Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 6 ottobre 2016, n. 42310

Nel fallimento di una società di persone non è applicabile il codice in materia di società di capitali

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 6 ottobre 2016, n. 42310

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo Antoni – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/12/2014 della CORTE APPELLO di ANCONA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/05/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dr. GRAZIA MICCOLI;

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona della Dott. FILIPPI Paola, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.

Per l’imputata, l’avv. (OMISSIS), ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza dell’11 dicembre 2014 la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronunzia di primo grado del Tribunale di Macerata, con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, (OMISSIS) era stata dichiarata colpevole del delitto di cui all’articolo 224, n. 2, L. Fall., perche’, nella sua qualita’ di amministratrice (dal 12 dicembre 2005 al fallimento) della societa’ (OMISSIS) in accomandita semplice (dichiarata fallita in data (OMISSIS)), concorreva a cagionare il dissesto della societa’ non osservando gli obblighi di legge, in quanto in presenza di una causa di scioglimento ex articolo 2484 c.c. (riduzione del capitale sotto il minimo legale), non convocava ex articolo 2482 ter c.c. l’assemblea per le delibere del caso e non si attivava per richiedere il fallimento della societa’.

2. Con atto sottoscritto dal difensore ha proposto ricorso l’imputata.

2.1. Con il primo motivo si denunzia contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilita’ dell’imputata. I giudici di merito avrebbero errato nell’attribuire rilievo alle conclusioni della relazione del dott. (OMISSIS).

Si evidenzia che in tale relazione si riferisce che in 16 febbraio 2007 l’imputata aveva depositato presso il Tribunale di Macerata l’istanza di fallimento della societa’ stessa e tale circostanza farebbe cadere l’imputazione. Inoltre, analizzate le ragioni di dissesto esposte dall’imputata nell’istanza di fallimento, il Tribunale fallimentare non aveva ritenuto sussistente gli elementi soggettivi di imprenditore e, soprattutto, oggettivi della rilevante esposizione debitoria, con contestuale incapacita’ a far fronte ai debiti; in riscontro all’evidenza di motivi di dissesto il giudice fallimentare avrebbe dovuto accogliere l’istanza e dichiarare il fallimento gia’ nel (OMISSIS). E’ contraddittorio, secondo la ricorrente, ritenere prima (nel marzo 2007) sufficientemente corretta l’amministrazione dell’attivita’ di impresa, con riferimento alla specifica attivita’ svolta, tanto da non ritenere possibile il fallimento e affermare poi, a distanza di sette mesi, responsabile l’amministratore della societa’ per aver omesso quell’atto (istanza di fallimento) ora per allora ritenuto opportuno ed ammissibile.

2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge per erronea applicazione della fattispecie di cui all’articolo 224 L. Fall., in relazione agli articoli 2484 e 2482 ter c.c..

Si sostiene che gli obblighi previsti da tali norme fanno capo esclusivamente ad amministratori di societa’ di capitali.

Il 31 dicembre 2005 l’assemblea straordinaria dei soci ha deliberato la trasformazione della societa’ a responsabilita’ limitata in societa’ in accomandita semplice. Si sostiene quindi che l’imputata, nella sua veste di amministratrice di societa’ di persone, non e’ soggetta agli obblighi di cui agli articoli 2484 e 2482 ter c.c..

2.3. Con il terzo motivo si denunzia la mancata assunzione di una prova indicata come decisiva.

L’imputata aveva chiesto che il giudizio si svolgesse con il rito abbreviato e la richiesta era stata subordinata all’assunzione della testimonianza dei commercialisti che avevano avuto in carico la contabilita’ della societa’. Il motivo della richiesta istruttoria era fondato sul fatto che l’assunzione della prova avrebbe consentito di comprendere la posizione dell’imputata nell’amministrazione della societa’, l’attivita’ in concreto svolta per tentarne il salvataggio anche nell’interesse dei creditori, nonche’ la realta’ delle ipotesi prospettate alla stessa imputata per una cessione dell’azienda a condizioni favorevoli nell’ottica di risanamento e definizione di ogni posizione debitoria. La richiesta era stata rigettata dal giudice di primo grado perche’ ritenuta inutile.

2.4. Con il quarto motivo si denunzia violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

2.5. Con il quinto motivo si eccepisce l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza va annullata senza rinvio, essendo ormai decorso il termine prescrizionale alla data del 10 aprile 2015 e il ricorso non e’ inammissibile.

Invero, tenuto conto che il reato di bancarotta semplice contestato riguarda il fallimento di una societa’ di persone, certamente erronea e’ la motivazione dei giudici di merito in ordine alla ritenuta applicabilita’ nel caso in esame della normativa codicistica in materia di societa’ di capitali (articoli 2484 e 2482 ter c.c.), sicche’ non puo’ ritenersi manifestamente infondato il correlato motivo di ricorso proposto dalla difesa della ricorrente.

Va quindi dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione.

In proposito, va ricordato che l’oramai consolidata – e qui condivisa – giurisprudenza di questa Corte afferma che solo l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 22 novembre 2000, De Luca, rv 217266).

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione

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