servitù

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 7 aprile 2014, n. 8120

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6827/2013 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3401/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO del 9.10.2012, depositata il 23/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO PROTO;
udito per i ricorrenti l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta ai motivi del ricorso e chiede la trattazione dello stesso in pubblica udienza;
udito per la controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti ed insiste per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la prescritta relazione all’esito della quale ha concluso che il ricorso puo’ essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli articoli 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato manifestamente infondato.Il ricorso e’ stato fissato per l’esame in camera di consiglio e sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite.Le parti costituite hanno presentato memorie ex articolo 380 bis c.p.c.
In particolare nella relazione era stato osservato, in fatto e in diritto, quanto segue:
“1. Con citazione del 16/9/2005 (OMISSIS) conveniva in giudizio i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo dichiararsi l’inesistenza di una servitu’ di passaggio sul fondo di sua proprieta’ identificato al catasto del Comune di (OMISSIS) al foglio 10 particella 342, corrispondente ad un tratto della via privata (OMISSIS).
I convenuti si costituivano contestando il diritto di proprieta’ dell’attrice e sostenendo di avere utilizzato il passaggio dal 1981 per accedere alla propria abitazione, implicitamente eccependo (secondo quanto ritenuto dalla Corte di Appello con la sentenza impugnata) l’acquisto per usucapione di una servitu’ di passaggio pedonale e carraio.
Nella pendenza del giudizio petitorio i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) esercitavano vittoriosamente un’azione possessoria contro la (OMISSIS) in via di urgenza.
La causa petitoria veniva infine decisa dal Tribunale con sentenza del 28/5/2009 che accertava l’inesistenza di una servitu’ di passaggio sul terreno dell’attrice e condannava i convenuti a cessare il passaggio e ogni altra attivita’ compresa l’occupazione del terreno con materiali.
I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello che era rigettato dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 23/10/2012 che confermava integralmente la sentenza di primo grado.
2. La Corte di Appello rilevava:
– che la domanda di accertamento della proprieta’ del lotto di terreno in contestazione era implicita nelle difese e nella negatoria servitutis formulata in primo grado dall’attrice che aveva come suo presupposto proprio l’accertamento della proprieta’ sul fondo del quale si reclamava la liberta’ dal peso di una inesistente servitu’;
– che la proprieta’ dell’attrice era provata dai titoli di provenienza e, in particolare, dall’atto di acquisto (OMISSIS) con il quale la (OMISSIS) aveva acquistato la proprieta’ dei mappali 29 (cascina), 86 (terreno adibito a orto) e 150 (striscia di terreno) dalla vedova (OMISSIS) che, a sua volta se ne era resa proprietaria a seguito di atto di divisione ereditaria del (OMISSIS); a seguito della costruzione di una casa di abitazione furono soppressi i mappali 29 e 150 e il mappale 86 fu frazionato in mappale a) e b);
– che, come da accertamenti del CTU, il mappale 342 (non indicato nell’acquisto del (OMISSIS)) nasceva nel (OMISSIS) a seguito di variazione catastale, ma era gia’ ricompreso nei mappali 29 e 150 (acquistati dalla (OMISSIS)) poi fusi nel mappale 86 come risultava dalla sovrapposizione delle mappe originarie e dalle sagome dei lotti;
– che, d’altro canto gli appellanti non avevano provato l’esistenza di un titolo che li legittimasse al transito sul tratto di strada;
– che l’eccezione di usucapione non poteva essere accolta, perche’ la strada privata dall'(OMISSIS) e fino all’anno 2000 era gravata da una servitu’ pubblica di passo;
– che non erano emersi elementi per affermare che il transito dei convenuti sulla strada fosse esercitato non gia’ avvalendosi della servitu’ pubblica, ma esercitando una signoria di fatto privata corrispondente al diritto reale.
