Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 21 settembre 2016, n. 18485

La formale pendenza della lite non osta al diniego dell’istanza di condono allorquando il contribuente, in palese violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede, nonché dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, abbia fatto uso abusivo del processo

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 21 settembre 2016, n. 18485

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente
Dott. GRECO Antonio – Consigliere
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13283-2010 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) (avviso postale ex articolo 135) giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 28/2009 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE, depositata il 31/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato PACE che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato non dovuto il rimborso richiesto dal contribuente, ex dirigente (OMISSIS), sulla base della dedotta illegittima tassazione separata effettuata sulla liquidazione relativa al Fondo di Previdenza Integrativa Aziendale (c.d. P.I.A.).
Rilevava il giudice d’appello che non era stato stipulato un contratto di assicurazione con capitalizzazione, da cui sarebbe potuta discendere l’applicazione della ritenuta limitata al 12,50%. Inoltre, le somme accantonate non erano state reinvestite all’esterno per trarne un profitto maggiorato, costituendo invece una sorta di duplicazione di quanto avveniva gia’ per il T.F.R., rispetto al quale sussisteva omogeneita’ di natura giuridica e, conseguentemente, parita’ di trattamento fiscale.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i due motivi di ricorso, che vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, viene riproposta la questione del regime fiscale delle somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore – ex dirigente dell'(OMISSIS) – a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale (c.d. P.I.A.).
Deduce il ricorrente che la conversione del rapporto assicurativo in quello previdenziale integrativo, sulla base dell’accordo istitutivo del Fondo Pensione, non aveva comportato la cessazione del rapporto assicurativo originario e dei suoi effetti giuridici, di modo che il capitale corrisposto non poteva essere assoggettato al regime fiscale del trattamento di fine rapporto poiche’ traeva origine da un contratto assicurativo di tipo privatistico. In ogni caso, cio’ che rilevava al fine dell’applicazione della ritenuta del 12,50% era (a circostanza che i(modello gestionale attuato dal Fondo (OMISSIS) fosse di tipo assicurativo.
2. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
La questione oggetto della presente controversia e’ stata affrontata e risolta alle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, nella quale si e’ affermato il seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione e’ assoggettata al regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 16, comma 1, lettera a), e articolo 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, articolo 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 16, comma 1, lettera a) e articolo 17 (T.U.I.R.)”. Secondo la Corte, dunque, essendo stata operata dal legislatore “una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro”, solo con il Decreto Legislativo n. 124 del 1993, articolo 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, articolo 11, (la c.d. riforma Dini), riservandone pero’ l’applicazione “alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto”, deve ritenersi che, per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”, che, nel caso di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono composte “da una sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (ed in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, cosicche’ possono essere tassate in modo analogo al trattamento di fine rapporto “esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale”, mentre, alle somme corrispondenti al rendimento di polizza, si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, articolo 6 (ogni distinzione di trattamento essendo, peraltro, cessata alla data del 1 gennaio 2001, a norma del Decreto Legislativo n. 47 del 2000, a decorrere dalla quale non e’ piu’ consentito distinguere tra capitale e rendimento e le polizze, o meglio gli importi maturati successivamente a tale data, vanno assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 T.U.I.R., articolo 16, comma 1, lettera a).
Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, articolo 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale (OMISSIS) o P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 124 del 1993, sulle somme percepite, a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato” (da ultimo, Cass. nn. 4298 e 15627 del 2015).
Va inoltre osservato che cio’ rileva ai fini dell’applicabilita’ della disciplina del regime fiscale della ritenuta del 12,50% e’ che sia stato applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo (in questo senso, Cass. n. 23520/12; Cass. n. 5614/15).
In conclusione, in conformita’ dei principi espressi da questa Corte, e’ necessario accertare se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, occorrera’ quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente corrispondente al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolare l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando, solo a tale parte, l’aliquota del 12,50, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, articolo 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 16, comma 1, lettera a) e articolo 17 (Cass. n. 2577/14).
3. Il ricorso, nei sensi sopra indicati, va dunque accolto.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale provvedera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *