttamente determinata in relazione al reato piu’ grave, individuato nel reato di cui al capo B) commesso in danno dei figli minori, e della sussistenza del concorso formale eterogeneo tra il delitto di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12 sexies e quello di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, qualora la mancata corresponsione dell’assegno divorzile faccia, altresi’, mancare al figlio minore i mezzi di sussistenza, come nella fattispecie (Sez. 6, n. 12307 del 13/03/2012, Rv. 252605; Sez. 6, n. 34736 del 16/06/2011 Rv. 250839).

3.4 Anche il quinto motivo, meramente reiterativo di una censura gia’ motivatamente disattesa, non tiene conto della giustificazione fornita dalla Corte di appello, che ha chiarito che il reato per il quale vi fu condanna a pena condizionalmente sospesa non e’ depenalizzato ne’ ha ravvisato elementi favorevoli, idonei a fondare una prognosi positiva, specie in ragione del precedente specifico e della circostanza, valorizzata nella sentenza di primo grado, che gli adempimenti non risultavano spontanei, ma solo e sempre successivi ad intimazioni e pignoramenti.

3.5 Del tutto generico ed aspecifico e’, infine, l’ultimo motivo, che si risolve nella richiesta di modifica delle statuizioni civili in ragione delle circostanze illustrate nei precedenti motivi.

Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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