Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 12 ottobre 2016, n. 42993

Legittimo l’accoglimento della richiesta di detenzione presso una struttura terapeutica con braccialetto elettronico in luogo degli arresti domiciliari se la misura per curarsi viene negata per la possibilità che l’imputato “potesse avere contratti con una pluralità di persone non conosciute, magari anch’esse con precedenti penali”. Si tratta di elementi troppo generici per non concedere la misura più adeguata alla tutela della salute del reo

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 12 ottobre 2016, n. 42993

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 11/05/2016 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EDUARDO DE GREGORIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. LOY MARIA FRANCESCA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato l’appello nell’interesse di (OMISSIS) avverso due provvedimenti del Gip, con i quali erano state respinte le istanze di sostituzione della custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari presso una comunita’ terapeutica.
1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, che ha censurato l’errata applicazione della L. n. 47 del 2015 ed il vizio di motivazione riguardo al ritenuto pericolo di recidiva, rappresentando che egli, gia’ agli arresti domiciliari per gli stessi reati, pur sapendo di dover tornare in carcere, aveva atteso pacificamente l’esecuzione del provvedimento coercitivo. Inoltre il Tribunale non avrebbe considerato la pronuncia della Corte Cost.le 213/2013 secondo la quale la fattispecie di reato di cui all’articolo 630 c.p. attualmente si puo’ riferire a fatti di disvalore sociale molto diverso rispetto a quelli gravissimi realizzati da organizzazioni delinquenziali, per i quali era stata pensata ed inserita nel codice penale. Tale sarebbe il suo caso, nel quale egli aveva tentato di recuperare una somme incautamente prestata.
1.1 Con motivi aggiunti depositati presso la Casa Circondariale di Velletri il 28 Maggio 2016, e pervenuti al protocollo di questa Corte il 9 Giugno 2016 l’indagato ha, altresi’,censurato la decisione di rigetto che non avrebbe spiegato le ragioni per le quali la reclusione presso la struttura comunitaria con uso del braccialetto elettronico non era idonea a tutelare le esigenze cautelari di pericolo di recidiva.
1.2 Con motivi aggiunti a firma del difensore di fiducia, pervenuti il 6 Giugno 2016, e’ stata lamentata l’errata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 89, che stabilisce il diritto a curarsi e riabilitarsi del detenuto tossicodipendente, poiche’ il reato attribuito al ricorrente non aveva caratteristiche di un vero e proprio sequestro di persona a scopo estorsivo ma al piu’ di un sequestro di persona ex articolo 605 c.p..
All’odierna udienza il PG, Dr.ssa Loy, ha concluso per l’inammissibilita’.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ fondato riguardo alle ragioni esplicitate sub 1.1.
1. Va premesso che l’ordinanza impugnata ha dato atto che (OMISSIS) era indagato dei delitti di cui all’articolo 630 c.p., lesioni, detenzione e porto di arma comune da sparo, ricettazione della medesima arma e minaccia ai danni di pubblici ufficiali, compiuti nel (OMISSIS); il provvedimento ha precisato che nelle istanze di sostituzione al Gip la difesa aveva prodotto solo il programma terapeutico di recupero elaborato dalla struttura per l’indagato e la disponibilita’ ad accoglierlo in regime di arresti domiciliari ed ha rigettato l’appello.
2. Il delitto di sequestro di persona a scopo estorsivo per il quale l’indagato e’ in custodia cautelare appartiene al catalogo di quelli indicati nell’articolo 51 c.p.p., comma 3 bis, per i quali, in presenza dei gravi indizi di reato, vige la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere alla salvaguardia delle necessita’ cautelari, ex articolo 275 c.p.p., comma 3, terzo periodo.
3. Il ricorso ha formulato specifiche doglianze di mancanza di motivazione circa la ritenuta inidoneita’ del provvedimento degli arresti domiciliari con dispositivo elettronico e contestuale ricovero in comunita’, con sottoposizione al programma terapeutico di recupero.
3.1 In proposito il Tribunale, nel provvedimento per cui e’ ricorso, aveva ritenuto di rispondere osservando che la disponibilita’ di una comunita’ terapeutica ad accogliere il ricorrente in regime di arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, non poteva essere valutato elemento idoneo a soddisfare le esigenze di cautela, poiche’ questi avrebbe avuto – tra l’altro – la possibilita’ di avere contatti con una pluralita’ di persone non conosciute, magari anch’esse con precedenti penali.
