Cassazione 10

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

ORDINANZA 24 febbraio 2016, n. 3680

Premesso in fatto

È stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1.- con la prime delle due sentenze impugnate, depositata il 22 ottobre 2013, il Giudice di Pace ha rigettato la domanda di revocazione (proposta dalla Ferragina S. & C, ai sensi dell’art. 395, n. 1 cod. proc. civ.) della sentenza n. 310/2011, pronunciata dallo stesso ufficio e depositata il 26 maggio 2011. Con quest’ultima sentenza, pure oggetto della presente impugnazione, era stata accolta, nella contumacia dell’opposta società, l’opposizione, proposta, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., da M.I. , avverso l’atto di precetto notificatogli dalla Ferragina S. & C., con cui l’opponente aveva dedotto la mancata notifica del titolo esecutivo, e l’opposta era stata condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate nell’importo di Euro 855,00, oltre accessori;

1.1.- l’odierna ricorrente, venuta a conoscenza della sentenza n. 310/2011 solo a seguito della notifica in forma esecutiva della stessa, effettuata dal M. in data 6 giugno 2012 (ovvero ormai decorso il termine c.d. lungo di cui all’art. 327, primo comma cod. proc. civ.), impugnava tale pronuncia per revocazione ritenendola frutto del dolo della parte, in quanto l’opponente, in modo fraudolento, non aveva notificato all’opposta l’atto introduttivo del giudizio di opposizione, con la finalità di impedirne la difesa in giudizio;

1.2.- il Giudice di Pace, in funzione di giudice della revocazione, dopo aver sospeso il termine per proporre ricorso per cassazione con provvedimento del 29 giugno 2012 (ai sensi dell’art. 398, ultimo comma cod. proc. civ.), rigettava la domanda di revocazione, poiché non riteneva che sussistesse il dolo della parte nell’omissione della notificazione degli atti del procedimento, rilevando che, peraltro, l’atto di citazione in opposizione risultava essere stato notificato, ma soltanto presso la cancelleria e non presso il domicilio eletto dalla società attrice nell’atto di precetto;

1.3.- la Ferragina S. & C. S.n.c. ricorre per cassazione, affidando le sorti dell’impugnazione a due motivi di ricorso, di cui il primo avverso la sentenza di rigetto della revocazione e il secondo avverso la sentenza del Giudice di Pace già impugnata per revocazione;

l’intimato non svolge attività difensiva;

2.- con il primo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 395, n. 1 cod. proc. civ., dell’art. 88 cod. proc. civ., dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la sentenza n. 579/2013 sarebbe errata per i seguenti profili:

– l’atto di citazione in opposizione a precetto introduttivo del giudizio n. 204/11, definito con la sentenza n. 310/2011, non era mai stato notificato da M.I. , tanto che nemmeno quest’ultimo aveva contestato la circostanza dell’omessa notificazione, una volta che la società l’aveva dedotta nel successivo giudizio di revocazione. Il giudice della revocazione sarebbe incorso in una falsa percezione della realtà, laddove ha ritenuto che la notifica dell’atto di citazione in opposizione al precetto, anziché inesistente, fosse stata fatta presso la cancelleria dell’ufficio del Giudice di Pace (e non presso il domicilio eletto in precetto); si tratterebbe di un vizio della sentenza n. 579/13, che ne dovrebbe comportare anche l’impugnabilità per revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. Comunque, avrebbe errato il giudice a svilire la gravità del comportamento di controparte, riducendolo ad un mero errore di notificazione dell’atto introduttivo della lite; lo stesso giudice avrebbe errato nel considerare lecito il comportamento del M. , nonostante fosse ravvisabile, oltre al mendacio ed alle false allegazioni, anche un’attività di macchinazione intenzionalmente fraudolenta della controparte, diretta sia a provocare l’errore del giudice di merito che a paralizzare la difesa avversaria, per le condotte processuali ed extraprocessuali di M.I. (nonché della società Olea s.r.l. e di N.A. , nei cui confronti era stato pronunciato il decreto ingiuntivo portato ad esecuzione contro la società Olea s.r.l., oltre che contro M.I. ) illustrate in ricorso (pagg. 15-19); vi sarebbero stati inoltre gli estremi della responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ..

