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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 8 luglio 2014, n. 29942

 
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. PISTORELLI Lu – rel. Consigliere
Dott. POSITANO Gabriel – Consigliere
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo – Consigliere
Dott. LIGNOLA F. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/5/2013 della Corte d’appello di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VOLPE Giuseppe che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Trento confermava la condanna di (OMISSIS) per il reato di ingiuria commesso nel corso di un diverbio con i gestori dell’albergo di cui era ospite e del cui servizio lamentava l’insufficiente qualita’, mentre, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, lo assolveva da quello di diffamazione a mezzo stampa ad oggetto le analoghe doglianze manifestate ad un giornale locale e da quest’ultimo riportate in un articolo, ritenendo la sua condotta espressione del legittimo esercizio del diritto di critica e provvedendo conseguentemente alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio e dell’entita’ della provvisionale liquidata in prime cure in favore delle parti civili.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo la contraddittorieta’ della motivazione e il mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione. Sotto il primo profilo osserva il ricorrente come, tanto nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa, come nel corso del diverbio con gli albergatori, il (OMISSIS) avesse fatto ricorso ad espressioni in tutto identiche (sostanzialmente concentratesi nel definire uno “schifo” il servizio offerto dall’hotel) che la Corte distrettuale, con motivazione per l’appunto illogica e contraddittoria, aveva valutato in maniera opposta ai fini della configurabilita’ del legittimo esercizio del diritto di critica. Non di meno, pur riconoscendo che l’istruttoria dibattimentale avesse dimostrato l’effettivita’ dei disservizi denunciati dall’imputato, del tutto immotivatamente avrebbe escluso l’operativita’ della disposizione di cui all’articolo 599 c.p., comma 2.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito esposti.In realta’ infondata ai limiti dell’inammissibilita’ e’ la prima doglianza, giacche’ la Corte distrettuale ha esaurientemente illustrato le ragioni per cui l’utilizzo del medesimo epiteto nei due differenti contesti dovesse portare a differenti conclusioni in ordine alla valutazione della penale rilevanza della condotta dell’imputato, precisando come nei confronti diretti con l’albergatore il (OMISSIS) non si fosse limitato alla specifica critica delle modalita’ di erogazione del servizio di ristorazione, bensi’ avesse trasceso in una piu’ generale e gratuita aggressione verbale nei confronti della persona offesa e della struttura da lui gestita. Argomentazioni queste che non risultano manifestamente illogiche e con le quali il ricorrente non si e’ effettivamente confrontato con la dovuta specificita’.
Il ricorso coglie invece nel segno nella critica al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione, nonostante i giudici d’appello avessero ammesso che la condotta ingiuriosa addebitata costituisse l’effettiva e sostanzialmente immediata reazione ai disservizi subiti dal (OMISSIS) ed all’imposizione di regole (divieto di asportare i residui del cibo per costituire il cd. “doggy bag”, riempire la propria borraccia dalla bottiglia servita a tavola) non irragionevolmente ritenute pretestuose ed ingiuste dall’imputato.
In realta’ la fattispecie descritta in sentenza integra effettivamente quella tipizzata dall’articolo 599 c.p., comma 2 atteso che il fatto ingiusto altrui puo’ essere costituito anche dalla lesione di regole comunemente accettate nella civile convivenza (Sez. 5, n. 9907/12 del 16 dicembre 2011, P.C. in proc. Conti, Rv. 252948), mentre la motivazione – invero assai generica – resa per escludere l’operativita’ dell’esimente si rivela intrinsecamente contraddittoria sul punto, una volta contestualizzata all’interno del complessivo discorso giustificativo del provvedimento.
La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio per essere l’imputato non punibile ai sensi dell’articolo 599 c.p., comma 2 avendo agito nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere l’imputato non punibile ai sensi dell’articolo 599 c.p., comma 2.

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