Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 6 maggio 2015, n. 9139

Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 6 maggio 2015, n. 9139

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza 10947-2014 proposto da:

COMUNE di ALMENNO SAN BARTOLOMEO, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

  • ricorrente –

contro

(OMISSIS) SCRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

  • controricorrente –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha chiesto che la Corte di Cassazione accolga il ricorso e dichiari la competenza del Tribunale di Bergamo, con le conseguenze di legge;

avverso l’ordinanza n. R.G. 14770/2013 del TRIBUNALE di BERGAMO, emessa l’08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del di’ 11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

FATTO E DIRITTO

1.- Il Comune di Almenno San Bartolomeo, con ricorso spedito per la notifica il 2.5.14, propone ricorso per regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza del di’ 8.4.14, con la quale il tribunale di Bergamo ha dichiarato il difetto della propria competenza – in luogo di quella della sezione specializzata per le imprese del tribunale di Brescia – sulla domanda da quello introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della (OMISSIS) scrl e seguita all’opposizione dell’ingiunta al monitorio, conseguito per euro 225.779,36.

In particolare, l’adito tribunale ha ritenuto vertersi in tema di contratto pubblico di appalto di servizio di distribuzione gas, che ha qualificato come contratto pubblico di rilevanza comunitaria, il cui importo ha rilevato oltretutto essere “superiore alla soglia prevista dal Decreto Legislativo n. 183 del 2006, articolo 215, cosi’ come integrato dal Regolamento CEE 30.11.2009, n. 1177/09”: tanto da applicare il Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 2, conv. con mod. in Legge n. 27 del 2012, compensando le spese per la “natura della questione oggetto di indagine” e revocando il monitorio opposto.

Il ricorrente contesta l’applicabilita’ della norma sulla speciale competenza nei casi, come quello per cui e’ causa, in cui si tratta di concessione di servizi e non di appalti, al riguardo esaminando la normativa degli articoli 3, 30 e 216 “TU appalti” e la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice in punto di giurisdizione e quella amministrativa sul punto specifico.

Ancora, esso nega la rilevanza comunitaria del contratto per cui e’ causa, alla stregua della corretta interpretazione dell’articolo 3, commi 16, 17 e 18 del “TU appalti”, in relazione agli articoli 208, 215 e 216 del medesimo testo normativo; e, svolti ulteriori argomenti in punto di esclusione della rilevanza, ai fini della competenza malamente ritenuta, del valore del contratto e della normativa dell’articolo 30 del richiamato “TU appalti”, contesta pure la disposta revoca del monitorio, della quale chiede l’annullamento.

2. – Dal canto suo, l’intimata deduce l’inammissibilita’ del regolamento di competenza, sia perche’ relativo alla devoluzione della controversia ad una sezione specializzata anziche’ a quella ordinaria (invocando Cass. 23891/06, o 24656/11), sia per avere il giudice espresso il suo convincimento sulla competenza senza far precisare le conclusioni (invocando Cass. 10306/14).

Nel merito, essa sostiene doversi sussumere anche il contratto di concessione di servizi entro il concetto di contratto pubblico devoluto alla competenza delle sezioni specializzate in materia di imprese, argomentando in base sia alla definizione dell’articolo 3, comma 12 del “Codice degli Appalti” che al medesimo Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articoli 215, 28 e 206: ed a quest’ultimo riguardo sostenendo integrare il contratto per cui e’ causa un contratto “sopra soglia comunitaria” per effetto del superamento dei valori fissati da tali ultime norme.

Ne’ manca di contestare i calcoli di controparte per determinare il valore del contratto di appalto per cui e’ causa, valutando il contratto ai sensi dell’art 215, comma 1, lettera a) del richiamato codice e definendolo “sopra soglia comunitaria”; ed infine nega l’ammissibilita’ delle questioni relative alla revoca del decreto ingiuntivo.

3.- Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria scritta del seguente letterale tenore:

“L’istanza di regolamento di competenza appare fondata.

Il Tribunale di Bergamo, nel pronunciare la sentenza declinatoria della propria competenza a favore del Tribunale delle imprese, ritenuto competente per materia, ha richiamato il Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 3 come sostituito dal Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 2, che, alla lettera f), prevede la competenza per materia delle sezioni specializzate per le cause e i procedimenti “relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle societa’ di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti sono stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario”.

Pertanto la questione da esaminare, ai fini della determinazione della competenza, e’ se il contratto stipulato dal Comune di Almenno San Bartolomeo con la (OMISSIS) rientri nell’ambito di competenza prevista da tale norma.

Il Decreto Legislativo n. 163 del 2006 (Codice Appalti), all’articolo 3 (recante la rubrica “Definizioni”), definisce “appalti pubblici di servizi” i “contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o piu’ operatori economici, aventi per oggetto la prestazione di servizi come definiti dal presente codice” e “concessione di servizi” un “contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformita’ all’articolo 30”.

