cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 16 settembre 2015, n. 37570

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARASCA Gennaro – Presidente

Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore e procuratore speciale di:

(OMISSIS), nato ad (OMISSIS) quale parte civile nel procedimento nei confronti di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 9/10/2014 della Corte d’appello di Cagliari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FODARONI Giuseppina, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del proprio ricorso;

udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Cagliari, in riforma della pronunzia di condanna emessa in primo grado a seguito di giudizio abbreviato, ha assolto per la ritenuta insussistenza del fatto (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 2622 c.c. commesso nella sua qualita’ di amministratore nel bilancio infrannuale riepilogativo della situazione aziendale della (OMISSIS) s.r.l. al 30 settembre 2008 omettendo l’indicazione dei ricavi maturati dalla societa’ nel corso dell’esercizio.

2. Avverso la sentenza ricorre agli effetti civili a mezzo del proprio difensore (OMISSIS), socio e amministratore della (OMISSIS), nella sua qualita’ di parte civile deducendo errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione.

2.1 Il ricorrente eccepisce come la Corte territoriale non abbia assolto l’obbligo di motivazione “rinforzata” gravante sul giudice dell’appello qualora proceda alla riforma della pronunzia di primo grado e configurabile anche nel caso in cui quella riformata sia una sentenza di condanna.

2.2 In tal senso si osserva come il provvedimento impugnato abbia omesso di considerare come nella predisposizione del bilancio oggetto di contestazione l’imputato avrebbe dovuto corrispondere alle disposizioni normative che ne disciplinano la redazione, tra le quali va annoverato l’articolo 2423-bis c.c. che impone l’esposizione secondo il principio di competenza dei ricavi maturati ancorche’ non materialmente conseguiti, rimanendo dunque irrilevante l’argomento speso dai giudici d’appello in merito al fatto che i soci non avessero ancora stabilito il meccanismo contabile di copertura o l’ammontare dei proventi tratti dal (OMISSIS) dall’attivita’ professionale svolta utilizzando le strutture della societa’ che lo stesso avrebbe dovuto versare alla medesima. Ed in tal senso la Corte territoriale, pur riconoscendone le conclusioni, non avrebbe in particolare tenuto conto di quanto evidenziato nel lodo arbitrale con cui era stata composta la controversia tra la societa’ e il (OMISSIS) e che riconosce come la (OMISSIS) avrebbe dovuto fatturare all’imputato il menzionato utilizzo e appostare in bilancio i valori conseguenti come ricavi ovvero come crediti, secondo i principi normativi che regolamentano la valutazione di tali poste, al piu’ accompagnando cio’ con l’iscrizione di apposito fondo di svalutazione destinato a recepire gli eventuali costi che dovevano essere eventualmente dedotti in favore dell’imputato. Ma ancor piu’ contraddittoriamente i giudici dell’appello avrebbero in realta’ ammesso come, secondo la relazione della liquidatrice della societa’, fosse invero certo l’ammontare dei ricavi che, secondo gli accordi originariamente intervenuti tra i soci, dovevano considerarsi effettivamente percepiti dal (OMISSIS) per mezzo della societa’ e che dunque avrebbero dovuto essere riversati nelle casse di quest’ultima.

2.3 In definitiva il ricorrente lamenta come la sentenza impugnata non abbia in alcun modo considerato come l’integrale mancata rappresentazione nel bilancio di una voce dell’attivo cospicua fosse dolosamente preordinata a far artatamente figurare l’evaporazione del capitale sociale a causa di inesistenti perdite di esercizio e cio’ al fine di ottenere, come puntualmente avvenuto, la liquidazione della societa’ con grave danno per il (OMISSIS), avendo in tal senso omesso di considerare altresi’ come l’escamotage ordito dall’imputato – e cioe’ versare a titolo di finanziamento soci l’ammontare dei ricavi che egli riteneva di dovere alla societa’ – in realta’ si sarebbe risolto nell’ulteriore aggravamento del passivo dello stato patrimoniale.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Il ricorso della parte civile e’ fondato.

2. Preliminarmente e’ necessario verificare se il fatto per cui si procede sia tuttora previsto dalla legge come reato, atteso che successivamente alla proposizione del ricorso e’ entrata in vigore la Legge n. 69 del 2015 che ha significativamente ridisegnato le fattispecie di false comunicazioni sociali previste dal testo degli articoli 2621 e 2622 c.c. vigente all’epoca dei fatti e della pronunzia della sentenza impugnata.

2.1 La legge menzionata ha infatti configurato due autonomi titoli di reato, configurati entrambi come delitti e collocati, rispettivamente, nei citati articoli 2621 e 2622 c.c. al fine di differenziare la repressione delle false comunicazioni sociali a seconda che il fatto sia commesso nell’ambito di una societa’ “non quotata” ovvero di una “quotata”. Differenziazione che si traduce soprattutto nella previsione di diverse cornici edittali di pena: da uno a cinque anni di reclusione nel primo caso, da tre a otto nel secondo. Ed infatti, a parte alcuni pur non marginali dettagli di cui si dira’ in seguito, la struttura delle due incriminazioni e’ pressoche’ identica e tesa a superare l’assetto ideato dal legislatore del 2002 nel quale era prevista una fattispecie contravvenzionale di pericolo ed un delitto di danno – in un rapporto di sostanziale progressione criminosa tra loro – quest’ultimo diversamente configurato qualora il fatto riguardasse una quotata esclusivamente in merito al profilo del trattamento sanzionatorio ed al regime di procedibilita’.

2.2 La novella propone invece due reati di pericolo (invero tre se si considera anche l’ipotesi attenuata di cui all’articolo 2621-bis c.c., configurata come vero e proprio titolo autonomo di reato), integrati a prescindere dalla causazione di un danno a soci o creditori, che ripropongono in buona parte il profilo strutturale della fattispecie contravvenzionale contenuta nel previgente testo dell’articolo 2621 c.c.. Scompare altresi’ per le societa’ non quotate la procedibilita’ a querela della persona offesa, rivelandosi in tal senso l’intenzione di recuperare coerenza sistematica attraverso la tutela esclusiva della trasparenza dell’informazione societaria. Quelli di nuovo conio rimangono invece reati propri degli amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, dei sindaci e dei liquidatori.

2.3 Con riguardo all’oggetto materiale del reato e’ stata conservata la tipizzazione delle comunicazioni sociali rilevanti introdotta dalla precedente riforma del 2002, individuate nei bilanci, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni dirette ai soci e al pubblico previste dalla legge. Invero tale ultimo inciso e’ stato “spostato”, rispetto alla formulazione previgente, in coda all’elenco, con l’apparente intento di fugare eventuali residui dubbi circa il fatto che la specificazione riguardi non solo le comunicazioni, ma altresi’ le relazioni. Viene dunque confermata l’irrilevanza penale delle condotte che riguardano comunicazioni “atipiche”, comunicazioni interorganiche e quelle dirette ad unico destinatario, sia esso un soggetto privato o pubblico, le quali, sussistendone le condizioni, possono configurare, a seconda dei casi, i reati di truffa ovvero quelli previsti dagli articoli 2625, 2637 e 2638 c.c. o ancora quello di cui all’articolo 185 TUIF.

2.4 Il legislatore ha invece provveduto, come gia’ accennato, all’eliminazione dell’evento di danno e delle soglie previsti nella previgente formulazione dei due articoli menzionati. Eliminazione cui ha corrisposto una rimodulazione delle condotte tipiche, ora integrate dall’esposizione in una delle comunicazioni tipizzate di “fatti materiali non rispondenti al vero” ovvero nell’omissione di “fatti materiali la cui comunicazione e’ imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa’ o del gruppo al quale la stessa appartiene”. Nell’ipotesi prevista dall’articolo 2621 – dedicata come ricordato alle sole societa’ non quotate – i “fatti materiali” non rispondenti al vero ovvero quelli occultati devono inoltre essere “rilevanti”.

2.5 La novella ha dunque ripreso la molto discussa formula utilizzata dal legislatore del 2002 per circoscrivere l’oggetto della condotta attiva, amputandola pero’ del riferimento alle valutazioni (“ancorche’ oggetto di valutazioni”) contenuto nel testo previgente dei due articoli e provvedendo contestualmente a replicarla anche nella definizione di quello della condotta omissiva, in relazione alla quale le due norme incriminatrici in precedenza evocavano le “informazioni” oggetto di omessa comunicazione.

