Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 8 gennaio 2018, n. 172. Il braccialetto è soltanto una modalità di esecuzione dei domiciliari che non genera alcun obbligo di motivazione aggiuntiva

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2. Va in primo luogo rilevato che l’impugnazione e’ palesemente caratterizzata dalla mancanza del necessario requisito della specificita’ dei motivi.
Occorre a tale proposito ricordare che il ricorso per cassazione e’ inammissibile quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non puo’ ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/1/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 6, n. 20377 del 11/3/2009, Arnone e altri, Rv. 243838 ed altre prec. conf.).
Nella fattispecie, il ricorrente si e’ limitato a sostenere che la misura di controllo sarebbe stata applicata senza una valida richiesta da parte del Pubblico Ministero, cosi’ reiterando le censure gia’ prospettate ai giudici del riesame, senza, tuttavia, minimamente confrontarsi con quanto chiarito nella motivazione del provvedimento impugnato.
3. L’ordinanza del Tribunale, infatti, nel rispondere alle doglianze difensive, ha opportunamente richiamato quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte e, cioe’, che gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non costituiscono una nuova ed autonoma misura cautelare, configurando tale mezzo tecnico, previsto dall’articolo 275 bis c.p.p., un nuovo strumento di controllo applicabile, nei casi previsti dal legislatore, alle misure cautelari esistenti (Sez. U, n. 20769 del 28/4/2016, Lovisi, Rv. 266652).
Si e’ ulteriormente specificato che la misura cautelare in esame non si frappone, nella scala della gravita’, tra l’arresto domiciliare “semplice” e la custodia in carcere e non genera nessun onere di motivazione aggiuntiva se il giudice ritiene che la restrizione domiciliare sia inidonea a contenere le esigenze cautelari rilevate (cosi’, in motivazione, Sez. 2, n. 6505 del 20/1/2015 Fiorillo e altri, Rv. 262600).
4. Diversamente da quanto genericamente prospettato in ricorso, dunque, non si verte in tema di non motivata ed ingiustificata applicazione di una misura cautelare piu’ gravosa non richiesta dal Pubblico Ministero, bensi’ nella individuazione, da parte del giudice, di una mera modalita’ di esecuzione degli arresti domiciliari (applicabile, peraltro, nei casi previsti dalla legge, anche con riferimento ad altre misure coercitive) e rispetto alla quale non e’ necessaria una specifica richiesta da parte del Pubblico Ministero.
5. Il provvedimento impugnato, dunque, risulta del tutto immune da censure.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende.

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