Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza n. 10769 del 8 maggio 2013
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 22.12.2006 la commissione tributaria di secondo grado di Bolzano ha respinto un appello della Castellacelo s.a.s. di Guenther Fuchs & C. avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, per tardività, un ricorso proposto contro il diniego di rimborso di somme pagate a titolo di imposta di registro.
Il giudice d’appello ha ritenuto che quanto dedotto dalla società, circa il fatto di essere stato colto il proprio difensore da un grave malore proprio nel giorno programmato per procedere alla notifica del ricorso, non integrasse causa giustificativa di una rimessione in termini, anche in considerazione del tenore letterale dell’art. 184 bis c.p.c., avente esclusiva valenza endoprocessuale, come tale inestensibile ai termini perentorì fissati per l’inizio di un procedimento.
La società ha proposto ricorso per cassazione in sei motivi.
L’amministrazione ha replicato con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
1. – Con i proposti sei mezzi la ricorrente denunzia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sotto plurimi profili attinenti al decisum.
I mezzi muovono dal presupposto che la malattia del difensore della parte privata, verificatasi il giorno stesso dello spirare del termine di presentazione del ricorso (o il giorno prima), costituisce causa di forza maggiore tale da consentire la rimessione in termini.
Prospettano al riguardo, ove tanto non si ritenesse, una questione di costituzionalità in relazione agli artt. 3 e 24 Cost..
2. – Osserva in contrario la corte che, prevedendo la L. 22 gennaio 1934, n. 36, art. 9, comma 3, la possibilità per il difensore di farsi rappresentare per il compimento di singoli atti da un altro professionista appositamente delegato, con incarico dato per iscritto negli atti di causa o anche con dichiarazione separata, senza ulteriori formalità, va in generale escluso (v. Cass. n. 14596/05) che lo stato di malattia del difensore possa rappresentare causa di impedimento non imputabile, tale da giustificare in generale una rimessione in termini della parte, ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c., in ordine a decadenze verificatesi in relazione a termini perentori violati.
Tanto è stato da questa corte affermato, per es., in relazione alla decadenza dalla prova testimoniale verificatasi per mancata comparizione del procuratore in udienza.
Nulla di specifico l’attuale ricorrente ha dedotto al fine di sostenere una rivisitazione del citato orientamento.
Pertanto, non rileva la questione, sulla quale i motivi si soffermano, circa il margine di applicazione dell’art. 184 bis c.p.c., dalla commissione regionale ritenuto solo endoprocessuale e dalla ricorrente in tal senso criticato.
Non rileva perchè, ove anche si seguisse l’affermazione – da ultimo invalsa anche in rapporto all’art. 184 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, ma abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, – secondo la quale l’istituto della rimessione in termini trova applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione, da intendere anche in relazione alla proposizione del ricorso avverso atti tributari (Cass. n. 3277/12; n. 98/11), nessun effetto ne sortirebbe nel caso di specie, avendo il giudice di merito comunque applicato correttamente le norme attinenti alla valutazione del presupposto; e in particolare avendo correttamente escluso il presupposto medesimo sul condivisibile rilievo che lo stato di malattia del difensore non costituisce, in linea generale, causa di impedimento non imputabile, e dunque non consente la rimessione in termini in ordine alla verificatasi decadenza dalla proposizione del ricorso avverso un diniego di rimborso.
3. – Ciò induce a rigettare l’impugnazione perchè le distinte prospettate censure non inficiano la ben delineata ratio della sentenza di secondo grado, nella parte in cui ha ribadito che l’attrice era decaduta dall’azione.
4. – Quanto esposto rende altresì manifestamente infondata – e in parte irrilevante – la prospettata questione di costituzionalità dell’art. 184 bis c.p.c., anche prescindendo dalla considerazione che la stessa non risulta compresa nei redatti quesiti di diritto (sul che v. Cass. n. 1203/2012).
5. – Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.000,00, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 7 marzo 2013.
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