Orbene, esaminando il “contratta d’appalto” (cosi’ definito) intercorso fra le parti (in fase, (OMISSIS)), avente ad oggetto “il servizio di distribuzione del gas metano sul territorio comunale”, al di la’ del nome utilizzato dai contraenti e pur in presenza di un canone annuo di affidamento da corrispondersi a favore del Comune affidante, puo’ senz’altro ritenersi che si e’ in presenza di una concessione, anziche’ di un appalto, in quanto a differenza dell’appalto, caratterizzato da un rapporto bilaterale, si configura nella fatti specie un rapporto trilaterale che vede coinvolti anche gli utenti, ai quali (OMISSIS) eroga le prestazioni e dai quali riceve i pagamenti.

L’articolo 30 C.A. esclude l’applicazione delle disposizioni del Codice alle concessioni di servizi, chiarendo, al secondo comma, che “nella concessione dei servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economia-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualita’ del servizio da prestare”. E’ ben presente alla giurisprudenza che mentre nell’appalto si prevede un corrispettivo che e’ pagato direttamente dall’Amministrazione al prestatore di servizi, nella concessione, invece, la remunerazione del prestatore di servizi proviene dagli importi versati dai terzi per l’utilizzo, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio economico della gestione del servizio (S.U. 12252/2009).

Si tratta quindi, di due figure negoziali ontologicamente distinte per le quali il Codice Appalti prevede una distinta disciplina, anche se l’articolo 30 citato, pur sottraendo le concessioni di servizi alla disciplina del Codice, fa, comunque, salvo contraddittoriamente il rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicita’, non discriminazione, parita’ di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalita’, previa gara informale a cui sono invitatati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Nel caso di specie, dunque, non trova applicazione l’articolo 215 C.A. e delle relative soglie minime di valore per la rilevanza comunitaria dei contratti, stabilite in euro 422.000 per gli appalti di forniture e di servici ed in euro 5.278.000 per gli appalti di lavori (senza alcun riferimento alle concessioni), bensi’ il successivo articolo 216, che esclude l’applicazione della Parte 3 del citato Codice “alle concessioni di lavori e di servici rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o piu’ attivita’ di cui agli articoli da 208 a 213, quando la concessione ha per oggetto l’esercizio di dette attivita’”.

Con l’atto di concessione de quo il Comune di Almenno San Bartolomeo, anziche’ gestire direttamente la distribuzione del gas metano (richiamata dall’articolo 208), l’ha affidata appunto alla (OMISSIS).

Pertanto il ricorso va accolto e dichiarata la competenza del Tribunale di Bergamo”.

4. – In vista dell’adunanza in camera di consiglio del di’ 11.3.15, l’intimata produce memoria, con la quale: insiste sull’eccezione di non configurabilita’ di questioni di competenza tra sezioni dello stesso ufficio giudiziario; ribadisce la sussistenza della competenza della sezione specializzata per le imprese in base solo alla complessita’ tecnica della controversia; nega l’utile riferibilita’ al codice degli appalti quanto alla distinzione tra appalti e concessioni, invocando comunque devolversi pure queste ultime alle dette sezioni specializzate; sottolinea che il carattere bilaterale del rapporto contrattuale avrebbe comunque consentito la sua qualificazione quale appalto; conclude per l’erroneita’ dell’esclusione di ogni riferimento all’articolo 215 codice appalti, come pure della determinazione del valore del contratto.

Anche il ricorrente produce memoria, in sostanziale adesione alle conclusioni del P.G. ed a confutazione delle argomentazioni svolte dalla controparte nella memoria iniziale.

5. – Sono manifestamente infondate le preliminari eccezioni di inammissibilita’ sollevate dall’intimata:

– la prima, perche’ fondata su giurisprudenza relativa al riparto di affari all’interno di un medesimo ufficio giudiziario, mentre nella specie si discute della spettanza della causa al tribunale di Bergamo o alla sezione specializzata di quello di Brescia, cioe’ di distinto ufficio;

– la seconda, perche’ fondata su giurisprudenza relativa a ipotesi in cui il processo e’ comunque continuato dinanzi al giudice che ha reso il provvedimento sottoposto a regolamento di competenza e non a quelle in cui il procedimento e’ stato definito dinanzi a quel giudice.

6. – Cio’ posto, deve qualificarsi assorbente la qualificazione del contratto dedotto in giudizio, con la preliminare precisazione che la normativa specifica del codice dei contratti pubblici (relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, di cui al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, variamente definito pure come c.c.p. o t.u. appalti) puo’ rilevare, nel presente momento dell’individuazione del giudice competente, a fini meramente definitori e non risulta quindi pregiudicato il merito di alcuna altra questione: infatti, quest’ultimo e’ logicamente successivo all’identificazione del giudice competente, dovendo essa aver luogo alla stregua della prospettazione iniziale – ad opera delle parti coinvolte – degli elementi costitutivi della domanda e, comunque, della loro elaborazione allo stato degli atti.

