Cassazione logo

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 2 dicembre 2014, n. 50355

Ritenuto in fatto

1. P.E. è stata assolta in primo grado dai delitti di cui agli articoli 485 e 489 cp, per avere, al fine di procurarsi un vantaggio, senza essere concorsa nella falsità, fatto uso di un falso testamento olografo a nome M.O. (capo A) e dal delitto di cui agli articoli 56-640 cp per aver tentato di indurre in errore l’esecutore testamentario utilizzando, il falso testamento sopraindicato (capo B). La assoluzione è intervenuta con la formula “il fatto non costituisce reato” ed è stata accompagnata dalla dichiarazione di falsità del testamento. La corte di appello di Torino, investita della impugnazione da parte della P. (beneficiaria del testamento dichiarato falso) , con riferimento, ovviamente, alla sola dichiarazione di falsità dell’atto, ha confermati, con la sentenza di cui in epigrafe, la sentenza di primo grado.
2. Ricorre per cassazione la P., con il ministero del suo difensore, e deduce violazione di legge e carenza dell’apparato motivazionale, atteso che non può essere dichiarata la falsità del testamento per il solo fatto che sia intervenuto nella sua redazione un terzo, diverso dal testatore. Il negozio successorio, secondo la giurisprudenza civile della cassazione, è certamente reso nullo se non si accerta la olografia del documento; tuttavia gli interventi successivi alla redazione del testamento non possono togliere validità allo stesso, se – comunque – è agevolmente ricostruibile la volontà del testatore. Diversamente ragionando, sarebbe facile per chiunque rendere nullo un testamento olografo, apportandovi note ed aggiunte. Orbene, la sentenza impugnata arbitrariamente afferma che le aggiunte (peraltro non rilevanti in ordine alla corretta ricostruzione della volontà della testatrice) sono state coeve alla redazione del testamento.
3. Con memoria depositata in termini, il difensore della PC chiede che il ricorso della imputata sia dichiarato inammissibile, ovvero rigettato atteso che le modifiche apportata da mano estranea sono interne all’atto e, oltretutto, significative (destinazione di un importo a favore di un cugino della testatrice e modifica di altro importo percentuale, relativo alla distribuzione delle somme).

Considerato in diritto

1. Premesso che, avendo il giudice di merito accertato che la P. non ha materialmente alterato il documento e non avendo il medesimo giudice affermato che la stessa sia in qualche maniera concorsa (ad es. quale istigatrice) nella sua alterazione, la formula assolutoria avrebbe dovuto essere “per non aver commesso il fatto”, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Parte della giurisprudenza citata nella sentenza de qua è inconferente, altra è non condivisibile.
2.1. Invero, la sentenza ASN 200605087-RV 233628 è relativa la caso in cui la mano del testatore sia stata “guidata” da mano estranea. Nel caso in esame, tale eventualità non è stata formulata.
2.2. La sentenza ASN 200427520-RV 228706 ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di falso in testamento olografo, è irrilevante che questo presenti profili di annullabilità o di nullità, ai sensi della disciplina civilistica, dovendosi considerare come testamento olografo, ai fini penalistici, qualsiasi manifestazione di volontà estrinsecatasi nella forma di cui all’art. 602 cc, con la quale taluno disponga, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o parte di esse.
3. A parere del collegio, viceversa, la prospettiva va radicalmente rovesciata, atteso che una cosa è la nullità o la annullabilità civilisticamente intese (che vanno eventualmente accertate nella deputata sede processuale), altra cosa è la falsità come rilevante in diritto penale. Se falsità è immutatio veri, è di tutta evidenza che solo una alterazione (materiale, nel caso in esame) significativa del documento originale può e deve essere presa in considerazione. Se, come nel caso di specie, la parte aggiunta e/o alterata è nettamente e agevolmente distinguibile dalla parte originaria, è ovvio che la falsità, se deve essere dichiarata, deve essere dichiarata in parte qua, non dovendosi (né potendosi), oltretutto, il giudice penale sostituire a quello civile in quello che è un accertamento connotato da squisito tecnico, ancorato ai principi di quel ramo dello scibile giuridico.
3.1. Orbene è la stessa sentenza che afferma (e la parte civile, nella sua memoria, indirettamente corrobora tale assunto) che le “aggiunte” (non operate per mano della imputata) sono ictu oculi individuabili.
3.2. Va da sé che, se il senso e il valore dell’intero documento risultassero del tutto sconvolti da tali “innesti”, tanto da non potersi ricostruire l’originaria volontà di chi esso ebbe a scrivere, la falsità (ai fini penalistici) investirebbe l’intero documento.
4. Impregiudicate, dunque (come è ovvio), rimanendo le questioni di pertinenza del giudice civile, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Tornio per nuovo esame, in ordine alla questione oggetto del presente ricorso.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente alla declaratoria di falsità del testamento olografo, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Torino.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *