cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 13 febbraio 2015, n. 6407

Fatto e diritto

La procura generale presso la corte di appello di Salerno ha presentato ricorso avverso la sentenza 23.5.2013 del giudice di pace di Eboli nei confronti di P. A. per violazione di legge in relazione all’art. 581 c.p. : il giudice ha ritenuto non sussistente il reato di percosse , per il quale la P. è stata rinviata a giudizio unitamente ai reati di ingiuria e minaccia : La P. è stata condannata in continuazione per questi ultimi reati . Secondo il giudice di pace, il gesto di aver messo le mani al collo della persona offesa deve essere collocato nell’ambito del comportamento minaccioso, del quale “tendeva a sottolineare e confermare la serietà”.
L’impugnazione merita accoglimento.
Come correttamente rileva l’ufficio ricorrente le norme del codice penale previste dall’art. 581 e dall’art. 612 tutelano beni giuridici diversi : la prima tutela l’incolumità personale, mentre la seconda tutela la libertà morale, per cui la diversità ontologica dei due reati e la loro struttura di reati semplici e non complessi sono ostative alla interpretazione espressa dal giudice di pace , secondo cui l’aver messo le mani al collo della persona offesa rientra nell’ambito della consumazione del delitto di minaccia In tal modo il giudice ha in maniera inammissibile esteso al delitto di minaccia quanto prospettato in relazione ai suoi rapporti con il reato di ingiuria ( cfr sez. 5,n.. 12674 del 22/12/2010, Rv. 249509,secondo cui la percossa presenta il carattere dell’ingiuria qualora sia espressione di una violenza simbolica, costituita da leggero contatto fisico e diretta, in modo palese, a manifestare disprezzo, senza infliggere una sia pur minima sofferenza fisica).
Inoltre il primo giudice, senza alcuna giustificazione, ha escluso rilevanza alla rimanente condotta violenta contestata alla P. che secondo l’accusa, dopo avere posto le mani intorno al collo della C., la strattonava ( cfr la consolidata giurisprudenza secondo cui la spinta volontariamente inferta, costituendo attiva applicazione di forza fisica rivolta contro un avversario, costituisce atto volto quanto meno a percuotere).
La sentenza va quindi annullata limitatamente al delitto di percosse di cui al capo b) , con rinvio al giudice di pace di Eboli per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b) con rinvio al giudice di pace di Eboli per nuovo esame.

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