cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 11 novembre 2015, n. 45173

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 733/2005 CORTE APPELLO di ANCONA, del 06/02/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. FILIPPI Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la parte civile, l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso producendo conclusioni scritte e nota spese;

udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Con sentenza del 6.2.2014 la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza emessa dalla Sezione distaccata di Osimo del locale Tribunale, dichiarava (OMISSIS) responsabile ai soli fini civili e lo condannava al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separata sede.

1.1. Il (OMISSIS), in primo grado, era stato assolto dal delitto di diffamazione perche’, indirizzando a tutti i soci della societa’ ” (OMISSIS) s.c.a.r.l.” una lettera raccomandata contenente accuse nei confronti, fra l’altro, dell’amministratore (OMISSIS), offendeva l’onore e la reputazione del predetto, in quanto gli attribuiva una “volonta’ di raggiro e di truffe” nella conclusione di due accordi risalenti al (OMISSIS) fra la ” (OMISSIS)” e la societa’ “(OMISSIS) Srl”, in nome e per conto della quale scriveva in qualita’ di legale incaricato, ricorrendo l’esimente di cui all’articolo 598 c.p., essendo le espressioni ingiuriose, comunque, riconducibili alla vertenza civile che all’epoca pendeva tra la predetta societa’ e la societa’ (OMISSIS) srl, assistita appunto dall’avvocato (OMISSIS) e, pertanto, il loro contenuto asseritamente ingiurioso era escluso.

1.2. Il giudice d’appello riteneva, invece, che le espressioni offensive rivolte al (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) erano contenute in una missiva indirizzata, e ricevuta, dai soci della s.c.a.r.l. che era stata citata in giudizio in persona del liquidatore Dott. (OMISSIS), con esclusione, quindi, della partecipazione diretta e personale al giudizio, sia dei soci, che del (OMISSIS), che non rivestiva piu’ la carica di amministratore.

2. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso, con il quale lamenta la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), per erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla ritenuta non applicabilita’ dell’esimente di cui all’articolo 598 c.p., non apparendo condivisibile la valutazione dalla Corte d’Appello, che ha considerato il (OMISSIS) ed i soci della (OMISSIS) soggetti “estranei” alla vertenza civile; in particolare, il (OMISSIS) nella sua veste di ex amministratore della cooperativa (OMISSIS), era stato il diretto responsabile della condotta che aveva dato origine alla vertenza possessoria civilistica, per cui non poteva non essere considerato parte ai fini civilistici, avendo egli titolo – e, dunque, essendo pienamente legittimato – non solo a prenderne parte come autore degli atti gestori che avevano dato luogo alla vertenza, ma anche parteciparvi in veste di convenuto personalmente, proprio per quegli atti compiuti, quando rivestiva l’incarico di amministratore; dunque l’amministratore, pur non partecipe al giudizio possessorio, avrebbe potuto comunque prendervi parte o comunque essere chiamato in causa, mentre i soci, ai quali pure la missiva era stata indirizzata, andavano considerati non certo come estranei, proprio perche’ la lettera era stata loro indirizzata nella veste di soci per avvisarli dell’operato dell’amministratore e per contestare anche una loro ipotetica responsabilita’, considerato che per i fatti in contestazione era stata sporta una denuncia penale all’Autorita’ Giudiziaria; al di la’ della pacifica possibilita’ dell’applicazione della scriminante di cui all’articolo 598 c.p., a ben vedere nel testo della lettera non e’ nemmeno minimamente ravvisabile un intento diffamatorio poiche’ essa si e’ risolta in una presa di posizione e quindi sostanzialmente in una inequivocabile contestazione di responsabilita’ nei confronti di tutti i destinatari, quindi anche nei confronti dei soci cui era stata volutamente indirizzata per tale scopo; inoltre la sentenza della Corte d’Appello non e’ neppure condivisibile laddove afferma che lo stesso imputato era consapevole del fatto che tale missiva non era destinata ad essere utilizzata unicamente all’interno del processo, poiche’ essa non e’ stata nemmeno prodotta unitamente al ricorso possessorio, atteso che come dimostrato al primo giudice la missiva era stata inviata quando il giudizio civile possessorio era gia’ stato radicato dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. e, comunque, nel medesimo contesto temporale con lo scopo di informare i soci di quanto si era verificato per l’adozione di eventuali misure nei confronti dei responsabili ed anche eventuali azioni di responsabilita’ nell’ambito del procedimento civile instaurato; il ricorso, infatti, e’ stato depositato in Tribunale il 23.8.2001, ma predisposto dall’avv. (OMISSIS) il 14.8.2001 e consegnato al collega domiciliatario, perche’ provvedesse al deposito materiale il 18.8.01 mentre la missiva e’ stata spedita il giorno 24.8.2001 (a distanza di 9 giorni dal ricorso) a dimostrazione del fatto che l’unico intento perseguito dall’avv. (OMISSIS), lungi dall’essere diffamatorio, era esclusivamente quello di informare dell’accaduto tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.

3. In data 13.5.2015 e’ stata depositata dal difensore della parte civile (OMISSIS) memoria ex articolo 121 c.p.p., con la quale e’ stato chiesto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

Il ricorso non merita accoglimento.

