contrassegno disabile

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  9 gennaio 2014, n. 258 

Rilevato in fatto ed osservato in diritto

Il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:
“OSSERVA IN FATTO.
1 – F.A. , titolare di tesserino di invalido civile al 100%, con sei ricorsi, propose opposizione, innanzi al Giudice di Pace di Roccasinibalda, avverso altrettanti verbali di accertamento di violazione dell’art. 7, comma 14 elevati tra il 12 agosto 2005 ed il 27 settembre 2006 dalla Polizia Municipale del Comune di Longone Sabino, per aver il predetto posteggiato la propria autovettura al di fuori degli spazi riservati agli invalidi presenti in loco ed in zona permanentemente interdetta alla sosta.
2 – In ciascuno dei ricorsi il F. aveva sostenuto che lo spazio riservato si trovava distante dalla propria abitazione e che l’utilizzazione del medesimo l’avrebbe obbligato ad percorrere una strada in ripida salita per raggiungere il proprio immobile; rilevò inoltre che la sosta nello spazio innanzi ad esso non avrebbe causato intralcio alla circolazione.
3 – Con distinte sentenze il Giudice di Pace accolse l’opposizione; il Tribunale di Rieti invece, riuniti i ricorsi, riformò dette pronunce osservando che il F. pur essendo titolare del contrassegno per invalidi, non sarebbe stato autorizzato alla sosta in quanto la pur rilasciata autorizzazione copriva un arco temporale – dal 24 novembre 2005 al 31 maggio 2006 – diverso da quello interessato dalle violazioni.
4 – Per la cassazione di tale decisione il F. ha proposto ricorso sulla base di un solo motivo; il Comune ha risposto con controricorso.
RILEVA IN DIRITTO.
5 – Parte ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 188 codice della strada, in relazione con il disposto dell’art. 11 del d.P.R. 503/1996, assumendo che il giudice dell’impugnazione non avrebbe tratto dal combinato disposto di tali norme il significato loro proprio, vale a dire che il titolare del contrassegno per invalidi, disciplinato dall’art. 12 del d.P.R. 503/1996, dovrebbe dirsi legittimato, tra l’altro, a parcheggiare la propria vettura anche al di fuori degli spazi espressamente riservati alle persone diversamente abili, con il solo limite dell’ostacolo che tale sosta potrebbe creare alla libera circolazione, senza dunque la necessità di un’ulteriore autorizzazione sindacale; sostiene il ricorrente che la interpretazione del Tribunale avrebbe omesso di considerare che il rilascio del contrassegno ex art. 12 citato avrebbe costituito solo il mezzo per l’esplicazione del diritto alla libera circolazione delle persone portatoci di disabilità e che in questa, una volta rilasciato il contrassegno, era prevista la facoltà di sostare ove fosse più agevole per la loro deambulazione.
6 – Osserva il relatore che tale interpretazione, che conferisce rilievo al solo fatto di essere in possesso del contrassegno ex art. 12 – rilasciato previa istruttoria meramente tecnica, dal Sindaco – non è condivisibile in quanto omette di considerare che la libera circolazione – in senso lato, comprendendovi anche il diritto di parcheggiare – deve essere altresì disciplinata nei suoi aspetti applicativi: dunque se nella stessa piazza del Comune di Roccaranieri, frazione di quello di Longone Sabino, nei cui pressi è l’abitazione del ricorrente, vi sono degli appositi spazi dedicati alla sosta per i portatori di inabilità, appare evidente che questo stato dei luoghi legittima l’uso del potere discrezionale del Sindaco di limitare l’autorizzazione in deroga ai casi in cui non sia stata predisposta alcuna possibilità di accesso o di sosta facilitati per le persone diversamente abili e soprattutto non legittima il superamento dell’interdizione assoluta alla sosta vigente in loco.
6.a – Quanto a quest’ultimo punto, ritiene il relatore necessario rilevare che il ricorrente parte da un assunto logico del tutto non condivisibile: ritiene cioè di poter posteggiare la propria vettura ove ritenuto più confacente alla propria disabilità – bronchite cronica – con l’unico limite del non costituire intralcio alla circolazione, dimenticando però che il concetto di intralcio non riguarda solo un dato di fatto contingente ma interessa anche come nel concreto l’autorità comunale abbia inteso regolare il transito e la sosta in un determinato luogo: se dunque vi sia – come appare esservi stato nella fattispecie – un divieto permanente alla sosta, questo stava a significare che in quello spazio l’autorità amministrativa riteneva – in rerum natura si vorrebbe dire – esistente una situazione di potenziale intralcio alla circolazione che con il divieto in questione voleva eliminare: non ammissibile appare dunque il superamento di tale interdizione amministrativa – che tende a preservare dalla sosta quei luoghi ove la stessa è vietata dalle principali norme di comportamento – seguendo una soggettiva interpretazione del concetto di ostacolo al pubblico transito.
7 – Pur non tralasciando di sottolineare il carattere assorbente delle suesposte osservazioni, non va omesso di considerare, ad avviso del relatore, che il ricorso non ha neppure esaminato il proprium della fattispecie (indicato a fol. 5 della gravata decisione): non ha cioè tenuto conto che la contestazione mossa al ricorrente riguardava non tanto o soltanto di aver lasciato la propria vettura in sosta in luoghi ove essa era assolutamente interdetta – e pur in presenza di spazi riservati alle persone diversamente abili-, quanto piuttosto di aver usato del titolo abilitativo in deroga, al di fuori del periodo in cui esso aveva efficacia (dal 24 novembre 2005 al 31 maggio 2006 a fronte di violazioni contestate il 12, 13 e 20 agosto 2005; 28 agosto e 27 settembre 2006): pur dunque se si fosse attribuita l’efficacia – qui negata – al rilascio del c.d. titolo abilitativo, tuttavia l’esercizio delle condotte di guida in deroga alle prescrizioni del codice della strada avrebbe dovuto rispettare i limiti – in questo caso: temporali- contenuti nel provvedimento autorizzativo, da considerarsi coessenziali al diritto che essi garantivano.
8 – Se verranno condivise le suesposte argomentazioni il ricorso è idoneo ad esser trattato in camera di consiglio per esser quivi dichiarato manifestamente infondato”.
La predetta relazione è stata notificata alle parti e comunicata al P.G.; è stata depositata memoria ex art. 380 bis cpc. da parte del ricorrente.
I – Ritiene il Collegio di aderire alle conclusioni esposte nella relazione, non avendo la memoria depositata da parte ricorrente, fornito argomenti critici idonei a disattenderne le argomentazioni; va inoltre osservato che la deduzione difensiva (v. fol. sesto della memoria “ex art. 378 cpc”), con la quale si porta a conferma delle ribadite critiche all’impugnata decisione, la circostanza secondo la quale il F. sarebbe “titolare da sempre di contrassegno che vale a tempo indeterminato su tutto il territorio nazionale” introduce un elemento di fatto – comunque non delibabile in questa sede – nuovo ed in contrasto con la durata temporanea della concessione della quale si discute come risulta accertata nella gravata sentenza.
II – Il ricorso va dunque rigettato e parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese che si liquidano come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

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