Corte di Cassazione, sezione VI penale, ordinanza 17 novembre 2016, n. 48706

Saranno le sezioni unite a dirimere il contrasto sulla possibilità di fare appello contro il no alla revoca della confisca.

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

ordinanza 17 novembre 2016, n. 48706

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
Dott. COSTANZO Angelo – rel. Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso il decreto del 26/11/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE;

sentita la relazione svolta dal Consigliere COSTANZO ANGELO;

lette le conclusioni del PG Dott. FILIPPI PAOLA che chiede ritrasmettere alla Corte di appello di Firenze l’appello del Pubblico ministero.

RITENUTO IN FATTO

1. Nel proc. n. 8/15 MP-SIPPI la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’appello del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze contro il provvedimento con cui il Tribunale di Firenze ha respinto (per mancanza dei presupposti soggettivi) la richiesta di applicare la misura di sicurezza della confisca di beni nei confronti di (OMISSIS), con propedeutico sequestro, e – non ritenendo appellabile Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 27, il provvedimento del Tribunale – ha trasmesso il ricorso alla Corte di cassazione ex articolo 568 c.p.p., comma 5.

2. Il Procuratore generale, aderendo alla interpretazione secondo cui il provvedimento di diniego della confisca e’ appellabile, chiede che questa Corte ritrasmetta alla Corte di appello di Firenze il ricorso del Pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 27, commi 1 e 2, statuisce che: “1. I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore generale presso la corte di appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati.

2. Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10. I provvedimenti che dispongono la confisca dei beni sequestrati, la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia diventano esecutivi con la definitivita’ delle relative pronunce”.

2. Nella materia si contrappongono due indirizzi fra loro contrari sia nel metodo sia nell’esito.

2.1. Secondo il primo indirizzo, sinora seguito nella Sesta sezione, IL Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27, comma 1, indica esplicitamente alcuni provvedimenti da comunicare senza indugio alle parti, pubbliche e private, del processo di prevenzione. Tra questi menziona la revoca del sequestro (la quale conclude un giudizio di prevenzione che segue alla concessione del provvedimento di ablazione temporanea) ma non la mera reiezione della richiesta di confisca (che non e’ preceduta da un iter processuale che abbia portato alla iniziale provvisoria concessione del sequestro). Il comma 2, della disposizione definisce l’ambito oggettivo dei provvedimenti appellabili (perimetro delineato dal riferimento al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10) richiamando solo i provvedimenti elencati nel comma 1. Ne deriva la non appellabilita’ del rigetto della richiesta di confisca non preceduta da sequestro, perche’ l’elenco degli atti impugnabili e’ tassativo (articolo 568 c.p.p., comma 1). Pertanto, “il decreto di rigetto, Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articoli 20 e 22, della richiesta di confisca non preceduta da sequestro anticipatorio, non e’ appellabile ma ricorribile per cassazione per violazione di legge, per il rinvio all’articolo 666 c.p.p., D.Lgs n. 159 del 2011, ex articolo 7, comma 9, e articolo 23”, e comunque ex articolo 568 c.p.p. (Sez. 6, n. 26842 del 03/06/2015, Rv. 263948; Sez. 6, n. 46478 del 17/10/2013, Rv. 257748).

A sostegno di questa posizione – che si autodefinisce come improntata a una “stretta interpretazione letterale della disciplina normativa di riferimento” – viene ulteriormente osservato che: a) una interpretazione piu’ estesa “inciderebbe sulle prerogative sostanziali e processuali del prevenuto, modificandone negativamente l’assetto garantito dalla tassativita’ della indicazione degli atti impugnabili”; b) la limitazione dell’appellabilita’ dei provvedimenti di diniego della confisca alle sole decisioni precedute dalla concessione del sequestro “trova una sua logica giustificativa proprio nella valutazione originariamente resa in occasione della concessione del provvedimento anticipatorio”, mentre l’appellabilita’ risulta “non confacente all’interesse della collettivita’ la’ dove, neppure nella considerazione sommaria che accompagna la concessione del provvedimento anticipatorio siano stati riscontrati (…) i presupposti utili alla adozione del provvedimento ablativo”, ferma restando, comunque, la possibilita’ di impugnare siffatta decisione in sede di legittimita’ e per profili inerenti alla mera violazione di legge (Sez. 6, n. 46478 del 2013, citata).