2.1.- sotto il primo profilo si ritiene che la censura non possa trovare accoglimento, poiché il ricorrente, attraverso la pretesa violazione dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ., lamenta un errore di fatto di natura revocatoria in cui sarebbe incorsa la sentenza che decide sulla revocazione: in primo luogo, va richiamato l’art. 403, primo comma cod. proc. civ., che esclude espressamente che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione possa essere impugnata per revocazione, a sua volta; comunque, va ribadito che col ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’art. 360 cod. proc. civ., e, in particolare, non sono denunciabili ipotesi di revocazione ex art. 395 cod. proc. civ., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione (così Cass. n. 6441/07 ed altre);

2.2.- anche sotto il secondo profilo il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento, in quanto la censura appare manifestamente infondata per le ragioni di cui appresso.

Secondo giurisprudenza univoca di questa Corte il dolo processuale di una delle parti in danno dell’altra può costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell’art. 395, n. 1, cod. proc. civ., in quanto consista in un’attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare, o sviare, la difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale (cfr. da ultimo Cass.,9 giugno 2014, n. 12875).

Ne consegue che non è idonea ad integrare la suddetta fattispecie la inesistente notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione a precetto, taciuta dalla parte opponente e non rilevata dal giudice dell’opposizione, in quanto tale omissione potrebbe configurare un comportamento censurabile sotto il profilo della lealtà e della correttezza processuali, ma, in sé sola considerata, senza che risulti che si siano messi in atto artifici o raggiri idonei ad impedire il rilievo officioso della mancanza di notificazione, non appare idonea a pregiudicare il diritto di difesa dell’odierna ricorrente. Questa, infatti, avrebbe potuto e dovuto impugnare la sentenza del Giudice di Pace, avente il n. 310/11 (che è stata impugnata – erroneamente – per revocazione) ai sensi dell’art. 327, secondo comma cod. proc. civ., a norma del quale è ammessa l’impugnazione tardiva quando la parte contumace dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, con norma che si ritiene pacificamente applicabile anche all’ipotesi della mancata conoscenza del processo per inesistenza della notificazione (cfr. Cass. n. 11853/04, n. 18243/08), come nel caso di specie.

Di talché la pronuncia di rigetto della domanda di revocazione è corretta e non può ravvisarsi alcuna violazione o falsa applicazione di norme di diritto, apparendo opportuno soltanto correggere la motivazione nel senso appena detto.

Inoltre, va rilevato che non appare decisiva la circostanza che il Giudice di Pace abbia ritenuto che la notificazione dell’atto di citazione in opposizione fosse stata fatta in cancelleria – laddove la società ricorrente sostiene non essere mai stata fatta: anche per la prima ipotesi, il giudice si è, infatti, avvalso della categoria giuridica dell’inesistenza della notificazione. In punto di rimedio esperibile, il riferimento che il Giudice di Pace ha fatto all’azione di accertamento (di norma esperibile soltanto quando la notificazione inesistente abbia dato luogo ad una sentenza inesistente: cfr. Cass. n. 12292/01, relativa all’ipotesi di notificazione fatta nei confronti del soggetto deceduto) piuttosto che all’impugnazione tardiva, pur se non corretto, non è, a sua volta, decisivo: comunque, il giudice è pervenuto alla decisione di inammissibilità della revocazione, che è conforme a diritto.

