Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 1 ottobre 2015, n. 19588

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Presidente

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27442-2013 proposto da:

Avv. (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e difeso da se medesimo; elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia;

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno; (OMISSIS);

– parti intimate –

avverso l’ordinanza resa il 28 agosto – 17 settembre 2013 dal Tribunale di Livorno nell’ambito del proc n. 1616/2013;

dato atto che e’ stata depositata relazione da parte del Presidente relatore Dott. BIANCHIRLI Bruno del seguente tenore.

RILEVA IN FATTO

1 – L’avv. (OMISSIS), dopo aver difeso e rappresentato, nell’ambito di un procedimento civile innanzi al Tribunale di Livorno, tale (OMISSIS), ammesso al patrocinio a carico dello Stato, propose opposizione innanzi al medesimo ufficio giudiziario, lamentando l’ingiustificata decurtazione delle proprie spettanze -richieste in notula per l’importo di euro 28.808,14 e liquidate in euro 6.131.25 – oltre CPA ed IVA; con ordinanza 28 agosto – 17 settembre 2013 il Tribunale , in composizione monocratica, accolse in parte l’opposizione proposta dallo stesso (OMISSIS), determinando il dovuto in euro 2.014,50 per diritti ed euro 5.342,00 per onorati, oltre accessori di legge.

2 – Detta decisione e’ stata impugnata con ricorso in cassazione, dal (OMISSIS), sulla base di due motivi;

Il Ministero della Giustizia; il Procuratore presso il Tribunale di Livorno e (OMISSIS), parti intimate, non hanno articolato difese.

OSSERVA IN DIRITTO

1 – Con il primo motivo viene dedotta la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 6 – disciplinante la determinazione del valore della controversia da porre a base della liquidazione delle tariffe forensi al momento della prestazione professionale- nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 82 – contenente i criteri per la liquidazione degli onorari e le spese al difensore di parte ammessa al patrocinio a carico dello Stato.

1.a – Assume il ricorrente che il giudice dell’opposizione, ritenendo che il valore della controversia fosse pari alla somma al cui pagamento il proprio cliente era stato condannato – ammontante ad euro 508.836,00 – e quindi compreso nello scaglione tra euro 218.228,45 ed euro 516.456,90- non avrebbe correttamente applicato del citato articolo 6, comma 2 – che consente di tener conto del valore effettivo della controversia solo allorche’ sia manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice civile- e neppure il comma quarto della citata disposizione che , qualora vi sia necessita’ di identificazione del valore effettivo della controversia ( nel caso vi sia una palese difformita’ tra valore effettivo e quello presunto a’ sensi delle disposizioni del codice di rito), fa obbligo al giudice di tener conto anche del valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti.

2 – Con il secondo motivo, consequenziale a quello che precede, rappresentandone un mero approfondimento argomentativo, si denunzia la nullita’ della sentenza o del procedimento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver ritenuto, il giudice dell’opposizione, che il valore della causa dovesse essere commisurato al decisum e non alla domanda.

3 – Il ricorrente giunge a tali conclusioni osservando che nel procedimento di merito, il proprio cliente era stato accusato dall’allora parte attrice – la societa’ (OMISSIS) s.r.l.- di aver emesso fatture per operazioni inesistenti ed era stato richiesto di restituire le somme indebitamente percepite e quelle di cui si sarebbe appropriato quale presidente della societa’, nonche’ di risarcire il danno – il tutto per l’importo di euro 1.631.106,80 oltre le somme dovute dalla societa’ per sanzioni tributarie-; assume pertanto il ricorrente che il proprio cliente aveva tutto l’interesse a respingere la – e quindi a difendersi dalla- intera richiesta economica di controparte.

4 – I due motivi – da esaminarsi congiuntamente per la stretta consequenzialita’ logica che li lega- sono fondati – pur se il secondo mezzo deve essere ricondotto alle violazioni di legge di cui al motivo che lo precede e non gia’ genericamente ad una omessa motivazione- con le precisazioni che seguono.

4.a – Quanto all’ambito di applicazione del concetto di “valore presunto a norma del codice di procedura civile” di cui del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 6, comma 2 – che facultizza il giudice a riguardare piuttosto al valore effettivo della controversia -, questa Corte ha statuito, in linea con il senso letterale della disposizione che, in via di principio, tale criterio trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali (v Cass. Sez. 2 n. 8660/2010; Cass. Sez Un n. 5615/1998) dovendosi in caso contrario far riferimento al criterio stabilito dall’articolo 10 c.p.c.; piu’ di recente si e’ andato stabilizzando un diverso orientamento interpretativo – cui si fa cenno nel ricorso- in base al quale nel richiamo al “valore presunto a norma del codice di procedura civile”, la disposizione tariffaria (non solo quella del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, ma anche quella rinvenibile nei decreti ministeriali precedenti, che hanno costantemente contenuto una analoga formulazione) avrebbe semplicemente inteso riferirsi a tutte le regole dettate dal codice di rito, ivi compresa quella ex articoli 10 e 14 c.p.c., correlata all’indicazione del quantum nella domanda nelle cause relative a somme di danaro o beni mobili, per la determinazione del valore della controversia, attribuendo al giudice una generale facolta’ discrezionale.

4.a.1- Quale che sia la linea interpretativa che si intenda scegliere – ed il relatore propende per la prima, potendosi pervenire al medesimo risultato di equa proporzionalita’ anche conservando l’ossequio al dato letterale del concetto di valore presunto per legge-rimane il fatto che il giudice monocratico ha fatto cattiva applicazione della disposizione sia perche’ ha disatteso il costante indirizzo interpretativo secondo il quale il decisum costituisce parametro di riferimento per la determinazione del valore della controversia da porre a base della liquidazione dell’onorario solo nei rapporti tra parte vittoriosa e quella soccombente, sia perche’ nella fattispecie la parte difesa dall’avv. (OMISSIS), essendo convenuta e dovendosi difendere da specifiche richieste di pagamento restituzione risarcimento, ognuna delle quali correlata da un particolare titolo, non poteva che impostare sin dall’inizio le proprie difese su ciascuno di quei titoli, cosi’ facendo nascere il diritto del proprio patrocinatore a vedersi riconosciuto il compenso in relazione al petitum complessivo.

5 – Se verranno condivise le sopraesposte argomentazioni, il ricorso e’ idoneo ad esser trattato in camera di consiglio.

P.Q.M.:

Il ricorso puo’ esser definito in camera di consiglio, ex articolo 380 bis c.p.c.; articolo 375 c.p.c., n. 5, per esser cola’ dichiarato manifestamente fondato”.

Il Collegio condivide le conclusioni poste a sostegno della relazione, non contrastate dalle parti intimate che non hanno svolto difese; ne deriva la cassazione in parte qua della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Livorno, in persona di diverso magistrato, per nuovo esame, nonche’ per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata decisione e rinvia al Tribunale di Livorno, in persona di diverso magistrato, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.

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