Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 23 febbraio 2015, n. 911

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 7661/2014 RG, proposto dal sig. As.Ka., rappresentato e difeso dagli avvocati Fr.Bo. e Bi.Be., con domicilio eletto in Roma, via (…),

contro

la Questura di Ravenna, in persona del Questore pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

per la riforma

della sentenza del TAR Emilia Romagna – Bologna, sez. II, n. 324/2014, resa tra le parti e relativa al diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del 22 gennaio 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e udito altresì, per le parti, l’Avvocato dello Stato Sp.;

Ritenuto in fatto che il sig. As.Ka., cittadino senegalese, con istanza del 15 febbraio 2012 ha chiesto alla Questura di Ravenna il rinnovo del suo permesso di soggiorno, a suo tempo rilasciatogli per motivi di lavoro subordinato;

Rilevato che, iniziato il procedimento di rinnovo, la P.A. procedente ha comunicato al sig. Ka. un preavviso di rigetto dell’istanza citata, ai sensi dell’art. 10-bis della l. 7 agosto 1990 n. 241 e con la nota pervenutagli il 9 novembre 2012, avendo al riguardo appurato la sussistenza d’una condanna a suo carico, a seguito del decreto penale n. 6490/11, emanato dal Tribunale di Napoli il 3 dicembre 2011 ed inopponibile dal 24 febbraio 2012;

Rilevato altresì che il decreto di condanna ha riguardato i reati di ricettazione e di violazione delle norme sul diritto d’autore, entrambi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno in virtù dell’art. 4, c. 3. IV per. del Dlg 25 luglio 1998 n. 286;

Rilevato che, nonostante le osservazioni del sig. Ka., è intervenuto il decreto, emanato il 14 febbraio 2013 e notificato il successivo 18 marzo, con cui il Questore di Ravenna ha respinta la di lui istanza per le ragioni già esposte nel preavviso;

Rilevato ancora che contro tal provvedimento il sig. Ka. è insorto innanzi al TAR Bologna, con il ricorso n. 379/2013 RG, deducendone l’illegittimità perché: 1) – il decreto penale de quo non è in sé ostativo nel senso indicato dal citato art. 4, c. 3, non essendo una sentenza di condanna; 2) – esso non risulta notificato all’ interessato; 3) – la P.A. non ha tenuto conto del regolare svolgimento, da parte del ricorrente, dell’attività lavorativa;

Rilevato pure che l’adito TAR, con sentenza n. 324 del 27 febbraio 2014, ha respinto la pretesa attorea sotto il profilo sia della perfetta equiparazione del decreto alla sentenza di condanna (poiché rileva, ai fini degli artt. 4 e 26 del Dlg 286/1998, la condanna in sé e non il documento che l’irroga), sia dell’irrilevanza della violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990;

Rilevato quindi che appella il sig. Ka. con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della citata sentenza per l’indebita equiparazione tra decreto e sentenza di condanna e per l’omessa valutazione della mancata notifica di quest’ultimo;

Considerato in diritto che l’appello è infondato e va respinto, anzitutto perché, come evincesi dal deposito documentale del 30 dicembre u.s., l’Avvocatura erariale ha depositato la copia del decreto stesso, con affoliata la dichiarazione della Struttura decreti penali presso il Tribunale di Napoli, da cui se n’evince la notificazione presso il domiciliatario difensore d’ufficio dell’appellante avv. Gi.Ro. in Napoli, via Giannone n. 33, argomento, questo, su cui il medesimo sig. Ka. nulla ha ritenuto di replicare;

Considerato altresì che, nel procedimento monitorio penale —il quale è uno strumento privilegiato di definizione anticipata del procedimento penale, tale da consentire un serio risparmio di energie e la semplificazione della vicenda, se del caso prevedendo cospicui incentivi all’imputato ad accettare la condanna—, il decreto reca, sia pur in forma semplificata, una condanna vera e propria a carico dell’imputato stesso;

Considerato infatti che è fermo in giurisprudenza (cfr., per tutti, Cass. pen., III, 18 gennaio 2008 n. 7475) il principio per cui le statuizioni contenute nel decreto penale di condanna divenuto, come nella specie, irrevocabile hanno efficacia di giudicato alla pari di quelle contenute nella sentenza propriamente detta;

Considerato di conseguenza che la norma contenuta nell’art. 4, c. 3, IV per. del Dlg 286/1998, ove parla di “sentenza irrevocabile”, dev’esser letta nel senso che integra la fattispecie colà indicata ogni statuizione del Giudice penale cui la legge riconnette, una volta che se ne perfezionino i presupposti dell’irrevocabilità, l’effetto di definire la responsabilità penale d’un soggetto e della relativa sanzione, quand’anche ridotta in relazione a taluni benefici connessi ad una certa forma di tal definizione;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 7661/2014 RG in epigrafe), lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 22 gennaio 2015, con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Giuseppe Romeo – Presidente

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza – Consigliere

Depositata in Segreteria il 23 febbraio 2015

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *