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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza  8 gennaio 2015, n. 495

Ritenuto in fatto

1. I difensore di S.G., sottoposto ad indagine con riferimento al delitto di cui all’articolo 612 bis cp, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del GIP presso il tribunale di Fermo, con la quale è stata applicata la misura del divieto di avvicinamento del predetto alla minore P.E. e ai luoghi dalla stessa frequentati.
2. Con il ricorso sì deduce violazione di legge e carenza dell’apparato motivazionale per la indeterminatezza dei luoghi che l’indagato non deve frequentare (e dai quali deve tenere una distanza non inferiore ai 200 m.) e per indeterminatezza delle modalità oggettive da osservare per rispettare il divieto. In effetti, non essendo stato indicato l’indirizzo della persona offesa né essendo stati indicati luoghi di abituale frequentazione, si è posto l’indagato nella impossibilità di osservare il provvedimento emanato.

Considerato in diritto

1. II ricorso è fondato e merita accoglimento. Conseguentemente il provvedimento impugnato va annullato con rinvio al medesimo giudice per nuovo esame.
2. L’ordinanza cautelare ha il seguente dispositivo: “applica a S. G., in epigrafe generalizzato e con riguardo al delitto ipotizzato a suo carico, la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla minore P.E. e all’abitazione della stessa, persone e luogo dai quali deve mantenersi ad una distanza non inferiore a metri 200. Vieta al sig. S. G. di comunicare con qualsiasi mezzo con la persona offesa”.
2.1. È evidente allora la assoluta carenza di completezza delle prescrizioni imposte all’indagato, il quale effettivamente non appare nella condizione di rispettare l’obbligo che gli è imposto, non essendo stati indicati i luoghi dai quali lo stesso deve rispettare una distanza di almeno 200 m.
2.2. In merito, è stato ritenuto (cfr. ASN 201126819_RV 250728) che il provvedimento con cui il giudice dispone, ex art. 282-ter cpp, il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa deve necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi oggetto dei divieto, perché solo in tal modo il provvedimento assume una conformazione completa, che ne consente l’esecuzione ed il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che si vuole assicurare.
È da notare che la fattispecie che ha dato luogo alla sopra indicata pronunzia era assolutamente sovrapponibile a quella oggi all’esame di questa sezione.
3. Ricorrendone i presupposti, si deve fare luogo a c.d. oscuramento dei dati, ai sensi dell’art. 52 D. Lsvo 196/2003.

P.Q.M.

annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al tribunale di Fermo e dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, in quanto imposto dalla legge.

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