La prova fornita dal contribuente su spese per incrementi patrimoniali è sufficiente per liberare il cittadino dall’onere probatorio e quindi porlo al riparo da eventuali pretese del Fisco
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 14 dicembre 2016, n. 25659
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18433/2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in atti;
– resistente –
avverso la sentenza n. 45/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA, depositata il 13/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, nei confronti di (OMISSIS), avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Liguria – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento emesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 38, relativo ad IRPEF per l’annualita’ 2006 – rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso.
In particolare, il Giudice di appello cosi’ motivava la decisione: la Commissione … condivide le motivazioni espresse nella sentenza appellata e nelle controdeduzioni depositate dalla parte, ovvero che le somme necessarie per l’acquisto dell’autovettura sono state ampiamente dimostrate, che il fatto che il contribuente, figlio di gestori di un ristorante, abbia la disponibilita’ sia di alloggio gratuito che dei pasti debba essere tenuto in conto nell’attribuzione di un reddito presunto e calcolato con metodi meramente matematici.
A seguito di deposito di relazione ex art.380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, il resistente ha depositato memoria.
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo – con il quale si deduce la nullita’ della sentenza per motivazione apparente – e’ infondato. Ed invero, alla luce dei principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr, Cass. SS.UU. n.5083/2014), la motivazione, seppur stringata, consente, anche alla luce dell’ammissibile condivisione della decisione di primo grado, di ricostruire l’iter logico giuridico seguito dal Giudice di merito per giungere al suo convincimento.
2.Anche il secondo motivo, con il quale si deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, comma 4, e’ infondato. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, disciplina, fra l’altro, com’e’ noto, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioe’ tra la L. n. 413 del 1991, e il Decreto Legge n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (comma 4), la possibilita’ di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacita’ contributiva, connessi alla disponibilita’ di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (comma 5), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioe’ quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi dell’articolo 38 cit., comma 6, la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, piu’ in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).
Con recente pronuncia poi, questa Corte (Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014) ha cosi’ chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 38: “A’ noma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in pare da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che l’entita’ di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. La norma chiede qualcosa di piu’ della mera prova della disponibilita’ di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova su circostanze sintomatiche del fatto che cio’ sia accaduto (o sia potuto accadere)”:
3. La sentenza impugnata appare avere fatto corretta applicazione di tutti i superiori principi laddove, con accertamento in fatto rimasto incontrastato, ha ritenuto che il contribuente avesse fornito idonea dimostrazione della disponibilita’ di somme necessarie a sostenere le spese contestate.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla refusione in favore del resistente delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione in favore del resistente delle spese processuali liquidata in complessivi Euro 1.000,00 oltre rimborso forfetario delle spese nella misura del 15% ed accessori di legge
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