1. Punto cruciale del presente giudizio e’ l’applicabilita’ della scriminante di cui all’articolo 598 c.p. alle offese nei confronti di (OMISSIS), ex amministratore della (OMISSIS) s.c.ar.l., contenute nella missiva inviata a mezzo raccomandata dall’avv. (OMISSIS) a tutti i soci della predetta (OMISSIS). Da quanto e’ dato evincere dalla sentenza impugnata nei confronti della (OMISSIS) s.c.a.r.l. in persona del liquidatore (OMISSIS), era stata proposta azione possessoria dalla (OMISSIS) s.r.l. e la missiva in contestazione risulta inviata dal legale della (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in pendenza dell’azione civile possessoria, al fine di portare a conoscenza dei soci della (OMISSIS) il comportamento del (OMISSIS) in occasione della conclusione dei due accordi indicati in imputazione ritenuti caratterizzati da una “volonta’ di raggiro e di truffe” da parte del (OMISSIS).

2. Giova innanzitutto richiamare i principi piu’ volte affermati da questa Corte, secondo cui l’esimente di cui all’articolo 598 c.p., – concernente la non punibilita’ delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorita’ giudiziarie e amministrative (nella specie un procedimento disciplinare) – non e’ applicabile, qualora le espressioni offensive siano confermati in scritti inviati a soggetti che non siano i legittimi contraddittori del procedimento, in quanto l’operativita’ dell’esimente – funzionale al libero esercizio del diritto di difesa – deve restare circoscritta all’ambito del giudizio, ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese siano profferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo (cfr. Sez. 5 , n. 7633 del 18/11/2011, Rv. 252161) con la conseguenza che essa non e’ applicabile qualora le espressioni offensive siano divulgate in altra sede (Sez. 5 , n. 20058 del 06/11/2014).

3. Orbene, nel caso di specie, i soggetti destinatari della missiva non erano “parte” del giudizio civile possessorio che vedeva, invece, quale convenuta la (OMISSIS) s.c.ar.l., societa’ munita di personalita’ giuridica, e non i singoli soci, ne’ tantomeno l’ex amministratore (OMISSIS), essendo la societa’ predetta rappresentata dal liquidatore.

In tale contesto, pertanto, la decisione dei giudici di merito, con la quale e’ stata ritenuta “ingiuriosa” l’attribuzione della “volonta’ di raggiro e di truffe” al (OMISSIS) e che non ha applicato l’esimente in questione appare priva di vizi, alla luce dei principi innanzi riportati, che escludono la ricorrenza della scriminante in caso di invio degli scritti difensivi a soggetti “diversi” dai legittimi contradditori nel processo (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5 , 16.10.2002, n. 40725, rv. 22318).

4. Neppure puo’ sostenersi, come fa il ricorrente, che le offese contenute nello scritto oggetto di contestazione debbano ritenersi scriminate, siccome contenute in una missiva inviata a soggetti- i soci della (OMISSIS) – comunque “interessati” alla vicenda, oggetto di giudizio, potendo essi intervenire nel processo, ovvero agire successivamente nei confronti del (OMISSIS) per la responsabilita’ di quest’ultimo nella vicenda.

4.1. Tale interpretazione non appare condivisibile, in primo luogo, per il dato letterale della previsione di cui all’articolo 598 c.p., che, nel riferimento testuale a “parti o patrocinatori”, non pare consentire un’interpretazione estensiva sino a ricomprendere “offese” contenute in scritti non rivolti alle parti (attuali) del giudizio, ma a soggetti terzi, “potenziali” parti, o comunque a meri interessati alle sorti del giudizio. Il dato letterale, si coniuga con la ratio della norma, che e’ indubbiamente quella di consentire, a certe condizioni, un ridimensionamento (o meglio una valenza scriminante) di quelle offese sviluppatesi in un ambito circoscritto, gia’ in se’ conflittuale, quale e’ un procedimento amministrativo o giudiziario, che vede contrapporsi interessi nell’ambito di un contraddittorio che frequentemente e’ caratterizzato da toni aspri siccome strumentali ad una conclusione favorevole del procedimento. Ricomprendere nell’esimente in questione ipotesi in cui le offese siano portate “fuori” dal procedimento, che deve occasionarle, appare contrastare con lo spirito e le finalita’ della norma.

4.2. In ogni caso, anche a voler condividere, un indirizzo di legittimita’, secondo il quale e’ sufficiente che le offese provengano da una parte o dal suo patrocinatore e che concernano l’oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi alla autorita’ giudiziaria, a nulla rilevando che esse siano dirette a persone diverse dalle controparti o dai loro patrocinatori (Sez. 5 , n. 22743 del 23/03/2011), si osserva che nella fattispecie in esame non pare che le offese in contestazione siano, comunque, strettamente riferibili all’oggetto del giudizio possessorio, essendo volte a rappresentare, nel riferimento alla “volonta’ di raggiro e di truffe” del (OMISSIS), qualita’ negative dello stesso che paiono prescindere dalla vicenda oggetto di giudizio.

4.2.1.Sul punto giova richiamare il principio, secondo cui il nesso occorrente ai fini dell’applicazione dell’esimente di cui all’articolo 598 c.p., deve intercorrere non gia’ tra gli scritti o discorsi e l’oggetto della causa, bensi’ tra questo oggetto e le offese (eventualmente) contenute in quegli scritti o discorsi che devono riferirsi in modo diretto – e non mediato – ai fatti che hanno dato luogo alla controversia; pertanto, il giudice deve prendere in esame specificamente e separatamente le espressioni offensive per stabilire se esse concernano l’oggetto del procedimento (e in tale caso rientrino nell’ ambito di applicazione dell’esimente), o siano invece del tutto estranee all’oggetto del giudizio (Sez. 5 , n. 1368 del 26/11/1986).

5. Il ricorso va, dunque, respinto, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi euro 1900,00 oltre accessori.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi euro 1900,00 oltre accessori di legge.

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