cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 4 febbraio 2015, n. 2037

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Presidente
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7783-2013 proposto da:
(OMISSIS), titolare dell’impresa individuale ” (OMISSIS) (piva: (OMISSIS)); elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS); rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE – gia’ (OMISSIS) SRL – (p. IVA: (OMISSIS)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 607/2012 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del 10.7.2012, depositata il 20/09/2012;
– udito per la ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
Dato atto della relazione di causa, svolta nella camera di consiglio dell’11/12/2014, dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI, sulla base della relazione ex articolo 380 bis c.p.c. – comunicata alle parti -, del seguente tenore:
“rileva in fatto:
– L’impresa individuale ” (OMISSIS) convenne innanzi al Tribunale di Pordenone la srl (OMISSIS) per sentirla condannare al pagamento del residuo corrispettivo di lire 46.028,04 oltre accessori, – a fronte di una somma che riteneva dovuta di euro 80.761,96 – per lavori di decorazione e ristrutturazione della (OMISSIS), commissionatele dalla convenuta; quest’ultima si costitui’ rilevando che la somma richiesta era superiore ai preventivi sottopostile e trovava fondamento in consuntivi che non le sarebbero stati mai trasmessi per l’accettazione; svolse di conseguenza domanda riconvenzionale per la restituzione di quanto pagato in piu’ del dovuto, assumendo pattuito il compenso di euro 34.633,59, pari all’offerta contenuta nei preventivi accettati.
– Effettuata una consulenza tecnica in merito all’effettivo valore delle opere eseguite, l’adito giudice, con sentenza n. 848/2008, condanno’ la societa’ convenuta al pagamento di euro 34.627,39 oltre agli interessi dalla domanda; respinse la domanda riconvenzionale della societa’ (OMISSIS). – Detta decisione fu impugnata dalla soccombente; nella resistenza della (OMISSIS) la Corte di Appello di Trieste, con la pronunzia n. 607/2012, pubblicata il 20 settembre 2012, riformo’ il capo di sentenza con il quale era stata accolta la domanda dell’appellata e, accertato il pagamento di somme eccedenti il dovuto da parte della societa’ committente, condanno’ la (OMISSIS) al pagamento della differenza, pari ad euro 3.467,70, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
– La Corte territoriale pervenne a tale decisione rilevando innanzi tutto che non vi fosse prova che la committente (OMISSIS) avesse accettato l’esecuzione di lavori diversi ed ulteriori rispetto a quelli descritti nei preventivi sottopostile, dovendo l’autorizzazione all’esecuzione (non solo di modifiche dell’oggetto dell’appalto ma anche di aggiunte, di quantita’ o qualita’) esser provata per iscritto, ai sensi dell’articolo 1659 cod. civ.; quanto poi al credito restitutorio, il giudice dell’impugnazione ritenne provato l’ammontare di quanto esborsato, in misura minore rispetto a quanto esposto dalla appellante (per euro 38.101,29, come ammesso dalla (OMISSIS), in luogo di euro 43.743,85 come dedotto dalla societa’ (OMISSIS)); giudico’ infine la Corte triestina che fosse corretta la decisione del primo giudice che aveva respinto, per genericita’ della prova, la richiesta risarcitoria avanzata dalla committente, per condotte latu sensu diffamatorie poste in essere dall’appellata.
Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la (OMISSIS), facendo valere quattro motivi di annullamento; la s.r.l. (OMISSIS), nuova denominazione della s.r.l. (OMISSIS), anch’essa in liquidazione, ha risposto con controricorso.
Osserva in diritto:
1 – Con il primo motivo viene denunziata la violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 2 e dell’articolo 112 c.p.c. – con conseguente violazione del diritto di difesa – la’ dove la Corte del merito, accogliendo una eccezione in precedenza non proposta, aveva ritenuto applicabile la disciplina dello jus variandi nell’appalto (con il conseguente specifico onere probatorio portato dall’articolo 1659 cod. civ.), mentre in primo grado la societa’ (OMISSIS) si sarebbe limitata a contestare l’ammontare del corrispettivo, non gia’ a rilevare l’esistenza di variazioni od aggiunte rispetto a quelle esposte nel preventivo; sottolinea poi la ricorrente che la novita’ della prospettazione difensiva – costituente un’eccezione in senso proprio e non una mera difesa, come opinato dalla Corte di Appello – emergerebbe anche dalla qualificazione del rapporto come di prestazione d’opera contenuto nella sentenza del Tribunale.
1a – Va preliminarmente giudicata inammissibile la, sia pur generica, deduzione dell’esistenza di un vizio di motivazione, pure contenuta nel mezzo in esame, in quanto sfornita di apporto argomentativo.
1.b – Il mezzo non appare poi fondato in quanto la Corte di Appello, esaminando l’eccezione di novita’ fatta valere dall’attuale ricorrente, interpreto’ la linea difensiva della societa’ (OMISSIS) assumendo che la contestazione dei consuntivi sottopostile – portanti un ammontare molto superiore a quello descritto dei preventivi approvati – involgesse implicitamente la contestazione dell’esistenza di maggiori lavori non autorizzati: dunque il giudice di secondo grado ha valutato sia la linea difensiva della societa’ che quella della esecutrice dei lavori, ponendo a base della propria decisione un articolato ragionamento che, in quanto tale, non puo’ essere sottoposto a riesame in questa sede.
