E’ diffamatorio mettere in dubbio la statura umana della collega di una testata concorrente. E’ irrilevante l’animosità tra giornali locali, dello stesso comune, nel contesto post elettorale
Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 6 ottobre 2016, n. 42317
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo Antoni – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/02/2012 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udito in PUBBLICA UDIENZA del 02/05/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dr. EDUARDO DE GREGORIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. FILIPPI PAOLA.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna in primo grado nei confronti dell’imputato, giornalista del quotidiano “(OMISSIS)”, alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, per il delitto di diffamazione a mezzo stampa verso una collega di altra testata giornalistica locale, fatto del (OMISSIS).
1. Ha presentato ricorso la difesa, che ha lamentato l’errata applicazione di legge, poiche’ il reato contestato prevedeva il passaggio tramite l’udienza preliminare mentre era stata operata la citazione diretta a giudizio.
1.1 Nel secondo motivo e’ stata censurata l’errata applicazione dell’articolo 595 c.p., poiche’ i Giudici avevano ritenuto superato il limite della continenza, senza tener conto che le espressioni usate erano espressione di critica politica, per la quale i confini del diritto di critica sono sensibilmente piu’ ampi. Per altro verso si e’ invocato l’eccesso colposo nell’esercizio del diritto di critica, poiche’ l’imputato aveva agito in presenza di un eccesso di trasporto emotivo.
All’odierna udienza il Pg., Dr.ssa Filippi, ha concluso per l’inammissibilita’. Il difensore di parte civile Avv. (OMISSIS), si e’ associato ed ha depositato nota spese ed il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS) ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile, poiche’ la sentenza impugnata ha correttamente ed adeguatamente chiarito che l’imputazione di cui (OMISSIS) deve rispondere e’ quella di diffamazione aggravata ex articolo 595 c.p., comma 3, come evincibile dal testo della stessa, che riguarda giudizi ingiuriosi e non un fatto specifico, e non comprende il riferimento normativo alla L. n. 47 del 1948, articolo 13; del resto la condanna inflitta e’ stata della sola pena della multa, senza riconoscimento di attenuanti generiche mentre l’aggravante del fatto specifico ai sensi della legge sulla stampa avrebbe comportato una pena detentiva.
Il secondo motivo di ricorso e’ infondato.
2. La censura riguardante il superamento del limite della continenza, invero, non e’ aderente al consolidato indirizzo di questa Corte, per il quale la forma espositiva della critica deve essere in ogni caso corretta, cioe’ non travalicare in aggressione gratuita della persona verso cui e’ diretta ed essere strettamente funzionale alla disapprovazione che vuole esprimere. In tal senso ex multis Sez. 5, Sentenza n. 31669 del 14/04/2015 Ud. (dep. 21/07/2015) Rv. 264442: In tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta – e cioe’ strettamente funzionale alla finalita’ di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione – ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico, in quanto non hanno adeguati equivalenti. (Fattispecie in cui la Suprema
Corte ha ritenuto che l’utilizzo del termine “incompetente” nei confronti di un architetto con riferimento al suo operato tecnico non esorbiti di per se’ dai limiti della critica consentiti, dovendo il giudice di merito accertare se sia possibile rilevare nei suoi confronti una carenza di capacita’ professionale di grave natura, alla quale sola va commisurata la portata dell’indispensabilita’ funzionale della critica cosi’ come formulata).
2.1 Applicando tali chiari principi alla fattispecie concreta, pur tenendo conto dell’ambito comunale e del contesto politico post elettorale in cui intervenne l’articolo incriminato, nonche’ del diritto di critica legittimamente esercitabile dall’imputato nei confronti del lavoro giornalistico della collega parte offesa, deve osservarsi che le espressioni usate, con specifico riguardo alla statura umana della giornalista, sono trasmodate – come correttamente ritenuto dai Giudici del merito – in una gratuita offesa personale, senza che fossero individuabili elementi di collegamento con la polemica in corso tra i quotidiani senesi e le stesse forze politiche locali, essendo, del resto, del tutto inutile agli argomenti del contraddittorio, il riferimento alle presunte inadeguatezze personali della parte offesa.
2.2 Il motivo suindicato in ogni caso non appare manifestamente infondato e, pertanto, questa Corte puo’ rilevare la prescrizione del reato, il cui termine e’ maturato al 31.11.2013.
3. In conseguenza di tale declaratoria, essendo stata confermata dalla sentenza impugnata la condanna dell’imputato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, il ricorso deve essere rigettato, per i motivi innanzi indicati, agli effetti civili ai sensi dell’articolo 578 c.p.p.. Cosi’ Cass. Sez. 5, sent. 9092 del 2009 (ud. 19.11.08) rv. 243323. Il ricorrente deve essere, altresi’, condannato alla refusione delle spese sostenute dalla parte civile nella presente fase, da liquidarsi in complessivi Euro duemila oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per intervenuta prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla refusione delle spese di parte civile che liquida in, complessivi Euro 2000 oltre accessori di legge.
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