Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 12 ottobre 2016, n. 42994.

Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto depositato dalla persona offesa come denuncia-querela, in quanto assume rilievo decisivo il significato tecnico dell’espressione adoperata.

Esclusa, infatti, la necessità di formule sacramentali è determinante il significato tecnico dell’espressione querela adoperata dalle persone offese

SUPREMA CORTE  DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

sentenza  12 ottobre 2016, n. 42994


Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 02/02/2016 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di R.C., per difetto di querela, in relazione al reato di cui all’art. 614, commi primo e secondo, cod. pen., in tal modo riqualificata l’originaria imputazione, con la quale era stata contestata la circostanza aggravante dell’esercizio della violenza sulle persone, ai sensi del quarto comma del medesimo art. 614. La sentenza impugnata ha ritenuto: a) che le condotte violente attribuite alla C. – e devolute alla cognizione del giudice di pace – erano state evidentemente successive all’introduzione nell’abitazione di A.M.G., con la conseguenza che non erano né contestuali né teleologicamente collegate con la violazione di domicilio; b) che le dichiarazioni della persona offesa erano impropriamente state raccolte in un atto definito “denuncia – querela”, dal momento che mancava l’espressa manifestazione della volontà di punizione.
2. II difensore e procuratore speciale della persona offesa costituita parte civile ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si denunciano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando: a) che, alla stregua della richiesta di rinvio a giudizio, alla C. era stato contestato di essersi introdotta nell’abitazione della persona offesa, contro la volontà di quest’ultima e “con forza consistita nello spingere via la A.M.G.”; b) che tali modalità fattuali emergevano anche dalla ricostruzione dei fatti contenuta nella denuncia – querela; c) che, pertanto, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui al quarto comma dell’art. 614 cod. pen., non assumevano alcun rilievo le successive condotte violente sulle quali la sentenza impugnata aveva concentrato l’attenzione.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 120 cod. pen. e 336 cod. proc. pen., nonché carenza di motivazione, sottolineando che, come si desumeva dal verbale di ricezione di denuncia – querela datato 07/04/2013, la A.M.G. aveva espressamente sporto “la presente denuncia – querela contro C.R., resasi responsabile del reato di minacce e lesioni e per qualunque altro illecito che dovesse emergere dalla esposizione dei fatti di seguito riportati”.

Considerato in diritto

1. II ricorso è ammissibile.
Sussiste, infatti, l’interesse della persona offesa costituita parte civile ad impugnare la sentenza di non luogo a procedere per mancanza di querela – emessa all’esito dell’udienza preliminare – trattandosi di impugnazione riguardante gli effetti penali (Sez. 5, n. 41350 del 10/07/2013, Cappellato, Rv. 257934).

2. II primo motivo di ricorso è fondato.
Anche a prescindere dal rilievo – qui svolto per completezza argomentativa – che nel delitto di violazione di domicilio, l’aggravante della violenza sulle persone presuppone che la violenza si manifesti in uno qualsiasi dei diversi momenti nei quali si estrinseca la fase esecutiva del reato e, pertanto, ricorre anche quando essa non sia usata inizialmente per l’illecita introduzione, ma successivamente per intrattenersi nel domicilio contro la volontà dell’avente diritto (Sez. 1, n. 11746 del 28/02/2012, Price, Rv. 252260; nonché, a riprova dei carattere risalente dell’orientamento, Sez. 5, n. 8750 del 05/02/1988, Tuttopetto, Rv. 179043), osserva la Corte che la sentenza impugnata non affronta in alcun modo il tema della condotta posta in essere dalla C. per introdursi nell’abitazione della persona offesa e della sua qualificabilità in termini di violenza. Al riguardo, si deve ribadire che la violenza è costituita da ogni energia fisica adoperata dall’agente verso la persona offesa al fine di annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione, potendo consistere in una vis corporis corpori data, ossia in una condotta posta in essere esclusivamente con la forza fisica dell’agente e senza l’aiuto di strumenti materiali o in una energia esercitata con qualsiasi utensile adatto allo scopo (Sez. 2, n. 14901 del 19/03/2015, D’Agostino, Rv. 263307, resa in tema di rapina impropria). 3. Fondato è anche il secondo motivo.

Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto depositato dalla persona offesa come denuncia-querela, in quanto assume rilievo decisivo il significato tecnico dell’espressione adoperata. (Sez. 5, n. 1710 del 05/12/2013 – dep. 16/01/2014, Baldinotti, Rv. 258682).

Esclusa, infatti, la necessità di formule sacramentali (Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013, De Meo, Rv. 255885), è determinante il significato tecnico dell’espressione querela adoperata dalle persone offese (negli stessi termini, a riprova del carattere risalente dell’orientamento, si veda Sez. 3, n. 397 del 26/06/1979 – dep. 10/01/1980, Titone, Rv. 143876, a proposito di un’ipotesi nella quale l’atto era appunto qualificato ‘denunzia-querela’ e conteneva l’esposizione dei fatti attribuiti all’imputato).

Non ignora il Collegio che un recente precedente di questa Sezione ha ritenuto di puntualizzare che la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto, ancorché senza la necessità di utilizzare formule sacramentali, non potendo ritenersi sufficiente l’intestazione dell’atto come “querela” da parte degli agenti verbalizzanti (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 266722).

Tuttavia, nel caso di specie, ad assumere rilievo non è solo l’intestazione dell’atto (“verbale di denuncia/querela”), ma la dichiarazione di sporgere “la presente denuncia/querela” contenuta in un documento che risulta sottoscritto, per quanto qui rileva, dalla A.M.G. “previa lettura e conferma”. In tale contesto, senza necessità di invocare il principio del favor querelae (v., ad es., Sez. 5, n. 2293 del 18/06/2015 – dep. 20/01/2016, Caruso, Rv. 266258) non è dato intendere alla stregua di quali profili fattuali dovrebbe supporsi una mancanza di corrispondenza tra il contenuto dell’atto sottoscritto e la volontà di chi ha apposto la propria sottoscrizione.

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce (ufficio G.i.p.) per nuovo esame. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d. lgs. n. 196 del 2003.

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