1.b.1 – (Il motivo per altro verso sarebbe anche inammissibile per difetto di specificita’ – c.d. autosufficienza – in quanto manca la esposizione della sentenza di primo grado e della comparsa di risposta della societa’ (OMISSIS), come pure non e’ riportato il contenuto della CTU estimativa, al fine di far valutare alla Corte se, nel corso del processo di primo grado, fosse stata posta all’attenzione del Tribunale anche l’esistenza di lavori – di cui si era chiesto il pagamento – non contenuti nei preventivi (come peraltro sembrerebbe di desumere dalle ragioni per le quali fu disposta la consulenza tecnica: vedi fol 3 del ricorso); ponendosi poi la descritta attivita’ di allegazione quale prius logico rispetto alla valutabilita’ diretta degli atti commessa alla Corte di legittimita’ in caso di denunzia di errores in procedendo, non e’ possibile supplire altrimenti a tale carenza.
2- Con il secondo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione degli articoli 2222, 2225, 1655 e 1659 cod. civ. nonche’ un vizio di omessa motivazione, atteso che la Corte distrettuale, senza alcun apporto esplicativo, avrebbe qualificato il rapporto intercorso tra l’impresa esecutrice dei lavori e la committente in termini di appalto mentre in primo grado il Tribunale lo avrebbe definito come contratto di opera.
2.a – Anche in questo caso la mancata allegazione, a cui sopra si e’ fatto cenno, impedisce al relatore – e per il suo tramite: alla Corte – ogni controllo in merito circa la sussistenza di un passaggio argomentativo della sentenza di primo grado in cui si affermasse – al fine di dirimere una specifica res controversa – la sussistenza di un contratto d’opera; va aggiunto che il mero richiamo a tale forma negoziale nell’ambito della motivazione con la quale si ritenne necessaria – e si dispose – la consulenza tecnica non costituisce elemento valutativo sufficiente per sostenere l’affermazione sopra riportata, atteso che – a tacer d’altro – non e’ dato di sapere in quale contesto difensivo fu richiesta la CTU e, quindi, come si inserisse il richiamo alla disciplina del contratto d’opera nel finale enunciato del Tribunale, al fine di parametrare su di esso, la erronea interpretazione della Corte del merito.
3. Con il terzo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1659, 2721, 2722 e 2725 cod. civ. nonche’ dell’articolo 157 c.p.c.; e’ altresi’ dedotta l’esistenza di un vizio di omessa ed insufficiente motivazione per aver la Corte triestina ritenuto inammissibili ed irrilevanti le prove per testi ammesse in primo grado a cagione del fatto che i lavori commissionati, ponendosi come modifica del preventivo approvato, non avrebbero potuto vincere l’obbligo di provare il contenuto della variazione per iscritto: la parte ricorrente contrasta la denunciata inammissibilita’ assumendo che, qualora la forma scritta sia prescritta, come nel caso di specie, ad probationem, la relativa eccezione, essendo a tutela di interessi privatistici, deve esser tempestivamente rilevata mentre cio’ nel caso concreto non sarebbe avvenuto.
3.a – Il motivo appare fondato dal momento che, come riportato a fol 25 del ricorso, le prove articolate dalla originaria attrice – ed ammesse dal Tribunale – riguardavano la esistenza di uno specifico ordine dalla committente all’appaltatrice relativo al compimento di lavori che non erano riscontrabili nell’elenco contenuto nei preventivi accettati, e che dette opere sarebbero state comunque accettate dalla committenza senza alcuna obiezione: la decisione della Corte territoriale si e’ dunque posta in contrasto con la giurisprudenza di legittimita’ che ha statuito, da un lato, che le variazioni ordinate dal committente possono essere provate con ogni mezzo (vedi Cass. Sez. 2 n. 7242/2001; Cass. Sez. 2 n. 19099/2011) dall’altro che non vi sono ostacoli alla prova testimoniale – pur se essa riguardi variazioni poste in essere dall’appaltatore senza previo concerto con l’appaltante – le volte in cui essa sia diretta a dimostrare l’accettazione dell’opera fuori contratto (v. Cass. Sez. 2 n. 6398/2003).
4- Risulta assorbito il quarto motivo, con il quale viene denunziata la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1659, 1660 e 1661 cod. civ., nonche’ la omessa o insufficiente motivazione laddove la Corte territoriale ritenne equiparabile la disciplina delle modifiche dell’oggetto dell’appalto – con effetti anche sul regime delle prove ammesse a dimostrazione – alle variazioni dimensionali e quantitative dell’appalto.
5 – Ove si ritengano fondati i sopra indicati rilievi, il ricorso e’ idoneo ad essere trattato in camera di consiglio a’ sensi dell’articolo 375 c.p.c. n. 5, articoli 376 e 380 bis c.p.c., per essere dichiarati manifestamente infondati i primi due motivi; fondato il terzo ed assorbito il quarto”.
Giudica il Collegio condivisibili le conclusioni sopra riportate, non specificamente contrastate dalle parti; al parziale accoglimento del ricorso consegue la cassazione, in parte qua, della gravata decisione, con rinvio alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione che provvedera’ anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimita’; stante il parziale accoglimento non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il 1 ed il 2 motivo di ricorso; accoglie il 3 e dichiara assorbito il 4; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Trieste anche per la regolazione delle spese del giudizio di cassazione; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma I quater dichiara la insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis

 

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