Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 20 aprile 2017, n. 18961

L’utilizzo dell’autorizzazione da parte della titolare sull’auto persa a noleggio ove viene esposta la fotocopia dell’originale, qualifica l’azione di fotocopiatura non come abusiva moltiplicazione di autorizzazione amministrativa, ma come strumento per poter utilizzare tale autorizzazione nei limiti del provvedimento amministrativo, non essendo in contrasto con la funzione dell’atto la mera soluzione del problema di un eventuale smarrimento di un documento fondamentale in relazione alle limitazioni fisiche di cui soffre il titolare e che ne hanno giustificato il rilascio

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 20 aprile 2017, n. 18961

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente

Dott. DE BERARDINIS Silvan – rel. Consigliere

Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/06/2015 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2016, la relazione svolta dal Consigliere SILVANA DE BERARDINIS;

Udito il Procuratore Generale in persona de GIOVANNI DI LEO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. (Ndr: testo originale non comprensibile) che chiede accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 5/6/2015 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale del luogo nei confronti di (OMISSIS), ritenuta responsabile del reato previsto dagli articoli 477 e 482 c.p., per aver contraffatto il permesso per invalidi rilasciatole dal Comune di Roma, eseguendo una fotocopia del documento; fatto accertato in data (OMISSIS).

Avverso tale ricorso proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1- inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui agli articoli 477 e 482 c.p.; mancanza, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione.

La difesa censurava la sentenza ove la Corte aveva aderito alla motivazione del giudice di primo grado, senza valutare il contenuto della memoria depositata dall’imputata, che era utilizzabile nel procedimento definito con rito abbreviato.

2- contrastava l’assunto accusatorio, rilevando peraltro che nella specie mancavano elementi dai quali desumere la oggettivita’ del fatto, osservando che il documento in fotocopia non era stato utilizzato come originale e mancava la condotta tipica della falsificazione, ovvero la riproduzione di un documento inesistente, o l’alterazione di un documento autentico, dato che l’imputata era titolare di permesso di invalidita’.

Deduceva inoltre la mancanza dell’elemento psicologico del reato, rilevando la carenza ed illogicita’ della motivazione, non evidenziandosi nella sentenza quali fossero le modalita’ della condotta dalle quali il giudice desumeva l’esistenza del dolo.

Richiamava sul punto la memoria depositata dall’imputata, che aveva chiarito le modalita’ del fatto.

3- censurava il mancato riconoscimento della tenuita’ del fatto ai sensi dell’articolo 131 bis c.p..

RILEVATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

Invero, secondo quanto e’ dato desumere dalla sentenza impugnata, la contestazione di falso risulta ascritta in riferimento ad un documento costituito dalla fotocopia di un’autorizzazione al parcheggio della quale l’imputata era effettiva titolare.

Tanto premesso deve evidenziarsi che in relazione al fatto dedotto in giudizio risulta fondata la censura difensiva articolata per erronea applicazione della legge penale, in riferimento agli articoli 477 e 482 c.p..

Non ignora il collegio la giurisprudenza formatasi sulla specifica situazione delle fotocopie del permesso-invalidi esposte sul veicolo al posto di quello originale regolarmente posseduto; se e’ vero che la fotocopiatura a colori del tutto simile all’originale puo’ comportare il ricorrere di una falsificazione rilevante, e’ altrettanto vero che, pur non costituendone il momento consumativo, l’utilizzo concreto della fotocopia non e’ del tutto irrilevante nella configurazione del reato de quo.

Nel caso di specie risulta che l’originale dell’autorizzazione era detenuto dalla (OMISSIS) a Roma e non poteva esser utilizzato da alcun soggetto diverso dalla titolare, mentre la stessa aveva esposto la fotocopia su di un veicolo noleggiato in occasione di un suo viaggio a (OMISSIS) per ragioni di lavoro. Ben plausibile e’ la giustificazione che la fotocopiatura ovviava al pericolo che, durante dei suoi frequenti viaggi fra (OMISSIS) e (OMISSIS), per i quali non utilizzava l’autovettura lasciata a (OMISSIS), l’originale dell’autorizzazione potesse andare smarrito (e la presenza di due fotocopie nell’auto a noleggio sulla quale si trovava ben puo’ dar conferma della plausibilita’ di quel timore).

In definitiva l’utilizzo dell’autorizzazione da parte della titolare, accertato dalla Polizia municipale intervenuta mentre la (OMISSIS) si trovava impegnata per lavoro ed era attesa dal Conducente ingaggiato a (OMISSIS) sulla cui auto era esposta la fotocopia incriminata, qualifica nel senso preteso dalla ricorrente l’azione di fotocopiatura, non come abusiva moltiplicazione di autorizzazione amministrativa, ma come strumento per poter utilizzare tale autorizzazione nei limiti del provvedimento amministrativo, non parendo in contrasto con la funzione dell’atto la mera soluzione del problema di un eventuale smarrimento di un documento fondamentale in relazione alle limitazioni fisiche di cui soffriva la prevenuta e che ne avevano giustificato il rilascio.

In base a tali considerazioni deve ritenersi assorbita ogni ulteriore deduzione difensiva e va pronunziato l’annullamento senza rinvio della impugnata sentenza per insussistenza del fatto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

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