La Corte di Appello osservava inoltre:
– che il fondo degli appellanti non era neppure intercluso perche’ dotato di accesso carraio sulla Via (OMISSIS);
– che la doglianza circa la pretesa scomodita’ dell’accesso era infondata perche’ tale accesso, ove ritenuto scomodo, poteva pur sempre essere ampliato;
– che l’accesso alla via (OMISSIS) e alla via (OMISSIS) dalla via (OMISSIS) era stato impedito per fatto addebitabile agli stessi appellati che avevano eretto, al confine con il numero sei, un muro di cemento.
3. I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso affidato a tre motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
3.1 Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 948 c.c. e sostengono che la domanda di accertamento della proprieta’, da qualificarsi come azione di rivendica, non poteva essere accolta per la mancanza della “probatio diabolica”.
3.1.1 Il motivo e’ inammissibile per genericita’ in quanto la Corte di Appello ha individuato i passaggi di proprieta’ del tratto di strada in contestazione attraverso l’esame analitico di una articolata successione di atti, fin dall’atto di divisione del (OMISSIS) (v. pagine 3 e 5 della sentenza di appello e, la sintesi del percorso motivazionale della Corte di Appello sopra riportata) e non sono state sollevate specifiche contestazioni rispetto alla motivata ratio decidenti, che ha comportato una conclusione perfettamente coerente con il disposto dell’articolo 948 c.c..
Ove si dovesse dubitare del raggiungimento della prova che i ricorrenti infondatamente (a parere di chi scrive) ritengono non raggiunta, si deve osservare che il motivo sarebbe comunque infondato in quanto l’azione proposta era una negatoria servitutis che presupponeva, come rilevato dalla Corte di Appello, l’accertamento della proprieta’, ma non richiedeva la cosiddetta probatio diabolica; nel caso di esercizio della negatoria servitutis alla quale venga opposto il difetto della titolarita’ del bene, e’ infatti sufficiente la prova (nella specie ampiamente fornita) con ogni mezzo, di un valido titolo di proprieta’ (cfr. ex multis Cass. 27/12/2004 n. 24028) anche in caso di contestazione della proprieta’ da parte dei convenuti.
3.2 Con il secondo motivo i ricorrenti deducono l’erronea applicazione dell’articolo 1144 c.. e la mancata o erronea applicazione degli articoli 1031 e 1167 c.c..
I ricorrenti sostengono che secondo i giudici di merito l’usucapione si sarebbe interrotta per effetto del provvedimento amministrativo con il quale il Comune aveva vincolato la strada ad uso pubblico cosi’ che la proprietaria, fino al 2000, quando la strada era stata eliminata dallo stradario comunale per ritornare strada privata, non avrebbe potuto opporsi al passaggio.
Osservano che, nella specie, non sarebbe possibile individuare una tolleranza della proprietaria mancando gli elementi della transitorieta’ e saltuarieta’ che traggano origine da rapporti di familiarita’, amicizia o buon vicinato; ne’ poterebbe invocarsi la sospensione, non applicabile all’usucapione; ne’ potrebbe ravvisarsi una interruzione dell’usucapione perche’ il provvedimento amministrativo non poteva escludere la continuita’ del possesso: il diritto pubblico di passaggio si aggiungeva, semplicemente, al possesso gia’ esistente.
3.2.1 Il motivo e’ del tutto inammissibile in quanto completamente estraneo rispetto alla ratio decidendi secondo la quale:
a) i convenuti in primo grado avevano assunto di transitare a piedi e con veicoli sul tratto di strada compreso nel fondo (OMISSIS), dal 1981 dopo l’apertura di un passo carraio pedonale;
b) “non sono emerse risultante dalle quali ritenere dimostrato che i convenuti, uscendo sulla via (OMISSIS) nel tratto insistente sulla proprieta’ (OMISSIS), esercitassero un passaggio avvalendosi non della servitu’ pubblica, al pari di tutti i cittadini, bensi’ di una signoria di fatto privata corrispondente al diritto reale”.