Non rileva, quindi, ai fini della soluzione della questione di competenza – restando quindi del tutto impregiudicate le relative questioni – alcuna ulteriore indagine sull’estensione dell’eventuale ambito di equiparazione delle discipline concrete che il medesimo c.c.p. detta in ordine all’una o all’altra figura contrattuale.

7. – Orbene, effettivamente il Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 2, comma 2, lettera d), conv. con modif. dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27, riscrivendo il Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3 alla sua nuova lettera f), comma 2 devolve alla competenza delle neo istituite sezioni specializzate in materia di impresa – gia’ previste come sezioni specializzate in materia di proprieta’ industriale ed intellettuale dal medesimo Decreto Legislativo n. 168 del 2003 – le controversie “relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una societa’ di cui al libro 5, Titolo 5, Capi 5 e 6 del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario”.

Per il carattere derogatorio e quindi eccezionale della norma sulla competenza appena richiamata, essa dev’essere di stretta o rigorosa interpretazione, onde perseguire i fini dichiaratamente ad essa attribuiti e cosi’ in conformita’ con la sua ratio, non potendo giustificarsi la sua estensione a figure contrattuali diverse da quelle espressamente contemplate.

7.1. Ora, come richiamato anche nella requisitoria del Pubblico Ministero, le Sezioni Unite di questa Corte regolatrice hanno gia’ avuto modo di stabilire (Cass. Sez. Un., ord. 27 maggio 2009, n. 12252) che:

– prima la direttiva 95/50/CE e poi la nuova direttiva unificata 2004/18/CE hanno fornito una precisa definizione di “appalto pubblico di servizi e di concessione di servizi”;

– l’articolo 1, della direttiva n. 2004/18/CE, stabilisce che “gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o piu’ operatori economici ed una o piu’ amministrazioni aggiudicatrici, aventi ad oggetto l’esecuzione dei lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva”; mentre la concessione di servizi e’ invece un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo;

– come e’ stato chiarito dalla Commissione Europea (tanto ricavandosi dalle “Comunicazioni interpretative sulle concessioni nel diritto comunitario” del 12.4.2000, in GUCE del 29.4.2000), dalla giurisprudenza della CGCE (sentenza 13.10.2005, Parking Brixen GmbH, C -458-03), da una parte della giurisprudenza amministrativa italiana (Cons. Stato, sez. 5A, 30.4.2002, n. 2294; sez. 6A, 15.5.2002, n. 2634), e da parte della dottrina, ai fini dell’ordinamento comunitario la linea di demarcazione tra appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi (per il resto accomunati sia dall’identica qualificazione in termini di “contratti” che dall’omologia dell’oggetto materiale dell’affidamento) e’ netta, poiche’ l’appalto pubblico di servizi, a differenza della concessione di servizi, riguarda di regola servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, non comporta il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione, ed infine non determina, in ragione delle modalita’ di remunerazione, l’assunzione del rischio di gestione da parte dell’affidatario;

– in relazione a quest’ultimo punto va osservato che se l’amministrazione non paga alcun prezzo, deve escludersi che possa configurarsi un appalto di servizi ai sensi del diritto comunitario.

7.2. Dal canto suo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato puntualizza, piu’ di recente (Cons. Stato 9 settembre 2011, n. 5068):

– che le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attivita’, ne’ per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), ne’ per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attivita’ in capo al soggetto privato (cfr. Cons. Stato, sez. 6, 15 maggio 2002, n. 2634);

– che quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, percependone il corrispettivo dall’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, allora si ha concessione: e’ la modalita’ della remunerazione, quindi, il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi;

– che, cosi’, si avra’ concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si avra’ appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’amministrazione;

– che tanto e’ stato piu’ volte confermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, la quale ha ribadito che si e’ in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalita’ di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (Corte Giustizia CE, Sez. 3, 15 ottobre 2009, C-I96/08), mentre in caso di assenza di trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione, l’operazione rappresenta un appalto di servizi Corte Giustizia CE, Sez. 3, 10 settembre 2009, C-206/08: la quale testualmente stabilisce che, nel caso di un contratto avente ad oggetto servizi, il fatto che la controparte contrattuale non sia direttamente remunerata dall’amministrazione aggiudicatrice, ma abbia il diritto di riscuotere un corrispettivo presso terzi, e’ sufficiente per qualificare quel contratto come “concessione di servizi” ai sensi dell’articolo 1, n. 3, lettera b), della direttiva 2004/17, allorche’ il rischio di gestione nel quale incorre l’amministrazione aggiudicatrice, per quanto considerevolmente ridotto in conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell’organizzazione del servizio, e’ assunto integralmente o in misura significativa dalla controparte contrattuale.