2.2. A esito opposto giunge l’indirizzo che, nella piu’ recente delle sentenze che lo adottano, si definisce interpretazione costituzionalmente orientata del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27 e afferma che “il decreto con cui il Tribunale rigetta la richiesta di applicazione della misura patrimoniale della confisca non preceduta da sequestro anticipatorio e’ impugnabile mediante appello, all’esito del quale il giudice del gravame puo’ disporre per la prima volta sia la confisca sia, ove ne ricorrano i presupposti, il sequestro, quale misura urgente volta ad evitare la dispersione dei beni e ad assicurare il conseguimento delle finalita’ cui e’ preordinata la confisca (Sez. 2, n. 26303 del 24/05/2016, Rv. 26715201).

Nella stessa line)a precedenti sentenze hanno affermato che la appellabilita’ del decreto con cui il Tribunale rigetta la richiesta di confisca non preceduta da sequestro deriva, sebbene non specificamente prevista, dalla ratio normativa e evita di trattare difformemente situazioni che sono analoghe perche’ risolventisi nella mancata ablazione di beni ritenuti di provenienza illecita (Sez. 5, n. 6083 del 01/10/2015, dep. 2016, Rv. 266603; Sez. 1, n. 43796 del 24/09/2015, Rv. 264754; Sez. 1, n. 43795 del 24/09/2015, Rv. 264856; Sez. 5, n. 494 del 01/10/2014, dep. 2015, Rv. 262213). A sostegno di questo indirizzo sono addotti vari argomenti: a) l’interpretazione letterale del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27, renderebbe i poteri di impugnazione del Pubblico ministero (contro il rigetto della richiesta di confisca non preceduta da sequestro potrebbe solo ricorrere per cassazione per violazione di legge) minori di quelli dell’imputato e dovrebbe reggersi su una ragionevole giustificazione in termini di adeguatezza e proporzionalita’, come ricordato dalla Corte costituzionale (sentt. nn. 26 e 320 del 2007) che invece non si ravvisa, anche perche’ se si ammette l’appello del Pubblico ministero contro il rigetto della mera richiesta di confisca, l’esercizio del diritto di difesa e’ assicurato al proposto dal contraddittorio di primo grado e dalla possibilita’ di presentare memorie di replica alle argomentazioni espresse dal Pubblico ministero nell’atto di appello; b) “non e’ dato comprendere per quale ragione il legislatore avrebbe escluso un gravame di merito solo avverso il diniego di confisca non preceduto da sequestro, lasciando aperta tale possibilita’ quando la revoca del sequestro recentemente disposto si traduca in un impedimento alla confisca” (Sez. 2, n. 26303 del 2016, cit.) perche’ non convince l’argomento che la previa concessione del sequestro fonda una esigenza di maggiore approfondimento nel merito, se si considera che la precedente valutazione e’ stata espressa dallo stesso giudice che ha poi disposto la revoca. Inoltre, viene osservato che l’interpretazione letterale del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27, conduce: a) a un irrazionale frazionarsi del procedimento nel caso di rigetto della richiesta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale proposta congiuntamente a quella patrimoniale; b) a privare di unitarieta’ il sistema delle misure di prevenzione che, invece, come precisato dalla Corte costituzionale (sent. n. 106/2015) ha carattere unitario perche’ mira a accertare una pericolosita’ che rileva sia per le misure di prevenzione personale sia per quelle di prevenzione patrimoniale. Un ulteriore argomento viene sviluppato nei termini che seguono: “la lettura logico-sistematica del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 24, 20 e 22, rende evidente che (…) la funzione delle varie forme di sequestro (…) e’ quella di anticipare gli effetti della confisca e la loro eventuale adozione e’ meramente eventuale e, in ogni caso, strumentale ad assicurare le finalita’ dalle stesse perseguite”, per cui “ritenere ammissibile l’appello soltanto riguardo alla revoca del sequestro e non al diniego della confisca provocherebbe una grave disarmonia sistematica, riservando illogicamente una disamina piu’ approfondita nel merito unicamente a un provvedimento internale e provvisorio piuttosto che a quello principale cui esso accede” (Sez. 1, nn. 43795 e 43796 del 2015, citate).

3. E’ palese la incompatibilita’ fra le affermazioni di principio espresse dai due sopra richiamati indirizzi della giurisprudenza di questa Corte, quale emerge anche dalla comparazione fra le massime che ne sono state estratte. Nelle sentenze che li esprimono sono esplicitate argomentazioni volte a confutare quelle dell’indirizzo contrario, per cui risulta esservi un consapevole contrasto giurisprudenziale che rende doveroso, ex articolo 618 c.p.p., rimettere la questione alle sezioni unite (Sez. 6, n. 2801 del 12/10/1993 Rv. 19602901; Sez. 6, n. 865 del 24/03/1993, Rv. 19419301).

P.Q.M.

Rimette la questione alle sezioni Unite

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