4. Tale motivazione deve giudicarsi generica per l’assenza di ogni pur minimo riferimento a dati positivi del procedimento a supporto della decisione e per l’enunciazione di mere congetture circa la possibilita’ di frequentazioni con soggetti pregiudicati, la cui presenza e’ stata solo astrattamente ipotizzata dal provvedimento.
4.1 In contrario deve considerarsi che la comunita’ terapeutica e’ una struttura i cui ospiti, per definizione, vivono in condizioni di controllo, essendo tenuti al rispetto di un regime di vita disciplinato, su cui vigilano e di cui sono responsabili i suoi esponenti. Inoltre, nel caso in esame, il ricorrente si era dichiarato disponibile all’uso dei dispositivi elettronici personali di controllo, con cio’ essendo intuitivo l’aumento di sorveglianza in concreto esercitato sulla sua persona, ed aveva prodotto un programma terapeutico che si obbligava a seguire, risultando anche in tal modo rafforzato il vincolo di autocontrollo.
4.2 Per altro verso deve constatarsi che il provvedimento impugnato, pur essendo stato investito della specifica questione, oltre ad aver solo genericamente risposto, e’ stato adottato in elusione della novella normativa introdotta con L. n. 47 del 2015, articolo 275, comma 3 bis. In base alla lettera di tale regola processuale, infatti: “Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275 bis c.p.p.”. Tale ultima disposizione e’, dunque, chiara nel prescrivere al Giudice che emette il piu’ rigoroso provvedimento cautelare di verificare prima la possibilita’ di salvaguardia delle necessita’ cautelari tramite la misura degli arresti domiciliari con il dispositivo di controllo, e cio’ anche per i delitti per i quali funzioni la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere.
4.3 In tal senso Sez. 3, Sentenza n. 48706 del 25/11/2015 Cc. (dep. 10/12/2015) Rv. 266029: In caso di richiesta di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere per uno dei reati per i quali – ai sensi dell’articolo 275 c.p.p., comma 3, cosi’ come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, articolo 4) – vige la presunzione relativa di adeguatezza della custodia in carcere, il giudice che ritenga non vinta tale presunzione puo’ limitarsi a dare atto dell’inesistenza di elementi idonei a superarla, dovendo fornire specifica motivazione soltanto quando la difesa abbia evidenziato circostanze idonee a dimostrare l’insussistenza di esigenze cautelari e/o abbia dedotto l’esistenza di elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere tutelate con misure diverse.
4.4 Il predetto orientamento e’ stato di recente confermato e precisato nella decisione di questa Corte,nella sua composizione piu’ autorevole. Cosi’ Sez. U, Sentenza n. 20769 del 28/04/2016 Cc. (dep. 19/05/2016) Rv. 266651: In tema di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 47 del 2015, ove non si sia al cospetto di una delle ipotesi di presunzione assoluta di adeguatezza, il giudice deve sempre motivare sulla inidoneita’ della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
5. Nella fattispecie concreta il ricorrente, tramite la disponibilita’ al ricovero in comunita’ ed all’assunzione dell’obbligo di seguire uno specifico programma terapeutico, nonche’ a sottoporsi ai dispositivi elettronici di controllo, aveva dedotto ed allegato concreti elementi da valutare ai fini del superamento della presunzione relativa di adeguatezza, rispetto ai quali il Tribunale ha in sostanza risposto con motivazione al limite dell’apparenza.
L’esame degli altri motivi di ricorso e’ assorbito dall’accoglimento del precedente.
Per le ragioni suesposte l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma che, nella sua libera valutazione del merito, dovra’ tenere conto dei principi suindicati. Ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter copia del presente provvedimento deve essere trasmesso a cura della Cancelleria al direttore dell’istituto penitenziario per i suoi adempimenti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma Sez. Riesame – per nuovo esame. Manda alla Cancelleria per i suoi adempimenti ex articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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