2.6 Sempre con riguardo all’elemento oggettivo delle due fattispecie, e’ stato inoltre riproposto il requisito dell’idoneita’ ingannatoria della falsa comunicazione (e cioe’ della attitudine delle medesime ad indurre in errore i loro destinatari), che e’ stato peraltro “rafforzato” attraverso l’aggiunta dell’avverbio “concretamente”, in grado di qualificare i due delitti come reati di pericolo, per l’appunto, concreto.

2.7 Per quanto riguarda invece le modifiche apportate alla struttura dell’elemento soggettivo, deve osservarsi come il legislatore abbia confermato, con riguardo ad entrambe le figure di reato, la necessita’ di un dolo specifico, caratterizzato dal fine di procurare per se’ o per altri un ingiusto profitto. La novella non ha invece riproposto la espressa caratterizzazione dello stesso come intenzionale, attraverso la soppressione dell’inciso “con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico” che era stato introdotto nel 2002. In diretta relazione alla descrizione della condotta ha fatto invece la sua comparsa l’avverbio “consapevolmente”, che appare sintomatico della volonta’ del legislatore di escludere la rilevanza del dolo eventuale.

3. Nel caso di specie al (OMISSIS) e’ stata contestata la fattispecie di false comunicazioni sociali “dannose” di cui al previgente teso dell’articolo 2622 c.c., reato commesso nel 2008 nell’ambito della gestione di una societa’ non quotata, quale pacificamente e’ la (OMISSIS) s.r.l..

3.1 Deve allora osservarsi come le modifiche apportate dalla Legge n. 69 del 2015 abbiano innanzi tutto ampliato l’ambito di operativita’ dell’incriminazione delle false comunicazioni sociali, avendo comportato, come evidenziato, l’eliminazione dell’evento e delle soglie previste dal precedente testo dell’articolo 2622 c.c., mantenendo invece nella sostanza identico il profilo della condotta tipica. In tal senso l’odierno fenomeno successorio assume caratteristiche opposte a quello generato dal Decreto Legislativo n. 61 del 2002, che aveva invece ristretto gli orizzonti applicativi della fattispecie tracciati nell’originario testo della disposizione del codice civile. Ma non e’ in dubbio che tra la fattispecie previgente e quella di nuova configurazione nell’articolo 2621 c.c. sussista un evidente rapporto di continuita’ normativa.

3.2 Qualche perplessita’ puo’ suscitare la gia’ segnalata epurazione dello specifico riferimento alle valutazioni contenuto nel testo previgente dei due articoli e alla sostituzione, con riguardo all’ipotesi omissiva, del termine “informazioni” con la locuzione “fatti materiali”. Scelte che se dovessero essere interpretate nel senso di escludere la rilevanza del falso cd. “qualitativo” indubbiamente determinerebbero, al contrario, un ridimensionamento dell’elemento oggettivo delle false comunicazioni sociali. Ma si tratterebbe in parte qua di un effetto solo parzialmente abrogativo, limitato a quei fatti che non troverebbero piu’ corrispondenza nelle nuove previsioni normative. Si tratta comunque di questione che non necessita di essere approfondita in questa sede, atteso che l’oggetto della contestazione mossa all’imputato riguarda la mancata esposizione nel bilancio di poste attive effettivamente esistenti nel patrimonio della societa’. Un fatto, dunque, riconducibile allo schema della nuova incriminazione anche qualora dovesse propendersi per una interpretazione restrittiva della nozione di “fatti materiali”.

3.3 Parimenti inidoneo a compromettere l’affermato rapporto di continuita’ normativa e’ la precisazione introdotta nel nuovo testo dell’articolo 2621 c.c. per cui il falso delle non quotate deve avere ad oggetto fatti materiali “rilevanti”. Si tratta di qualificazione che certamente restringe l’area di tipicita’, escludendo dal fuoco dell’incriminazione alcune condotte a seguito di una valutazione sulla rilevanza dell’oggetto del falso, ma che non incide sul senso della stessa e sulla sua sostanziale identita’ con quella definita nella precedente formulazione normativa.

3.4 Ovviamente le evidenziate differenze nella modulazione della fattispecie, se non determinano discontinuita’, evidenziano pero’ la necessita’ ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 4 di stabilire quale sia la norma piu’ favorevole. Valutazione che deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo nel loro complesso. Ed in tal senso nel caso di specie la norma piu’ favorevole appare essere quella di cui all’articolo 2622 c.c. nella sua previgente formulazione in ragione della maggiore selettivita’ della fattispecie tipizzata.