Il riferimento, pur contenuto in sentenza, all’articolo 1144 c.c. e alla tolleranza del passaggio in conseguenza dell’asservimento della strada all’uso pubblico e’ addirittura ultroneo rispetto alla ratio decidendi contenuta nei punti a) e b): i ricorrenti, a fondamento della domanda di usucapione della servitu’ invocavano l’esercizio, di fatto, del transito sin dal 1981 (anno di acquisto della proprieta’ del fondo pretesamente dominante) e siccome il transito era loro consentito per effetto della servitu’ pubblica (in forza della quale la strada era assoggettata al pubblico transito fin dal (OMISSIS)), non essendo dimostrato che essi transitassero (fino al 2000, anno in cui e’ venuto meno il diritto di pubblico transito) esercitando una signoria privata corrispondente al diritto di servitu’, correttamente la Corte di Appello (tenuto conto che dal 2000 al 2005, anno in cui e’ stata proposta la negatoria servitutis non poteva dirsi compiuta alcuna usucapione) ha escluso che fosse provata l’usucapione oggetto dell’eccezione con la quale era contrastata la domanda attorea.
La sentenza (Cass. 21121/2012) richiamata dai ricorrenti e’ del tutto “fuori tema” in quanto e’ senz’altro vero che il provvedimento amministrativo di destinazione a pubblico passaggio non esclude la continuazione del processo di usucapione, ma la Corte di Appello ha giustamente ritenuto che non vi fossero elementi per ritenere che gli appellanti avessero mai neppure iniziato a esercitare il possesso utile all’usucapione.
L’affermazione la quale i ricorrenti sarebbero subentrati nell’usucapione maturata ab immemorabile in favore dei precedenti proprietari del loro fondo e’ una mera affermazione in ordine alla quale non si rinviene alcun cenno nella sentenza di appello, ne’ per quanto riguarda gli elementi che la dovrebbero fondare, ne’ per quanto attiene alla semplice deduzione di tale fatto.
3.3 Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli articoli 1051 e 1052 c.c., sostenendo che il loro fondo sarebbe intercluso, che uno dei residenti nella casa sarebbe un portatore di handicap, che non sarebbe agevole l’allargamento del passaggio alternativo e scomodo e che pertanto ai sensi dell’articolo 1052 c.c., comma 2, alla costituzione di una servitu’ di passaggio coattiva.
3.3.1 Il motivo e’ inammissibile in quanto la domanda di costituzione di servitu’ di passaggio coattiva non risulta mai stata proposta, essendo stata fatta valere e solo in via di eccezione, l’usucapione della servitu’ di passaggio; ove non dovesse essere condiviso il preliminare rilievo di inammissibilita’, si deve ritenere l’infondatezza, del motivo essendovi adeguata motivazione sulla possibilita’ di ampliamento che esclude l’applicabilita’ dell’articolo 1052 c.c.”.
Con la memoria ex articolo 380 bis c.p.c., i ricorrenti in primo luogo contestano che la decisione possa essere assunta con il procedimento camerale, ma la censura e’ infondata in quanto il procedimento e’ previsto dall’articolo 375 c.p.c., anche per il caso di manifesta infondatezza del ricorso e, per le ragioni gia’ esposte nella relazione, il ricorso e’ effettivamente manifestamente infondato.
