La violazione dell’articolo 609 quinquies c.p., comma 1, e’ caratterizzato dalla necessita’ che la condotta da esso descritta – consistente nel compimento di atti sessuali, dovendo essere ricompresi in tale nozione non solamente le condotte di congiunzione carnale fra soggetti diversi ma anche le condotte onanistiche nonche’ gli atti di mero esibizionismo degli organi genitali, ove connessi a manifestazioni della vita sessuale, in presenza di persona avente eta’ inferiore ad anni 14

Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 26 marzo 2018, n. 13996.

La violazione dell’articolo 609 quinquies c.p., comma 1, e’ caratterizzato dalla necessita’ che la condotta da esso descritta – consistente nel compimento di atti sessuali, dovendo essere ricompresi in tale nozione non solamente le condotte di congiunzione carnale fra soggetti diversi ma anche le condotte onanistiche nonche’ gli atti di mero esibizionismo degli organi genitali, ove connessi a manifestazioni della vita sessuale, in presenza di persona avente eta’ inferiore ad anni 14 – sia realizzata non solamente secondo la descritta modalita’, ma e’ anche previsto che la stessa sia posta in essere al fine di fare assistere ad essa il soggetto infraquattoridicenne.
Si tratta, pertanto, di un reato a dolo specifico in cui la volonta’ dell’agente deve essere indirizzata al perseguimento di uno scopo ulteriore rispetto al mero consapevole compimento di una determinata condotta.
La configurabilita’ del dolo specifico non richiede la prova certa della consapevolezza del reo di agire al fine di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza, potendosi tale direzione finalistica desumersi anche da elementi solo indizianti; laddove e’ manifesta la illogicita’ di tale motivazione nella parte in cui in essa si ritengono applicabili, al di la’ della loro pertinenza alla sola fase cautelare del giudizio, ad un soggetto affetto da una grave compromissione della capacita’ di intendere e di volere – attitudine questa che, affinche’ sia riscontrata la seminfermita’ mentale, deve essere, infatti, grandemente scemata – i medesimi principi in ordine alla formazione e direzione della volonta’ riguardanti il soggetto non affetto da patologie psichiatriche di sorta; e cio’ anche laddove le caratteristiche di tale formazione e direzione presentino delle specificita’ che presuppongono una forma di ideazione non solo elementare ma dotata di una certa raffinatezza elaborativa.

Sentenza 26 marzo 2018, n. 13996
Data udienza 25 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4798/16 della Corte di appello di Bologna del 4 ottobre 2016;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ROMANO Giulio, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

sentito, altresi’, per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), del foro di Reggio Emilia, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 24 febbraio 2016 il Tribunale di Reggio Emilia, in esito a giudizio abbreviato, ha dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 609 quinques c.p., per avere attirato la attenzione di (OMISSIS) e della figlia di costei (OMISSIS), di anni 8 al momento del fatto, ed avere quindi compiuto gesti con le mani e con il bacino tali da mimare un rapporto sessuale, e lo ha, pertanto, condannato alla pena ritenuta di giustizia, previa concessione della attenuante della minorata imputabilita’, ritenuta prevalente sulla contestata recidiva.

Avendo avverso detta sentenza proposto appello l’imputato, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 4 ottobre 2016 ha confermato la decisione del giudice di primo grado.

Con ricorso depositato in data 18 gennaio 2017 ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, affidandolo ad un unico motivo di impugnazione, con il quale e’ dedotta la mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice a carico dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato e, pertanto, lo stesso merita accoglimento.

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