Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 24 luglio 2017, n. 36760

L’omessa indicazione all’ufficiale giudiziario da parte del debitore esecutato della titolarita’ delle quote della s.a.s. non integra il reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 6, il quale ha ad oggetto l’omessa o falsa dichiarazione in ordine a beni pignorabili e non quelli – come dette quote sociali impignorabili e, come tali, esclusi all’obbligo dichiarativo

Sentenza 24 luglio 2017, n. 36760
Data udienza 6 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni – Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – rel. Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 30/05/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere CAPOZZI ANGELO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LORI PERLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze, a seguito di gravame interposto dall’imputato (OMISSIS) avverso la sentenza emessa il 15.11.2013 dal GIP del locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto e’ stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 6 e condannato a pena di giustizia, oltre le statuizioni civili.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, con atto del difensore, deduce:

2.1. Erronea applicazione dell’articolo 388 c.p., comma 6, in relazione alla affermata irrilevanza della impignorabilita’ del bene e, segnatamente, della quota sociale in questione in relazione alla quale secondo l’articolo 2305 c.c., previsto per le s.n.c. ma applicabile alla s.a.s. in virtu’ del richiamo dell’articolo 2315 c.c., – il creditore particolare del socio, finche’ dura la societa’, non puo’ chiedere la liquidazione della quota del socio debitore. Di qui la sua impignorabilita’. Tanto si riverbererebbe inevitabilmente sull’elemento psicologico del reato.

2.2. Inosservanza degli articoli 163 e 164 c.p., articoli 597 e 599 c.p.p., sussistendo le condizioni per la concessione delle attenuanti generiche o, anche, quelle per la non punibilita’ del fatto ai sensi dell’articolo 131 bis c.p., e, comunque, quelle per la concessione ordinaria e non subordinata della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto essendo fondato il primo motivo.

2. Il reato ascritto all’imputato riguarda la falsa dichiarazione all’ufficiale giudiziario in ordine a cose o crediti pignorabili: nella specie e’ stata contestata la omessa dichiarazione della titolarita’ in capo all’imputato di un quota, quale socio accomandante, di una societa’ in accomandita semplice.

3. Per l’espressa previsione dell’articolo 2305 c.c., richiamato per le s.a.s. dall’articolo 2315 c.c., il creditore particolare del socio, finche’ dura la societa’, non puo’ chiedere la liquidazione della quota del socio debitore. Rispetto a tale previsione quella dell’articolo 2322 c.c., circa la trasmissibilita’ della quota sociale, non costituisce espressione di una deroga alla predetta regola.

Come ha chiarito Cass. Civ. Sez. 1, n. 15605 del 07/11/2002 (Rv. 558296 – 01), “le quote delle societa’ di persone non possono.. quanto meno in linea di principio, essere espropriate finche’ dura la societa’ a beneficio dei creditori particolari dei soci…. Il principio non e’ enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle societa’ personali, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le partecipazione sociale puo’ essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (articoli 2252, 2284 e 2322 c.c.). L’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volonta’ degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novita’” incompatibile con i caratteri di tale tipo di societa’. S’intende allora perche’ il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilita’ di richiedere (non gia’ l’espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della societa’, non determina alcuna

variazione nella composizione della compagine sociale.

Questa scelta chiarisce, altresi’, che l’inespropriabilita’ della quota non si ricollega ad un’esigenza di tutela dei creditori sociali (infatti la liquidazione della quota, comportando la diminuzione del patrimonio sociale, e’ meno conveniente per tali soggetti), ma e’ posta a protezione dei soci, in considerazione della particolare rilevanza che l’individualita’ di ciascuno di essi assume nei loro reciproci rapporti”.

4. Esula – pertanto – dall’alveo di legittimita’, la Corte di merito che ha rigettato la analoga doglianza in appello ritenendo irrilevante la questione circa la impignorabilita’ della quota sociale in capo al ricorrente, assumendo trattarsi di un reato ai danni della amministrazione giudiziaria, che si realizza per il solo fatto di aver tenuto celata, in sede di dichiarazione all’ufficiale giudiziario, la titolarita’ di un bene.

Deve, invece, rilevarsi che la dichiarazione alla quale – ai sensi dell’articolo 492 c.p.c., comma 4, – e’ tenuto il debitore in sede di esecuzione e la cui omissione o falsita’ e’ sanzionata dall’articolo 388 c.p., comma 6, – ha ad oggetto solo i beni pignorabili e non la generalita’ di quelli nella sua disponibilita’, sicche’ – al contrario di quanto assume la Corte di merito – rilevante e’ la questione sulla pignorabilita’ del bene che, nella specie e per quanto sopra detto, va esclusa.

5. In conclusione, deve essere affermato che l’omessa indicazione all’ufficiale giudiziario da parte del debitore esecutato della titolarita’ delle quote della s.a.s. non integra il reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 6, il quale ha ad oggetto l’omessa o falsa dichiarazione in ordine a beni pignorabili e non quelli – come dette quote sociali impignorabili e, come tali, esclusi all’obbligo dichiarativo.

6. Pertanto, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste

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