Con la stessa memoria i ricorrenti ripropongono censure gia’ esposte in ricorso; in particolare, i ricorrenti:
– lamentano che sugli attori in negatoria servitutis incombeva l’onere, non assolto, della cosiddetta probatio diabolica, ma la doglianza e’ infondata: devono del tutto condividersi le considerazioni esposte in relazione, conformi alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di azione negatoria, la titolarita’ del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e, se essa e’ contestata, la parte che agisce non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprieta’, ma deve dare la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, dell’esistenza di un titolo valido di proprieta’ del bene (Cass. 23/1/2007 n. 1409; Cass. 26/5/2004 n. 10149); nella specie la prova risultava dagli accertamenti del CTU, fondati sui rogiti di acquisto;
– lamentano che nella relazione si sia sostenuto che il passaggio dei ricorrenti sul fondo della (OMISSIS) sia iniziato dopo l’apertura di un passo carraio, avendo essi semplicemente affermato di essere transitati sul tratto della via (OMISSIS) sin dal 1981, ma la doglianza e’ del tutto irrilevante alla luce delle ragioni per le quali e’ stato escluso sia che essi avessero acquisito la servitu’ per effetto di un titolo di acquisto, sia l’usucapione della servitu’ di passaggio, in quanto la strada privata fin dal (OMISSIS) e fino al 2000 era gravata da servitu’ pubblica di passo e non erano emerse circostanze dalle quali desumere che i ricorrenti vi transitassero non avvalendosi della servitu’ pubblica, ma per una signoria di fatto privata;
– lamentano che non sarebbe mai stato emesso un provvedimento amministrativo con il quale la strada sarebbe stata vincolata all’uso pubblico, ma la Corte di Appello ha invece specificamente indicato un provvedimento del Consiglio Comunale del (OMISSIS) e non risulta specifica contestazione nel giudizio di merito; il transito successivo al 2000 non rileva tenuto conto che dal 2000 al momento della proposizione della domanda per negatoria servitutis (introdotta con citazione del 2005) non era decorso il termine utile all’usucapione;
– lamentano che contrariamente a quanto affermato nella relazione, essi non avrebbero mai inteso chiedere la costituzione di una servitu’ di passaggio coattiva e che non doveva motivarsi sulla possibilita’ di ampliamento di altro passaggio, tale da escludere l’applicabilita’ dell’articolo 1052 c.c. (peraltro nel motivo di ricorso si deduceva la violazione degli articoli 1051 e 1052 c.c., che sono appunto le norme che fissano le condizioni per ottenere il passaggio coattivo sul fondo altrui per un fondo intercluso – articolo 1051) o per un fondo non intercluso – articolo 1052). Nella relazione si e’ affermato che il motivo e’ inammissibile in quanto la domanda di costituzione di servitu’ di passaggio coattiva non risulta mai stata proposta, essendo stata fatta valere e solo in via di eccezione, l’usucapione della servitu’ di passaggio; con la memoria i ricorrenti sostengono di non avere mai proposto nel giudizio di merito domanda per la costituzione di una servitu’ di passaggio coattivo; ne consegue che il terzo e ultimo motivo diviene comunque inammissibile per totale irrilevanza, posto che l’acquisto della servitu’ per usucapione e’ stata motivatamente esclusa e l’acquisto della servitu’ per titolo e’ stata motivatamente ritenuta non provata e la domanda di servitu’ coattiva mai proposta.
La controcorrente con la memoria ha chiesto la liquidazione delle spese del procedimento svoltosi davanti alla Corte di Appello per la sospensione della sentenza impugnata, conclusosi con il rigetto dell’istanza, che documenta e comunque tra le parti non v’e’ contrasto sul fatto che il procedimento per la sospensione vi sia stato.
La domanda deve trovare accoglimento in quanto le spese del procedimento ex articolo 373 c.p.c., qualificabile come subprocedimento del ricorso per cassazione devono essere liquidate da questa Corte (v. Cass. 25/3/2009 n. 7248; Cass. 22/7/2011 n. 16121) che pertanto le liquida come da dispositivo.
In conclusione, questa Corte condivide la proposta del relatore per le ragioni gia’ esposte e il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza.
Le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, tenuto conto che il ricorrente ha notificato il ricorso successivamente alla data del 31/1/2013 a partire dalla quale si applica la richiamata disposizione, deve essere dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) in solido a pagare alla controricorrente (OMISSIS) le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro 2.000 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi oltre euro 300,00 per compensi dovuti per il procedimento di sospensione dell’esecuzione ex articolo 373 c.p.c..
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.

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