Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 12 maggio 2017, n. 23393

Qualora il prezzo o il profitto derivante da reato sia costituito da denaro, la confisca di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca diretta. In questo caso, tenuto conto, della particolarità del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma, materialmente oggetto della confisca e il reato

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 12 maggio 2017, n. 23393

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI CAGLIARI, nei confronti di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del Tribunale della Liberta’ di Cagliari del 30.5.2016;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

lette le conclusioni scritte della Procura Generale presso la Corte di Cassazione che, nella persona del Sostituto Procuratore Dott. MAZZOTTA Claudio, ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza impugnata il Tribunale della Liberta’ di Cagliari ha rigettato la impugnazione avanzata dal P.M. avverso il provvedimento di diniego del richiesto sequestro preventivo della somma di Euro 90.000,00 emesso dal G.i.p. del predetto Tribunale, confermando nel resto il provvedimento di sequestro emesso dal detto G.i.p., in data 29 aprile 2019, in relazione ad una ipotesi di bancarotta distrattiva patrimoniale impropria e societaria.

Avverso la predetta ordinanza ricorre il P.M., affidando la sua impugnativa ad una unica ragione di doglianza.

1.1 Denunzia il ricorrente P.m. l’erroneita’ giuridica del ragionamento operato dal Tribunale impugnato che aveva ritenuto in realta’ che, in tema di sequestro preventivo diretto alla confisca facoltativa, non si applicasse l’ultimo arresto giurisprudenziale rappresentato dalla sentenza resa a Sezioni Unite di cui al n. 31617/2015, quanto piuttosto la precedente giurisprudenza resa sempre a Sezioni Unite di cui al n. 10651/2014, con la conseguenza che in realta’, in caso di sequestro preventivo diretto alla confisca facoltativa, occorreva sempre accertare il nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto di confisca ed il reato.

Osserva il P.m. che tale ultimo ragionamento era erroneo in quanto aveva mal governato i principi fissati dalla sentenza di Cassazione resa a Sezioni Unite sopra ricordata, nella cui motivazione non si avanzava quella distinzione tra confisca obbligatoria e facoltativa valorizzata, invece, dal punto di vista argomentativo dal Tribunale impugnato per negare il sequestro delle somme di denaro, in assenza della prova del vincolo di pertinenzialita’ tra denaro e reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso e’ fondato.

Risulta corretta la esegesi fornita la P.m. ricorrente in ordine alla evoluzione della giurisprudenza di questa Corte in subiecta materia.

2.1 Sul punto, e’ stato convincentemente affermato dal Supremo Consesso di legittimita’ che – qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilita’, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 – dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 26443701).

2.1.1 E’ dunque ora chiaro che, che a differenza della confisca di valore, che appunto colpisce con funzione retributiva beni diversi, ma di valore equivalente a quelli fisicamente costituenti il prezzo o il profitto del reato, proprio perche’ questi ultimi (in quanto ad esempio occultati o alienati) non sono piu’ aggredibili, la confisca del prezzo o del profitto costituiti da una somma liquida di denaro deve essere sempre considerata confisca diretta, atteso che il denaro, bene fungibile per eccellenza, si confonde per sua natura con le altre disponibilita’ economiche del reo e, ferma l’esattezza dell’importo, non ha dunque senso considerarlo l’equivalente di un tantundem consumato, investito od occultato (genus enim numquam perit). Ed invero, la confisca di denaro in essere su un conto corrente bancario integra in ogni caso una figura di confisca diretta, tanto nel caso di prezzo che di profitto, e, con riferimento a quest’ultimo, sia che rappresenti una utilita’ “monetariamente” positiva, nel senso che rappresenti un effettivo accrescimento patrimoniale, sia che rappresenti un mancato decremento, vale a dire un risparmio di spesa.

Quando si tratta di denaro o di altri beni fungibili, deve invero ritenersi, la confisca non e’ “per equivalente”, ma sempre confisca diretta; soprattutto, cio’ che rileva e’ che l’ablazione della somma non e’ subordinata alla verifica che la stessa provenga da delitto e che sia confluita nella effettiva disponibilita’ dell’indagato. Orbene, secondo la interpretazione esegetica fornita dalle Sezioni Unite sopra ricordate, la ratio essendi della confisca di valore o per equivalente, sta nella impossibilita’ di procedere alla confisca “diretta” della cosa che presenti un nesso di derivazione qualificata con il reato. Ed invero, la trasformazione, l’alienazione o la dispersione di cio’ che rappresenti il prezzo o il profitto del reato determina la conseguente necessita’, per l’ordinamento, di approntare uno strumento che, in presenza di determinate categorie di fatti illeciti, faccia si che il “beneficio” che l’autore del fatto ha tratto, ove fisicamente non rintracciabile, venga ad essere concretamente “sterilizzato” sul piano patrimoniale, attraverso una misura ripristinatoria che incida direttamente sulle disponibilita’ dell’imputato, deprivandolo del tantundem sul piano monetario.

Da qui, la logica strutturalmente sanzionatoria della confisca di valore, dal momento che e’ l’imputato che viene ad essere direttamente colpito nelle sue disponibilita’ economiche (e non la cosa in quanto derivante dal reato), e cio’ proprio perche’ autore dell’illecito, restando il collegamento tra la confisca, da un lato, ed il prezzo o profitto del reato, dall’altro, misurato solo da un meccanismo di equivalenza economica.

Ne discende che il corollario che da cio’ e’ possibile desumere, risulta, a questo punto, insuperabile: ove il profitto o il prezzo del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilita’ economiche dell’autore del fatto, ma perde – per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza del reo qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilita’ fisica.

Non avrebbe, in realta’, alcuna ragion d’essere – ne’ sul piano economico ne’ su quello giuridico – la necessita’ di accertare se la massa monetaria percepita – quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita. Infatti, cio’ che rileva e’ che le disponibilita’ monetarie del percipiente “si siano accresciute” di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo.

Soltanto, dunque, nella ipotesi in cui sia impossibile la confisca di denaro sorge la eventualita’ di far luogo ad una confisca per equivalente degli altri beni di cui disponga l’imputato e per un valore corrispondente a quello del prezzo o profitto del reato, giacche’, in tal caso, si avrebbe quella necessaria “novazione oggettiva”, che costituisce il naturale presupposto per poter procedere alla confisca di valore.

E cioe’, detto altrimenti: l’oggetto della confisca diretta non puo’ essere appreso e si legittima, cosi’, l’ablazione di altro bene di pari valore.

Pertanto, risulta del tutto condivisibile l’arresto delle Sezioni Unite secondo cui, verbatim, “Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilita’ deve essere qualificata come confisca diretta: in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato”.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale competente che dovra’ riesaminare la fattispecie impugnata, applicando il principio di diritto sopra affermato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cagliari per nuovo esame. Dispone la trasmissione integrale degli atti.

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