condominio quater

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  14 ottobre 2013, n. 23224

Fatto e diritto

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 10 maggio 2013, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con atto di citazione del 19 settembre 2002, i sigg.ri A..M. , S..L. , S.G. , G..D.S. , R..S. , G..L. , L..D.C. , P..O. e Lo.Si. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la società EDILIZIA VALLE TEVERE S.r.l., chiedendo che il regolamento di condominio, predisposto dalla società de qua, fosse dichiarato inopponibile agli istanti, ovvero nullo ed inefficace nei confronti degli stessi o, in via gradata e subordinata, fossero dichiarate inopponibili agli istanti, ovvero nulle ed inefficaci, nei confronti degli stessi, quelle norme, del suddetto regolamento, prive della natura indicata dal primo comma dell’art. 1138 c.c.. Nella costituzione della convenuta, il Tribunale adito, con sentenza n. 74/2006, dichiarava che il regolamento di condominio della palazzina A, dello stabile in (omissis) , predisposto e trascritto il 15 giugno 2000 a cura della società convenuta, era inopponibile ai condomini attori, con ordine al Conservatore dei Registri Immobiliari di effettuare l’annotazione della sentenza e condanna della stessa società al rimborso delle spese processuali.
Avverso la suddetta sentenza, con atto di citazione del 30 maggio 2006, la società EDILIZIA VALLE TEVERE S.r.l., proponeva appello, insistendo per la declaratoria di inammissibilità della domanda e, nel merito, per l’affermazione della validità del regolamento di condominio.
La Corte d’Appello di Roma, nella regolare costituzione delle parti, con sentenza n. 2307/2012, depositata il 2 maggio 2012 e notificata il 26 giugno 2012, dichiarava nulla la sentenza di primo grado, rimettendo le parti avanti al medesimo Tribunale, ai sensi degli artt. 354, comma primo, e 353 c.p.c.; condannava gli originari attori al rimborso delle spese processuali, in favore della società appellante.
Avverso tale sentenza A..M. , S..L. , G..S. , G..D.S. , R..S. , G..L. , L..D.C. , O.P. e Si..Lo. proponevano ricorso per cassazione, notificato il 3 ottobre 2012 e depositato il 23 ottobre dello stesso anno, articolato in un unico motivo.
L’Edilizia Valle Tevere s.r.l. resisteva con controricorso.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all’art. 380 bis c.p.c. in relazione all’art. 375 n. 5, c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire all’accoglimento del ricorso per sua manifesta fondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento camerale.
Con l’unico motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..
Tale doglianza appare, ad avviso del relatore, manifestamente fondata.
Infatti, come rettamente prospettato dai ricorrenti, nel caso di specie, non sussistevano i presupposti del litisconsorzio necessario.
Decisiva, ai fini di tale conclusione, è la qualificazione dell’azione proposta, fin dall’atto introduttivo in primo grado, come azione di accertamento, come si evince dal petitum della domanda promossa dinanzi al Tribunale di Roma – sez. dist. di Ostia. Ciò, del resto, è stato puntualmente rilevato nella sentenza di primo grado, non avendo gli originari attori contestato, in via principale, la validità del regolamento condominiale, bensì la sua inopponibilità, nei propri confronti, in quanto redatto, dalla società Edilizia Valle Tevere S.r.l., ditta costruttrice dell’immobile, in data posteriore all’acquisto, da parte dei condomini, delle singole unità immobiliari facenti parte dello stabile condominiale. Per l’effetto, dalla natura della domanda in concreto avanzata, riconducibile a quella di un’azione di mero accertamento, consegue l’insussistenza dell’ipotesi di litisconsorzio necessario.
Anche la stessa giurisprudenza di questa Corte è orientata in tal senso (cfr., ad es., Cass. n. 5142 del 1999, nella quale si afferma che si versa in ipotesi di litisconsorzio necessario soltanto quando l’azione proposta sia costitutiva, e non anche quando si tratti di azione di accertamento o di condanna; cfr., anche, Cass. n. 16327 del 2002, in base alla quale nelle azioni di mero accertamento non è necessaria la partecipazione al giudizio di tutte le parti dei rapporto sostanziale, in quanto non comportano alcuna modifica della situazione giuridica dipendente dal diritto controverso, essendo l’inscindibilità connessa solo alle azioni costitutive; in senso conforme cfr. Cass. n. 3240 del 1973; Cass. n. 1898 del 1972; Cass. n. 2580 del 1975 e Cass. n. 2239 del 1985).
È bene precisare che, comunque, il principio di diritto espresso dalla Corte romana, secondo cui il regolamento di condominio attiene alla disciplina di un rapporto plurisoggettivo tra i contitolari di porzioni comprese in un medesimo edificio e, quindi, non può essere dichiarato inefficace solo relativamente ad alcuni dei partecipanti senza incidere, necessariamente, sulla sfera patrimoniale dei restanti condomini, è un principio astrattamente valido, come tale incontestabile, ma inapplicabile al caso concreto, trattandosi, come già ampiamente illustrato, di azione dichiarativa e non costitutiva. In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta fondatezza del motivo con esso formulato, in relazione all’ipotesi enucleata dall’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, la memoria difensiva, depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nell’interesse della controricorrente non aggiunge ulteriori argomentazioni idonee a confutare la relazione stessa (risultando determinante, nella fattispecie, la qualificazione della natura dell’azione proposta in relazione alla delimitazione dell’ambito della controversia riconducibile alla domanda così come formulata: cfr., anche, Cass. n. 3647 del 2004 e Cass. n. 14820 del 2007);
ritenuto che, pertanto, il ricorso – da ritenersi, senz’altro, ammissibile in relazione al rispetto delle previsioni processuali di cui agli artt. 366 e 360 bis c.p.c. – deve essere accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che si conformerà al principio di diritto precedentemente enunciato (pronunciando, di conseguenza, sul merito del gravame) e provvederà anche sulle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

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