8. – In questo contesto, la norma sulla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa deve necessariamente ancorarsi a questa distinzione, derivata dalla normativa comunitaria (o – ormai – Europea o Eurounitaria), in dipendenza:

– dell’espresso richiamo alla rilevanza comunitaria del contratto, contenuto nella medesima disposizione;

– dell’evidente ratio sottesa alla disciplina, di offrire uno strumento di maggiore efficienza dell’apparato giurisdizionale in ipotesi di controversie di ambito maggiore di quello nazionale e, specificamente, comunitario o Eurounitario;

– dell’efficacia pervasiva delle definizioni comunitarie (o Eurounitarie) in un settore di primaria rilevanza economica come quello dei contratti pubblici.

La natura bilaterale del rapporto, pertanto, non rileva in alcun modo ai fini della questione di competenza.

9. – In applicazione di tali principi alla fattispecie, una volta rilevato che il contratto per cui e’ causa (sottoscritto tra le parti in data 14.4.11), a prescindere dal nomen iuris ad esso attribuito dalle parti, prevede – al suo articolo 21 – l’obbligo della controparte del Comune di versare a questo un canone annuo di affidamento, espresso in forma di percentuale fissa ed invariabile del margine di distribuzione percepito, al netto delle imposte, in relazione al servizio svolto per la distribuzione del gas naturale, la fattispecie negoziale va sussunta entro la definizione – ormai unitaria – di concessione di pubblico servizio, di cui al medesimo Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 30 a mente del comma 2 del quale “nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio”, nonostante sia prevista la fissazione anche di “un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualita’ del servizio da prestare”.

10. – Pertanto, gia’ solo per l’esclusione della concessione di servizi dall’ambito della competenza della sezione specializzata in materia d’impresa risulta irrilevante ogni ulteriore approfondimento sulla rilevanza comunita’ ria del contratto, lessicalmente e logicamente riservata – quale ulteriore elemento di delimitazione o presupposto specifico per la configurabilita’ della peculiare competenza in esame – ai contratti di appalto.

11. – Deve allora trovare applicazione alla fattispecie il seguente principio: non rientra nella competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi del Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3, comma 2, lettera t) come modificato dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 2, comma 25, lettera d), conv. con modif. dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27, il contratto tra un Ente pubblico – nella specie, un Comune – ed un imprenditore, il quale, indipendentemente dal nomen iuris attribuito dalle parti (nella specie, “appalto”), si risolva invece in una concessione, in quanto il rischio di gestione nel quale incorre l’amministrazione aggiudicatrice sia assunto integralmente o in misura significativa dalla controparte contrattuale; e dovendo, al contrario, configurarsi un appalto pubblico di servizi, come tale devoluto – all’ulteriore condizione della sua rilevanza comunitaria, da verificarsi pero’ solo una volta affermata la qualificazione del contratto come appalto – alla competenza della detta sezione specializzata, quando il contratto non solo riguarda servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, ma soprattutto, neppure comportando il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione, quando non determina, in ragione delle modalita’ di remunerazione, l’assunzione del rischio di gestione ad opera della controparte della pubblica amministrazione.

12. – Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione del gravato provvedimento e statuizione, da un lato, dell’insussistenza della competenza della sezione specializzata in materia di impresa presso il tribunale di Brescia e, dall’altro, della sussistenza della competenza dell’originariamente adito tribunale di Bergamo; ed il tutto con fissazione del termine perentorio di due mesi – dalla comunicazione della presente – per la riassunzione della causa davanti a quest’ultimo.

Resta in tale declaratoria assorbita anche ogni altra istanza consequenziale, pure formulata dal ricorrente ed a prescindere dalla sua ammissibilita’ in questa sede: dipendendo la sorte del decreto ingiuntivo revocato dal giudice malamente dichiaratosi incompetente dalle regole generali del sistema processuale.

Le spese seguono la soccombenza e di esse va poi disposta l’attribuzione in favore del difensore del ricorrente, avendo questi dichiarato di averne fatto anticipo; ma, per essere il ricorso stato accolto, non sussistono i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (a mente del quale quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata ordinanza e dichiara la competenza del tribunale ordinario di Bergamo, al quale rimette le parti, con termine perentorio di mesi due per la riassunzione; condanna la (OMISSIS) scarl, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del presente giudizio al Comune di Almenno San Bartolomeo, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre eventuale contributo unificato, nonche’ oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge, con attribuzione al difensore del ricorrente per averne dichiarato anticipo.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, come modif. dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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