Infine, proprio in ragione della correttezza di tale ultima decisione, il Giudice di Pace, con la sentenza 579/13, non avrebbe potuto condannare il resistente M. per responsabilità processuale aggravata;

3.- con il secondo mezzo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli art. 3, 24 e 111, secondo comma Cost., dall’art. 480, terzo comma cod. proc. civ. e dell’art. 88 cod. proc. civ.,in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la sentenza n. 310/2011 del Giudice di Pace (poi impugnata per revocazione) sarebbe nulla a causa della nullità del relativo atto introduttivo e della sua notificazione, la quale non sarebbe mai stata effettuata, ovvero sarebbe stata effettuata presso la cancelleria dell’ufficio del Giudice di Pace, nonostante il precetto opposto contenesse l’elezione di domicilio;

3.1.- si ritiene che il motivo sia inammissibile, in quanto proposto oltre il termine per proporre l’impugnazione tardiva ai sensi dell’art. 327, comma secondo, cod. proc. civ.; considerato che si tratta di sentenza emessa all’esito di un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, avrebbe dovuto essere proposto ricorso straordinario per cassazione, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla notificazione.

A quest’ultimo proposito, va richiamato il principio per il quale la valida notificazione della sentenza al contumace involontario, anche se intervenuta dopo la scadenza del termine lungo decorrente dalla pubblicazione della sentenza, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione, qualora sussistano sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui all’art. 327, secondo comma, cod. proc. civ., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, la relativa prova spettando al contumace, salvo il caso di inesistenza della notificazione, la quale pone a carico di chi eccepisca che la parte ebbe, di fatto, conoscenza del giudizio l’onere di fornire la relativa prova (così, da ultimo, Cass. n. 24763/13, nonché già Cass. S.U. n. 14570/07).

Va peraltro considerato che, nella specie, la sentenza de qua è stata impugnata per revocazione e che il termine per proporre il ricorso per cassazione è stato sospeso in pendenza del giudizio di revocazione.

Riguardo a siffatta situazione processuale, è stato affermato che la proposizione dell’istanza di revocazione, avverso la sentenza impugnabile per cassazione ed in pendenza del relativo termine, comporta, ai sensi dell’art. 398 quarto comma cod. proc. civ., non l’interruzione, ma la sospensione di tale termine, fino al momento della comunicazione della sentenza sulla revocazione (non della comunicazione della pronuncia della Suprema Corte che abbia deciso sull’eventuale impugnazione contro quest’ultima sentenza), con la conseguenza che il ricorso per cassazione può ritenersi tempestivo solo se, dalla data di quella comunicazione (che spetta al ricorrente dimostrare), non sia decorsa la parte residua del termine sospeso (cfr. Cass., 6 ottobre 1989, n. 3997, e più recentemente, in senso analogo, Cass., 17 aprile 2013, n. 9239).

Nel caso di specie la società ricorrente ha ricevuto la notificazione della sentenza n. 310/2011 in data 6 giugno 2012. Pertanto, da questa data è iniziato a decorrere il periodo di sessanta giorni per proporre il ricorso straordinario per cassazione. Tuttavia, dopo avere impugnato per revocazione, la società ricorrente, in data 29 giugno 2012, ha ottenuto il provvedimento del Giudice di Pace che, ai sensi dell’art. 398, comma quarto, cod. proc. civ., ha disposto la sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione fino alla pronuncia della sentenza relativa alla domanda di revocazione.

Quest’ultima è stata depositata presso la cancelleria il 22 ottobre 2013, e non risulta se e quando sia stata data comunicazione del deposito alla ricorrente.

Comunque risulta tardivo il ricorso avverso la sentenza n. 310/2011 notificato il 22 aprile 2014, poiché ben oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza intervenuta il 6 giugno 2012.

In ogni caso, considerato il periodo di ventitré giorni trascorso da quest’ultima data fino a quella del provvedimento di sospensione del 29 giugno 2012, e considerato che la sospensione del termine per impugnare è durata fino al 22 ottobre 2013, alla data di notificazione del presente ricorso (22 aprile 2014) era comunque trascorso un termine maggiore di sei mesi dal momento in cui la ricorrente ha avuto conoscenza della sentenza n. 310/11, impugnata col secondo motivo”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Ritenuto in diritto.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché l’intimato non si è difeso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si da atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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