Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 26 gennaio 2016, n. 1404

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30023-2014 proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2447/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/12/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

 

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: ” l’azione revocatoria proposta da (OMISSIS) nei confronti dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione all’atto traslativo della proprieta’ della casa coniugale dal (OMISSIS) alla (OMISSIS), inserito negli accordi accessori alla separazione personale tra i coniugi, veniva accolta in primo grado dal Tribunale di Treviso, con decisione confermata in appello dalla Corte d’Appello di Venezia con la sentenza n. 2447 del 15.10.2013, qui impugnata. Il (OMISSIS) e la (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi, deducendo con il primo il mancato esame da parte della corte d’appello di un fatto decisivo, che l’ha portata ad erroneamente ritenere che il (OMISSIS) non avesse mai contestato la qualita’ di creditore della banca, con il secondo la violazione dell’articolo 2901 c.c. per mancanza di prova in ordine all’atteggiamento soggettivo della (OMISSIS).

Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS).

Il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare manifestamente infondato.

Per quanto concerne il primo motivo, i profili di inammissibilita’ evidenziati dalla banca controricorrente possono essere superati, stante l’indicazione da parte dei ricorrenti nel corpo del motivo del passo del documento al quale intendono far riferimento, e l’indicazione in paragrafo separato al termine del ricorso, della collocazione del documento stesso, al fine di assicurarne alla Corte la pronta reperibilita’ ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Tuttavia, il motivo si appalesa infondato in quanto il fatto indicato come decisivo e in riferimento al quale si denuncia in realta’ non una omessa motivazione ma che la corte di merito si sarebbe formata un erroneo convincimento e’ irrilevante nella economia della motivazione sull’azione revocatoria, atteso che uno dei presupposti per l’accoglimento e’ l’esistenza di un credito in capo all’attore, anche se contestato: l’esistenza di tale contestazione in capo al debitore e i termini di essa, pertanto, non rilevano.

Parimenti infondato e’ il secondo motivo, con il quale i ricorrenti censurano che la corte territoriale, pur non revocando in dubbio che il trasferimento di proprieta’, all’interno degli accordi di separazione, fosse a titolo oneroso, abbia fondato l’affermazione della scientia damni in capo al terzo acquirente, la moglie del debitore, esclusivamente sul dato presuntivo costituito dal rapporto di coniugio. Tuttavia la corte d’appello ha deciso la suddetta questione di diritto, all’interno del provvedimento impugnato, in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, che essa stessa richiama: la prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. n. 5359 del 2009; v. anche Cass. n. 17327 del 2011 e Cass. n. 27546 del 2014). Si tratta comunque di accertamento in fatto non censurabile in cassazione se non nei limiti dell’attuale rilevanza del vizio di motivazione.

Si propone pertanto che il ricorso sia dichiarato manifestamente infondato”.

Le parti non hanno depositato memoria.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione ritenendo che non siano necessarie rispetto ad essa altre osservazioni.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18; deve darsi atto pertanto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, arti colo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso. Liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, le spese legali in favore della parte contro ricorrente, oltre accessori e contributo spese generali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del articolo 13, comma 1 bis.

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