Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 7 marzo 2017, n. 5654

Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile

ordinanza 7 marzo 2017, n. 5654

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23672-2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona dei suoi Curatori, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 1252/2015 del TRIBUNALE di PAVIA, emessa il 21/05/2015 e depositata il 06/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2016 dal Consigliere Relatore Don. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito l’Avvocato (OMISSIS), per la ricorrente, che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato (OMISSIS), per il controricorrente, che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380 – bis c.p.c.:

“Con Decreto in data 6 agosto 2015, il Tribunale di Pavia, ha respinto l’opposizione proposta dall’Arch. (OMISSIS), avverso la propria esclusione dallo stato passivo fallimentare del (OMISSIS) SpA, in quanto il proprio credito, derivante dall’attivita’ professionale svolta a favore della societa’ in bonis, era stato considerato sfornito di prova dal GD. Secondo il giudice circondariale, i mezzi di prova prodotti (i mandati professionali) non avevano data certa e non erano indicativi del lavoro svolto, neppure nell’an.

Avverso il decreto del Giudice circondariale ha proposto ricorso per cassazione l’Arch. (OMISSIS), con atto notificato il 28 settembre 2015, sulla base di un unico motivo, articolato in quattro profili, con i quali lamenta la nullita’ della sentenza, per totale difetto della motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 4).

La Curatela ha resistito con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente fondato, in quanto del tutto carente della motivazione in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali articolate nel ricorso L.Fall., ex articolo 98, e riprodotte, nel loro tenore testuale, alle pp. 6-9 del ricorso per cassazione, e miranti a dimostrare che la medesima creditrice aveva svolto una serie di attivita’ professionali per conto della societa’ fallita (an del credito), ossia su circostanze decisive ai fini della richiesta ammissione al passivo fallimentare del credito professionale.

A tale proposito questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 2007) ha affermato il principio di diritto secondo cui “Il vizio di motivazione ammissione della prova testimoniale o di puo’ essere denunciato per cassazione solo cui essa abbia determinato l’omissione di su un punto decisivo della controversia e, la prova non ammessa ovvero non esaminata sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento.”.

Nella specie, peraltro, si riscontra una completa assenza di motivazione da parte del giudice circondariale, il quale ha del tutto omesso di spiegare per quali ragioni i testi indicati e le circostanze sulle quali essi sono stati chiamati a testimoniare non possano dimostrare lo svolgimento di una attivita’ professionale per conto della societa’ prima della sua dichiarazione di fallimento e, percio’, non possano costituire la base accertativa del credito maturato verso la mandante.

Escludere il credito della professionista solo sulla base della mancanza di data certa dei mandati versati in atti, senza indicare perche’ la ordinaria prova testimoniale richiesta (come nella quasi totalita’ dell’accertamento di rapporti di lavoro, subordinati o autonomi, poco importa: cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 66 del 2015) non sia ammissibile, contrasta con i principi del giusto processo e del diritto alla prova che ne costituisce una delle scansioni necessarie ed ineludibili.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’articolo 380 – bis c.p.c., e articolo 375 c.p.c., n. 5″.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale sono state mosse solo osservazioni adesive, da parte della ricorrente;

che, percio’, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Pavia, che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza si atterra’ al principio di diritto sopra richiamato.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Pavia, in diversa composizione

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