SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza  17 luglio 2012, n. 28923

Svolgimento del processo

 

D.C.R. è accusato di bancarotta fraudolenta impropria conseguente al fallimento di NDC. Sas. di cui era accomandatario.

Il Tribunale di Lanciano in data 15.6.2009, lo ha condannato per questo titolo e la Corte d’Appello dell’Aquila, il 14.1.2011, escludendo il fondamento all’accusa di distrazione di alcuni beni (quelli strumentali e l’automobile), ha parzialmente riformato la prima decisione, riducendo la pena inflitta.

Interpone ricorso la difesa del D.C. e, sulla premessa che alla luce della novella legislativa portata dall’art. 1 del c.d. “decreto correttivo” la società del D.C. non sarebbe stata dichiarata fallita, con motivo assai analitico eccepisce:

a) in relazione all’accusa di distrazione fraudolenta del controvalore di fabbricato ceduto il 30.4.2003;

– violazione dell’art. 522 c.p.p., per violazione dell’art. 521 c.p.p., poichè l’accusa mossa all’imputato concerneva il bene in natura, e la condanna occorse invece in ragione del ricavo della vendita;

– illogicità della motivazione che attesta la condotta distrattiva dalla omessa registrazione in contabilità della riscossione del corrispettivo, poichè la società fallita si trovava in regime di contabilità semplificata, sicchè la mancata annotazione non fornisce sostegno alla presunzione ritenuta dalla Corte territoriale;

b) in relazione all’accusa di distrazione di somma portata dalla fattura 10/96 (Euro 285,600,67) e di distrazione di somme prelevate dall’imputato per ammontare di Euro 371.848,97;

– erronea applicazione della legge penale e travisamento della prova, relativamente ai prelievi di denaro per una evidente indebita duplicazione di accusa, una volta come incasso della somma e, successivamente, come prelievo della stessa da parte dei soci;

– carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla distrazione delle somme da parte dei soci, fenomeno dipeso dal passaggio da contabilità ordinaria a quello di contabilità semplificata della società, circostanza che, tuttavia, non legittima presunzioni in termini accusatori, non vigendo al proposito alcuna dimostrazione presuntiva, se non passando per una inversione dell’onere della prova;

c) relativamente alla distrazione di Euro 68.500 ricevuta da D. C.A., illogicità della motivazione poichè la curatela ritiene che la debitrice non abbia pagato il suo debito e non vi è la prova dell’incasso della somma in capo al ricorrente.

Motivi della decisione

E’ infondato il primo motivo: in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale l’evento giuridico che la norma intende evitare è la ingiustificata riduzione quantitativa della complessiva consistenza del patrimonio su cui fondano le aspettative dei creditori.

Conseguentemente, risulta indifferente (salvo casi particolari in cui il singolo cespite rivesta peculiare interesse economico e la cui perdita generi maggiore pregiudizio dell’intrinseco valore venale) la tipologia del bene oggetto materiale del reato.

Pertanto, non riveste specifico interesse l’annotazione accusatoria incentrata sul bene estromesso dal patrimonio invece che sul controvalore di vendita.

Per quanto attiene al regime tributano di contabilità semplificata (invocato sia con il presente sia con il successivo mezzo), deve osservarsi che siffatta metodologia non ha comportato per le imprese l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili disposto dall’art. 2214 c.c., sia ai fini civili che per gli effetti penali previsti dalla legge fallimentare, perchè il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 18, che ammette una contabilità semplificata per i contribuenti minori, fa “salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto”, sicchè nel caso di inadempimento a tale obbligo si possono configurare gli elementi integrativi del reato di bancarotta.

La scelta legislativa di una esenzione della completa tenuta della contabilità a fini fiscali, come disposta dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 18, è frutto di consapevole e discrezionale determinazione politica, incensurabile in sede giudiziale, avendo espressamente la norma fatte salve le diverse disposizioni normative.

Segno evidente che il legislatore ha ritenuto meritevoli di protezione possibili difformi esigenze documentative, come la tutela delle istanze creditorie e, segnatamente, della completa ostensione del percorso seguito dalla ricchezza nella genesi dell’insolvenza e nella gestione dell’impresa.

D’altra parte, a sottolineare l’autonomia della disciplina fiscale rispetto a quella civilistica, sta anche la consolidata lettura per cui il richiamo ai libri previsti dalla. legge, si riferisce agli obblighi regolati dall’art. 2214 c.c., e non alle scritture contabili previste dalle leggi fiscali.

Attiene alla sfera del merito l’accertamento sulla ragione e sulla causale dei prelievi (tali da coincidere con la condotta distrattiva già contestata al punto n. 4 dell’imputazione) che i giudici di merito hanno valutato di natura illecita, con motivazione che risulta aderente a logica giuridica.

Del resto la pluralità di atti fraudolenti integra la circostanza aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 1, n. 2, non già un’autonoma ipotesi punitiva (circostanza che risulta ricorrere anche per ulteriori azioni distrattive) ed il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in via di equivalenza con l’aggravante preclude interesse al motivo.

Permane connotazione penale in seno al rapporto con D.C.A. non già in ragione dello sviluppo della relazione finanziaria, bensì per la natura simulata dell’operazione, come osservato dalla sentenza impugnata a pag. 6. Condotta costitutiva di illecito ai sensi della L. Fall., art. 216, comma 1, quale dissimulazione di ricchezza.

Osservazione che non urta con le conclusioni del CT. contabile e che si presenta come plausibile e logica.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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