Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 luglio 2017, n. 18692

Non può essere ammesso al passivo in via privilegiata (ma chirografaria) l’indennità suppletiva di clientela dovuta dalla società fallita all’agente

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile

ordinanza 27 luglio 2017, n. 18692

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17254/2016 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., in liquidazione, in persona del curatore p.t. Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Perugia depositato il 23 giugno 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2017 dal Consigliere Guido Mercolino.

RILEVATO

che (OMISSIS), gia’ agente della (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione, ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso il decreto del 23 giugno 2016, con cui il Tribunale di Perugia ha rigettato l’opposizione da lui proposta avverso lo stato passivo del fallimento della societa’, avente ad oggetto, tra l’altro, l’ammissione al passivo, in via privilegiata ai sensi dell’articolo 2751-bis c.c., n. 3, di un credito di Euro 68.232,58 per indennita’ suppletiva di clientela, gia’ ammesso al passivo in via chirografaria;

che il curatore del fallimento ha resistito con controricorso;

che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell’ordinanza sia redatta in forma semplificata.

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 1751 c.c. e articolo 2751-bis c.c., n. 3 e dell’articolo 10 dell’Accordo economico collettivo 20 marzo 2002, censurando il decreto impugnato per aver escluso l’applicabilita’ del privilegio, senza tener conto del tenore letterale dell’articolo 2751-bis, n. 3, che si riferisce a tutte le indennita’ dovute per la cessazione del rapporto di agenzia, e della natura retributiva e non gia’ risarcitoria dell’indennita’ suppletiva di clientela, calcolata in percentuale sull’ammontare globale delle provvigioni corrisposte ed avente come funzione quella di compensare la perdita delle provvigioni determinata dalla cessazione del rapporto di agenzia;

che, com’e’ noto, l’indennita’ suppletiva di clientela costituisce un istituto di origine contrattuale, in quanto introdotta dall’Accordo economico collettivo 18 dicembre 1974 e conservata negli accordi successivi, applicabile agli agenti il cui rapporto sia regolato, direttamente o per relationem, da detti accordi e per la sola ipotesi che il contratto si sciolga per iniziativa del mandante, oppure nell’ipotesi di dimissioni dell’agente dovute a sopravvenuta inabilita’ permanente o totale o successiva al conseguimento della pensione di vecchiaia;

che, come piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, tale emolumento non ha natura retributiva, in quanto, pur avendo come base di calcolo l’ammontare globale delle provvigioni corrisposte nel corso del rapporto, non svolge una funzione sostitutiva delle stesse o risarcitoria della relativa perdita, configurandosi piuttosto come un compenso indennitario volto a ristorare l’agente del particolare pregiudizio, diverso da quello della mancata percezione delle provvigioni durante il periodo di virtuale preavviso, derivante dalla perdita della clientela procurata al preponente nell’ambito del rapporto di agenzia (cfr. Cass., Sez. lav., 25/02/2012, n. 8295; 10/09/2009, n. 19508; Cass., Sez. 2, 16/12/2004, n. 23455);

che, pertanto, anche a voler interpretare estensivamente l’articolo 2751-bis c.c., n. 3, attribuendo il significato piu’ ampio possibile alla nozione di “indennita’ dovute per la cessazione del rapporto”, adoperata in tale disposizione, deve escludersi la possibilita’ di ricondurre alla predetta espressione anche l’indennita’ in questione, non ricorrendo, in riferimento a tale istituto, la ratio del privilegio accordato dalla norma in esame, consistente nel rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione di lavoro autonomo o parasubordinato, attraverso il riconoscimento della medesima collocazione privilegiata prevista per quelli retributivi derivanti da rapporti di lavoro subordinato, in quanto destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia (cfr. Cass., Sez. I, 10/11/2011, n. 23491; 26/08/2005, n. 17396; nel medesimo senso, Corte cost., sent. n. 1 del 2000);

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., censurando il decreto impugnato per aver immotivatamente disposto la compensazione delle spese processuali, nonostante l’accoglimento della domanda;

che, in quanto instaurato in data successiva al trentesimo giorno dalla entrata in vigore del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, articolo 17 convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che ha sostituito dell’articolo 92 c.p.c., il comma 2 il presente giudizio e’ assoggettato alla disciplina dettata dal testo vigente di quest’ultima disposizione, che ammette la compensazione totale o parziale delle spese processuali, oltre che nel caso di assoluta novita’ della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, anche se vi e’ soccombenza reciproca;

che nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il decreto impugnato non ha accolto integralmente l’opposizione allo stato passivo, avendo disposto l’ammissione al passivo del credito per interessi moratori sulle somme complessivamente ammesse al passivo, ed avendo invece rigettato la domanda di riconoscimento del privilegio sui crediti ammessi al passivo per indennita’ suppletiva di clientela, fondo indennita’ di risoluzione rapporto e provvigioni maturate entro l’anno dal fallimento in virtu’ di prestazioni rese in epoca anteriore;

che correttamente, pertanto, il decreto impugnato ha richiamato la nozione di soccombenza reciproca, ricorrente non solo nell’ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ma anche nell’ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’, come nella specie, quest’ultima sia stata articolata in piu’ capi, dei quali siano stati accolti soltanto alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (cfr. Cass., Sez. III, 22/02/ 2016, n. 3438; 21/10/2009, n. 22381; Cass., Sez. VI, 23/09/2013, n. 21684);

che il ricorso va dunque rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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