4. Cio’ premesso e come gia’ accennato le censure della parte civile ricorrente devono ritenersi fondate.

4.1 Manifestamente illogica e contraddittoria si rivela la motivazione della sentenza nella misura in cui, dal mancato perfezionamento degli accordi tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) in merito all’entita’ di quanto dovuto dal primo alla societa’, ha fatto discendere la sostanziale legittimita’ del comportamento dell’imputato.

4.2 Infatti e’ la stessa Corte territoriale a riconoscere l’oggettivita’ di alcuni fatti: a) che il (OMISSIS), nella contingente impossibilita’ di trasferire la convenzione con l’Asl di cui era titolare in capo alla societa’, continuo’ ad applicarla svolgendo la propria personale attivita’ professionale utilizzando i locali e le apparecchiature della societa’; b) che conseguentemente la societa’ doveva essere remunerata per lo sfruttamento delle sue strutture; c) che il bilancio oggetto di contestazione non fa menzione alcuna di tali compensi o del relativo credito vantato nei confronti dell’imputato, se non registrando l’avvenuto versamento da parte del (OMISSIS) nelle casse della societa’ di una somma corrispondente a titolo di finanziamento soci.

4.3 Ed allora, sia che si voglia ritenere che la (OMISSIS) sia stata di fatto trasformata temporaneamente in una societa’ di mezzi (come sembrerebbe aver ritenuto la Corte territoriale), sia che invece oggetto dell’accordo intervenuto tra i soci sia stato, pur nell’impossibilita’ contingente di intestarle la convenzione, quello di sviluppare comunque il progetto originario, devolvendo di fatto i ricavi alla stessa e distribuendoli poi al (OMISSIS) e al (OMISSIS) sotto forma di utili, non e’ in dubbio nemmeno per i giudici dell’appello che l’imputato dovesse del danaro alla societa’ e che quest’ultima avesse dunque maturato nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio incriminato quantomeno un consistente credito, rimanendo al piu’ incerta la determinazione della sua esatta consistenza e la sua corretta classificazione contabile.

4.4 Incertezza che pero’ – contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata – non consentiva al redattore del bilancio di ignorare un fatto cosi’ rilevante per la comunicazione della situazione economica e patrimoniale della societa’. Nel coniugare il principio di prudenza con quello di verita’, il (OMISSIS) avrebbe, per contro, dovuto manifestare la posta attiva, quantomeno nei limiti in cui egli stesso riteneva certo ed esigibile il proprio “debito”, fornendo adeguata spiegazione nella relazione integrativa del criterio utilizzato nella sua quantificazione, ovvero appostare nella loro integralita’ i ricavi di cui si discute (che non essendo stati ancora fatturati – adempimento a cui provvedera’ il (OMISSIS) solo dopo la redazione del bilancio – dovevano essere rilevati come ratei attivi), configurando eventualmente un apposito fondo destinato a recepire le prudenziali valutazioni sull’entita’ di quelli effettivamente ritenuti conseguibili dalla societa’.

4.5 Che la societa’ avesse comunque maturato nell’esercizio dei ricavi consistenti in ragione dello sfruttamento delle sue strutture, e’ circostanza di cui, del resto, il (OMISSIS) era non solo consapevole, ma che a piu’ riprese ha egli stesso certificato. In tal senso, oltre all’erogazione del finanziamento soci, la Corte territoriale ha omesso di considerare quanto osservato nella relazione del consulente tecnico (allegata al ricorso) in merito ad un passaggio della nota integrativa, nella quale viene fatto espresso, ancorche’ generico ed ambiguo, riferimento a tali ricavi, seppure quantificati in maniera oltremodo ridotta e senza che poi nemmeno tale riduttiva annotazione abbia trovato traduzione nel bilancio. Il che consente altresi’ di superare l’obiezione svolta dalla difesa dell’imputato in ordine all’addebitabilita’ allo stesso soltanto e al piu’ di un eccesso di prudenza. Obiezione che peraltro si scontra, come gia’ detto, con l’oggetti va circostanza per cui l’incertezza sul quantum debeatur riguardava solo una parte degli introiti del (OMISSIS) comunque valutabile proprio facendo ricorso al principio di prudenza in termini che non avrebbero compromesso l’appostabilita’ della consistente somma certamente dovuta a (OMISSIS).

5. Gli evidenziati vizi motivazionali comportano l’annullamento agli effetti civili della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.

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